È o non è questo lo scudetto più bello?

È o non è questo lo scudetto più bello? Perché questa è la sensazione che trapela. Certo non possiamo confrontare il ventesimo con il primo, né possiamo immaginare di arrivare ad una conclusione uguale per tutti: ognuno ha emozioni, ricordi e circostanze da mettere sul piatto per argomentare la propria preferenza.

Tuttavia questo scudetto, il VENTESIMO (va ricordato, perché ne manca qualcuno al conteggio ma faremo finta di niente perché siamo dei veri gentiluomini), passerà inevitabilmente alla storia e non soltanto per una questione numerica.

Per la bellezza del gioco, anzitutto. Perché mai le nostre generazioni avevano visto un’Inter così bella. Nemmeno il 13° dei record di Trapattoni, e neppure quello storico di Mourinho che venne prima di Madrid.

Per la purezza del suo percorso, inoltre. Perché quello accreditato per squalifica altrui non lo abbiamo potuto festeggiare; perché quello del Triplete si portava dentro anche tanto senso di rivalsa; perché quelli di Mancini erano farciti di campioni e già godevano di enormi aspettative.

Perché questa squadra non ha solo espresso bel gioco, ma anche un grande gruppo, e un grande lavoro della dirigenza, e una enorme crescita dell’allenatore. Ah, un dettaglio: lo si è vinto in un derby, quisquilie!

Perché ha vinto il gruppo, senza primedonne a cercare sempre spazio in vetrina, senza allenatori sopra le righe, senza personalismi a rovinare l’armonia.

Perché Pavard è l’eleganza; Bisseck è la sorpresa; Barella è la consacrazione; Bastoni è il nostro bimbo diventato grande; Lautaro è la grande conferma; Thuram è l’effetto WOW; Dimarco è quell’espressione alla “Ops I did it again”; Chala è la più bella delle rivincite; Sommer is magic; Mkhitaryan non impareremo mai a scriverlo, ma non smetteremo mai di amarlo; Arnautovic talismano; Frattesi è il futuro (e lui lo sa); Darmian è il celeste; Sanchez è… hey amigo, Sanchez è ancora campeon.

E poi c’è Simone. Quello che “fa sempre gli stessi cambi” (cit). Quello che “non va bene a questi livelli” (cit). Quello che “è troppo amico dei giocatori” (cit). Quello che per tutta la vita è solo stato “il fratello di”, ora è lui e solo lui, squisitamente lui, unicamente lui, e va scritto a chiare lettere perché è il grande condottiero di questo incredibile scudetto: SI MO NE IN ZA GHI.

È o non è questo il più bello tra tutti gli scudetti? Ognuno si tenga il proprio, ma questo brilla inevitabilmente di luce propria nel centro di questa grande notte. Una notte che qualcuno immaginò perfetta già tanti anni fa: “il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle“.

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