L’insostenibile invidia dello Zio (cronaca di una telecronaca e di un tasto dolente)

di Alessandro Piemontese
Il tasto più consumato del mio telecomando non è quello del volume, dell’avanti e dietro, dell’accendi e spegni. È un piccolo tasto. Che ormai è un tasto dolente.

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Mi è capitato di nuovo domenica sera. Il tempo di sentire cosa avesse da (ri)dire lo Zio. Due minuti e trenta secondi ed eccolo lì a sparare su Frank De Boer con il leitmotiv della scorsa stagione. Non puoi cambiare sempre modulo di gioco e formazione. Cioè dico Zio ma se è la prima partita ufficiale come ha fatto Frank a cambiare già modulo di gioco? Lo perdono pensando si riferisca all’amichevole con il Celtic, che non avesse su gli occhiali e vedesse ancora il Mancio in panchina? Cinque minuti più tardi eccolo esaltare le doti tecnico-tattiche del Chievo. Ogni santa volta, ogni maledetta domenica, sempre con quel piglio precisino da primo della classe.

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Intendiamoci lo Zio in campo non è mai stato in discussione. Con i baffi o senza. È in tv che mi fa agitare. Percepisco sentimenti contrastanti. Un odi et amo che lo tormenta da anni. Ama l’Inter, la donna della sua vita, ma non capisce ancora perché lo abbia mollato così, quasi sull’altare. Un matrimonio che lo avrebbe portato ad assumere un qualche imprecisato ruolo dirigenziale e perché no anche in panchina, quella panchina che gli era così familiare a destra quando giocava in casa guardando la Nord.

Vorrebbe allenare, lo vorrebbe con tutto il suo cuore ma non c’è verso. L’anno scorso ha smazzolato il Mancio ogni domenica. Prima con la storia degli 1 a 0 immeritati, poi con i moduli e la formazione che cambiava troppo spesso. C’è gente come Zenga che lo dice chiaro e tondo. Si vede lontano un miglio che l’uomo ragno voglia allenare i neroazzurri. Ma dico perché Zio non esci allo scoperto? Dillo no, un bell’outing e ti senti meglio? Meglio di inghiottire sempre amaro e poi sciorinare tesi tecnico-tattiche da manuale sull’ovale di Caressa & co (tanto Boban non se la toglie la giacca!).

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Dicono che il tasto più consumato al giorno d’oggi sia il chiudi porta delle ascensori. Perché la gente non ha mai tempo, non vuole perderlo. Io non voglio più sentire i commenti dello Zio così pigio il cambia audio. E in un attimo passo alla telecronaca tifosa di Scarpini. Ogni partita compio lo stesso percorso. Prima la telecronaca ufficiale, poi le cose cominciano ad andare maluccio e passo a Scarpini. Lui non conosce l’oggettività. Lui tifa, sempre, fino al 95simo spera di ribaltare lo 0 a 2. Tanto nel calcio può capitare di tutto, ne abbiamo viste di ogni. Ma quando Roberto? Quando è successo che abbiamo mai ribaltato uno 0 a 2 al novantesimo?

Birsa pesca un jolly a giro con il piede che usa solo per scendere dal letto e allora pigio di nuovo. Compio l’ultima tappa del mio viaggio sonoro (ed emotivo) domenicale. Lascio solo l’audio del pubblico.

CHIEVO! CHIEVO! CHIEVO!
Stiamo perdendo contro una squadra che non ha neanche una scaletta di cori.

Fischio finale, accendo l’xbox con fifa15 già inserito e provo a mettere le cose al proprio posto almeno nel gioco. Scelgo l’Inter contro il Chievo, comincia la partita.

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«Beppe tu ricordi la prima partita al Meazza?», gli chiede Caressa digitale.
«Ma… Io ho esordito il 22 febbraio del 1981 contro il Como, è stata un’emozione fantastica, prima l’avevo vissuta solamente da spettatore», 
«E quanti anni avevi?», 
«17 anni e 2 mesi».

Ribecco lo zio pure nel gioco. E due mesi. Sempre preciso, Zio.

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