Noi – noi interisti dico – lo sappiamo bene che quello della pazza Inter non è solo uno stereotipo calcistico, e nemmeno uno slogan molto comodo per la Gazza (due parole di cinque lettere, manna dal cielo per grafico e titolista). Del resto, come non tirarlo fuori (lo stereotipo) se nel giro di tre giorni passi dalla Madre delle Partite di Merda a un’Inter-Juve giocata come Iddio comanda, anzi, forse di più, giocata andando oltre le indicazioni di Nostro Signore e tenendo in scacco dall’inizio alla fine una squadra che, nei pronostici di qualsiasi persona sana di mente, avrebbe potuto ragionevolmente massacrarci. Giusto perchè tra l’Hapoel Beer Sheva e la Juventus c’è una differenza di 70 anni luce e tra le due partite sono trascorse meno di 70 ore.
Io non so cosa sia successo in queste 70 ore.
Potrei raccontare come sono trascorse le mie, a leggere pagelle e commenti di Inter-Hapoel, a farmi domande sul nostro futuro, a scartabellare le varie ipotesi sul nuovo allenatore – perchè su Frank De Boer si era già scatenato l’inferno (panettone? fine vendemmia? dopodomani sera?) e la sarabanda dei nomi del toto-sostituto. E, ovvio, a sospirare guardando il soffitto, come Pepe Carvalho, pensando a una stagione già così densa di avvenimenti, di emozioni contraddittorie, di stravolgimenti. In una parola (anzi due): già finita.
E invece.
E invece appiccio la tivù alle ore 18 della domenica e vedo una squadra che se la gioca dal primo secondo e che continuerà fino al 95mo minuto, senza tregua, pressando, correndo, mordendo. E siccome l’altra squadra era la Juve tutto questo vale doppio, o forse triplo. Quando l’Inter passa in svantaggio (quinta volta su cinque partite), non c’è delusione, non c’è depressione: no, sale immediato il retrogusto della beffa perchè non è il gol annunciato delle altre partite, macchè. Non è uno svantaggio da rassegnazione: è l’incazzatura dello svantaggio, è la più immeritata delle sfighe e non può finire così.
Non finisce così, infatti.
Non finisce così perchè l’Inter, coralmente, ci ha regalato un partitone clamoroso. E scendendo nel particolare, perchè Mauro Icardi ha fatto il match della vita, tra gol e assist, tra finezze e sportellate, segnando e menando, facendo cioè – tutto in una notte – quello che gli chiedono da sempre (e speriamo che si sia accorto di quanto è bello fare tutto questo per noi); perchè Banega è davvero un signor giocatore, Joao Mario è qualcosa che non avevamo, eccetera eccetera eccetera.
Per tornare pazza, cara Inter, c’è sempre tempo. E comunque è inutile raccomandarsi troppo, lo dice la Storia (almeno fino a quella di giovedì scorso). Ma dallo stadio elettrizzato come non succedeva da mo’ – e che era uno stadio da record assoluto di incasso – si alza unanime e poco sommessa una richiesta: al netto delle future cazzate, come sarebbe bello se da qui – da qui in alto – non si tornasse indietro.
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