di Michele Tossani – @MicheleTossani
Alla vigilia della trasferta di Empoli, Frank De Boer aveva chiesto ai suoi una prova di maturità che desse seguito all’ottima prestazione offerta contro la Juventus. E così è stato. Quella che si è vista all’opera allo stadio Castellani, nell’insidiosa trasferta in terra toscana, è stata un’Inter matura, consapevole (forse per la prima volta dopo tanto tempo) dei propri mezzi.
Dal punto di vista tattico, De Boer ha sopperito all’assenza di Banega cambiando il sistema di gioco e schierando i Nerazzurri con il 4-3-3: davanti ad una confermata linea difensiva, il tecnico olandese ha posizionato tre centrocampisti centrali con Medel vertice basso e con Kondogbia e Joao Mario ai suoi lati. In avanti, Candreva a destra e Perisic a sinistra erano posizionati a supporto di Icardi.
Il 4-3-3 ha dato le risposte che l’allenatore si attendeva. L’Inter ha controllato la partita, dominando il primo tempo a centrocampo e registrando un possesso palla del 54%. In fase offensiva, ancora una volta, si è vista quella spaziatura in campo che permette ai Nerazzurri di costruire dei triangoli intorno al portatore di palla, tipici del calcio olandese, in modo da garantire al giocatore cin possesso di palla almeno due opzioni di passaggio.
Il gioco si è sviluppato prevalentemente sugli esterni, altro tratto tipico dell’Inter di De Boer. La squadra interista è infatti stata addestrata alla ricerca della superiorità in zona laterale tramite le corse in sovrapposizione degli esterni bassi. Gli interni di centrocampo, invece, non sono solito allargarsi in fascia quanto lavorare a supporto dei giocatori esterni per completare il lavoro della catena laterale di cui fanno parte.
In questo senso, si sono avuti riscontri diversi in base alla fascia laterale nella quale si sviluppava l’azione offensiva. Infatti, mentre sulla destra la spinta dei nerazzurri è stata piuttosto continua ed efficace, con D’Ambrosio, Joao Mario e Candreva che hanno prodotto ben 11 cross (fra i quali l’assist per il primo gol di Icardi), non altrettanto positivo è stato il lavoro sul lato opposto dove la catena costituita da Santon, Kondogbia e Perisic ha creato solamente 3 cross. Questa differenza di produzione si deve molto probabilmente alle diverse caratteristiche dei giocatori che hanno composto le due catene laterali. Infatti, mentre Joao Mario è un giocatore chiaramente offensivo lo stesso non si può dire di Kondogbia. E anche Perisic e Candreva sono due sterni di versi con l’ex laziale più abile nel mettere palloni in mezzo e con il croato più abituato a cercare la soluzione personale nell’uno contro uno che la palla per gli attaccanti.
Le caratteristiche diverse fra le due catene ha favorito quindi la maggior ricerca, da parte della squadra, della catena di destra a discapito di quella di sinistra. Lo si evince anche da un altro dato, cioè dai palloni giocati dai due interni di centrocampo con Joao Mario che ha toccato 53 volte la palla a fronte delle 32 volte del francese. Questo squilibrio (dipendente, come detto, dalle caratteristiche die giocatori) non è inusuale: lo si riscontra ad esempio anche nel Napoli, dove la catena di sinistra è solita toccare più palloni rispetto a quella opposta.
In generale la squadra di De Boer ha giocato un calcio offensivo con un baricentro di 51,6 metri. L’offensività della squadra è stata evidente anche nel modo in cui i Nerazzurri attaccavano l’area in situazione di palla esterna. In questi frangenti infatti i centrocampisti venivano a rimorchio ad attaccare l’area empolese evitando così che la difesa dei padroni di casa dovesse occuparsi del solo Icardi.
Dal punto di vista difensivo gli uomini di De Boer hanno utilizzato un duplice atteggiamento. Nel primo tempo infatti la squadra è andata a pressare alto, difendendo in avanti anche al momento della perdita del pallone attraverso un organizzato gegenpressing. Nel secondo tempo e, in generale, quando l’Empoli era in fase di attacco organizzato, l’Inter è stata molto attenta a chiudere gli spazi nel corridoio centrale. De Boer ha studiato l’avversario: sapendo che l’Empoli è solito iniziare gli attacchi per vie centrali attraverso un accorto sistema di passaggi alternati avanti e indietro l’olandese si è preoccupato che i suoi difendessero a imbuto, chiudendo la zona centrale del campo e pressando i portatori di palla avversari, in particolare il vertice basso Diousse. Così facendo l’Inter ha ridotto notevolmente la pericolosità avversaria e, nel secondo tempo, pur lasciando l’iniziativa all’Empoli (appena il 40% di possesso palla per l’Inter nei secondi 45 minuti di gioco) non ha praticamente mai corso dei veri pericoli dalle parti di Handanovic.
Le uniche difficoltà mostrate dall’Inter si sono avute nella gestione del contropiede empolese. Infatti, nelle rare volte in cui l’Empoli è riuscita a superare la prima linea di pressione interista ha trovato campo aperto costringendo la difesa nerazzurra ad affannose rincorse verso la propria porta. Oltre che all’abilità dei palleggiatori avversari questo problema è stato dovuto anche al fatto che la linea difensiva nerazzurra non accorciava sempre in avanti e non effettuava sempre correttamente le coperture preventive. In particolare quando di alzava in pressione anche Medel, accompagnando Joao Mario e Kondogbia, la difesa nerazzurra non si posizionava correttamente e rimaneva scoperta con troppo spazio lasciato nella zona compresa fra la linea difensiva e il centrocampo.
Una situazione tattica particolare sulla quale De Boer dovrà insistere nel processo di crescita di una squadra che ha comunque registrato la sua terza vittoria di fila.
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