Non è ancora passata una settimana da Inter-Hapoel Beer Sheva. No, bisogna ricordarlo, perchè tutto assume automaticamente una dimensione diversa. Non trionfale, nè eccessivamente autoindulgente. Diversa. In sei giorni siamo riemersi dallo sprofondo battendo la Juve a San Siro (certo, nella partita più brutta degli ultimi 30 anni, come si è premurato di ribadire Allegri anche stasera) (contento lui, ma a occhio dev’essere il culo che brucia) e poi l’Empoli in trasferta con i seguenti miglioramenti rispetto alle prime quattro partite di campionato (più la spaventosa Europa League): non siamo andati in svantaggio; abbiamo segnato nel primo tempo; non abbiamo subito gol.
Il miglior commento a questa partita l’ha fatto De Boer, un giorno prima che si disputasse: “Prima della Juve mi davate per morto, dopo la Juve mi avete chiesto se possiamo vincere lo scudetto… Io dico solo che il campionato è lungo e il campionato si vince con le piccole squadre”. Tenendo conto che il Chievo è terzo e il Palermo ha espugnato Bergamo, il nostro campionato con le piccole (Pescara, Juventus ed Empoli) per ora segna nove punti in tre partite, e quindi va bene così.
Aver risolto la partita in 17 minuti è un ulteriore upgrade per una squadra che finora aveva dovuto rimediare ampiamente in corsa. Quanto al fatto che siamo Icardi-dipendenti, non vedo il problema: segna sempre lui, ci pensa lui, risolve lui? E allora? Si sta verificando il rarissimo caso di uno che, dopo aver ridiscusso lo stipendio, giustifica in tempo reale l’aumento. Noi non ci possiamo lamentare. Forse gli altri sì.
Mancava Banega, ma c’era Joao Mario. Un altro che sta giustificando l’investimento senza effetti speciali ma con una disinvoltura che conquista. Ho rivisto 118 volte il video del replay del secondo gol: due ragazzi del ’93 che intercettano palla a metacampo e la recapitano in porta in due secondi. Così bello, potente e denso di emozioni che quasi lo caricherei su YouPorn.
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