JM, la “non” ala più forte che c’è

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Non lasciatevi ingannare.

Joâo Mário, nato a Porto 23 anni fa ma andato a vivere a Lisbona dall’età di nove anni, fresco acquisto dell’Inter di De Boer non è un’ala.

Lo so, lo dicono tutti i siti sportivi. Ma voi non credetegli.

JM non è un’ala perché non lo è mai stato in tutta la sua vita se non dallo scorso anno.

La sua carriera nelle giovanili nello Sporting Lisbona ci racconta altro. Narra la storia di un giocatore che inizia come centrale di difesa, diventa una mezzala piena, si trasforma all’ultimo momento in un’ala d’attacco. Questo perché l’allenatore Jorge Jesus dopo aver messo fuori rosa il peruviano Carrillo ha adattato Joâo Mário alla fascia. Neanche Vitor Painera (ex ala destra del Benfica), lo considerava tale quando lo ha allenato nel Vitòria Setùbal l’anno precendente.

Perché? Perché JM non è un’ala.

Non è un’ala perché basta aver visto qualche partita del Portogallo nello scorso Europeo per capire. Nella cavalcata che ha portato la squadra di Ronaldo al successo in Francia Fernando Santos ha impostato i Lusitani prima con il 4-4-2 e poi con un 4-3-3 e un evolutivo 4-1-3-2. Nel primo caso nel rombo di centrocampo JM ha svolto il ruolo di laterale esterno, nel 4-1-3-2 (o nel 4-3-3) quello  di mezzala destra o sinistra (spesso si cambiava di posizione con Renato Sanches).

Perché? Perché JM non è un’ala.

JM non è un’ala perché la sua vocazione naturale è quella al gioco. È veloce ma non troppo, non strappa sulla fascia come Salah, è agile da saltare l’uomo ma non tanto da imprimere i due metri necessari per creare vantaggio numerico e puntare la porta come Lucas, ha potenza ma non del genere di quella di Mané.

Se non è un’ala, che cos’è?

È un giocatore che legge la partita, è lucidissimo in ogni fase, ha una capacità di creare manovra con percentuali di passaggi riusciti altissime e una velocità di pensiero che lo porta ad essere sempre al centro del gioco. È intelligente, altruista e non a caso Paolo Futre, che un po’ di calcio lo mastica lo ha paragonato per visione di gioco e velocità di esecuzione a Iniesta.

Inoltre ha una capacità che solo in pochi hanno.

Quella di imprimere la sua velocità al gioco. Come fosse un fonico a un concerto, può abbassare o alzare il volume all’intensità delle giocate anche nelle condizioni più difficili.

JM è uno che crea partendo largo, che spesso si porta gli avversati a spasso senza essere troppo innamorato della palla, che finalizza poco ma che fa giocare bene. In 80 partite nella Liga NOS ha totalizzato solo 11 gol ma 22 assist.

Non ha un fisico possente ma sa dove metterlo per non farsi spostare, sa ritagliarsi lo spazio in ogni fase del gioco. Anche in quella difensiva.

In un 4-3-3, come quello di De Boer (sempre che lo metta in pratica), il suo apporto è perciò fondamentale. È il giocatore giusto. Perché l’olandese ama giocare con gli esterni che pestano la linea laterale, ma per farlo ha bisogno di mezzali con capacità di dare profondità e di andare in profondità. Perché il suo gioco prevede un raccordo evoluto con le ali vere (Peresic e Candreva, sempre che il croato rimanga).

Che poi è il profilo di JM.

Non di poco conto. Attraverso lui passerà una fetta importante del nostro gioco.

Perché JM non è un’ala. Lui è molto di più.

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