Il dilemma Brozo

Il calciomercato è una fetecchia dolorosa. Oltre a riempire di nulla intere giornate estive, di tanto in tanto ci costringe al confronto con l’amara realtà dei numeri. Nonostante il forziere di Suning paia copioso e il suo fido illimitato, qualche volta tocca e toccherà vendere per far quadrare i conti. La visione aziendalistica del calcio che ormai la fa da padrona vorrebbe che tutti noi affrontassimo questi snodi con la consapevolezza di un manager, senza emotività.
I giocatori vanno = il bilancio è sano.
Capita però che alcuni giocatori entrino nel nostro cuore, per motivi diversi. Chi grazie ad annate memorabili e vittorie, chi per la generosità e l’attaccamento alla maglia (meglio, ai colori perché la maglia ormai cambia ogni anno), e altri ancora per ragioni imperscrutabili. Sono le ragioni del cuore, a voler girare un po’ la manovella della retorica.
Marcelo Brozović è all’Inter da una stagione e mezza.

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Non ha vinto alcun trofeo né ha disputato stagioni memorabili, di lui si ricorda un periodo di fuoco con qualche gol dal limite dell’area e una marea di talento disperso per il campo. Molti scatti, milioni di pause e quella faccia un po’ così che ci ha rubato il cuore.
In questi giorni è stato accostato prima alla Juventus (con ripetute crisi di panico di noi tutti), poi all’Arsenal e ora al Tottenham con tanto di Vertonghen inserito in uno scambio con conguaglio a favore dell’Inter.
Il Brozović di questi 18 mesi non è un giocatore fondamentale e tantomeno insostituibile, è l’abbozzo di un ottimo centrocampista, il progetto di un potenziale campione. Alla sua età Dejan Stanković era un giocatore straordinario anche se discontinuo. Marcelo Brozovic e la sua indolenza brillante invece ci mancherà, dovesse partire. Nella legnosa massa muscolare del centrocampo nerazzurro Marcelo rappresenta una mosca bianca, il baco del sistema. Come Guarin, più di Guarin. Incursore dai piedi buonissimi, corridore infaticabile.
Al netto dell’epic Brozo (la foto con fidanzata e amica della, con tanto di mano sul mento ed espressione felicemente paracula), Marcelo rappresenta quella vena di follia che in nerazzurro ha sempre avuto asilo e interpreti meravigliosi. Estro, colpi irridenti, corsa e l’ostinata voglia di giocare partite nelle partite, duelli tutti suoi che siano immaginari o meno.

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Joao Mario e Brozovic non sono lo stesso giocatore e nell’eventualità non si pesterebbero i piedi. Solo che il calcio di De Boer pare da subito una struttura corale molto precisa in cui c’è poco spazio per gli anarchici. Brozo è anarchico o disciplinato a intermittenza, difficile capire quando scatta l’interruttore, ma interni/esterni con le sue caratteristiche son merce rara.
Insomma, nell’eventualità dolorosa e sempre più probabile di perderlo avremmo una sola prece da rivolgere a Piero Ausilio: non alla Juventus, non in Italia.

Marcelo-Brozovic

Dal triste ritornello di Kovacic al Milan a tutti gli errori del passato, qualcosa avremo imparato.

 

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