di Michele Tossani
L’Inter esce pesantemente sconfitta, nei modi e nel punteggio – 3-0 – da una trasferta al San Paolo che pone nuovi e inquietanti interrogativi sulla stagione nerazzurra.
Stefano Pioli, ad oggi, non è ancora riuscito a curare i mali che affliggevano l’Inter anche durante la gestione De Boer. Ovvio: tre partite sono troppo poche per poter giudicare il lavoro dell’ex laziale e non si può pretendere che, in così poco tempo, un allenatore sia in grado di migliorare una rosa ricca di buoni solisti ma male assortita collettivamente. Eppure…eppure, qualcosa si può dire. Con Pioli i nerazzurri hanno incassato 10 reti in 4 partite, alla media di 2.5 a gara, subendo 3 reti in una sola partita da Beer Sheva (!) e Napoli e 2 da Milan e Fiorentina.
Contro i Partenopei Pioli ha insistito con Banega No.10 alle spalle di Icardi, con Brozovic e Kondogbia come interni di centrocampo. Anche se la posizione di trequartista sembra adatta a sfruttare il talento argentino, in questo momento il 4-2-3-1 non sembra un sistema di gioco che l’Inter sia in grado di sostenere. Con Candreva e Perisic pigri nella fase difensiva, i soli Brozovic e Kondogiba non sembrano, anche per caratteristiche, in grado di fornire adeguata copertura difensiva. De Boer lo aveva capito ed aveva virato verso un più compatto 4-3-3. Pioli, evidentemente, ancora no.
Ieri, contro il Napoli, ne abbiamo avuta una ulteriore dimostrazione. Gli interni partenopei hanno tagliato come la lama con il burro le due linee difensive da 4 con cui l’Inter affrontava la fase di non possesso palla. Le due mezzali napoletano (Hamsik e Zielinski) hanno occupato quasi stabilmente gli half-spaces sinistro e destro. L’azione del gol di Zielinski come esempio dell’incapacità interista di opporre un’efficace difesa a gioco degli uomini di Sarri: una serie di scalate in avanti fatte male; nove passaggi fra i giocatori napoletani in 23 secondi; il cambio di campo per l’esterno sul lato debole (Callejon), tipo schema del Napoli e la successiva sponda per l’inserimento dello smarcato interno di centrocampo polacco.
La catena di sinistra, punto di forza nel gioco di Sarri, ha fatto a pezzi la fase di non possesso nerazzurra
Chiaramente la partita è stata influenzata anche da una questione di cattivo approccio da parte dell’Inter. Così come i Nerazzurri erano stati bravi ad approcciare la partita contro la Fiorentina, segnando 3 gol in venti minuti di gioco, così sono stati altrettanto deficitari nell’approcciarsi alla sfida del San Paolo, prendendo 2 gol in appena cinque minuti di partita. L’ultima volta n cui l’Inter aveva subito due gol nei primi cinque minuti di gioco risale alla sfida del maggio 2007 contro la Lazio. Ma quello che preoccupa ancor di più è la statistica che indica come l’Inter abbia concesso al Napoli ben sette tiri nello specchio nel primo tempo. Un dato allarmante soprattutto se confrontato con quello di un Napoli che, fino a ieri, non aveva mai fatto così tanti tiri nello specchio nei primi tempi di questa stagione.
Manca l’equilibrio, come ha sottolineato lo stesso Pioli al termine del match. Lo si evince anche analizzando la sterile fase offensiva dei suoi uomini. L’Inter ha continuato a muovere palla lungo le catene esterne, come già faceva con De Boer, producendo un alto numero di cross con la consueta imprecisione (3/30). Il tutto, per una fase offensiva che ha prodotto appena 6 tiri in porta nell’arco degli interi 90 minuti., frutto anche dell’incapacità die Nerazzurri di servire adeguatamente Icardi.
In conclusione, al netto del poco tempo avuto a disposizione, Pioli non è ancora riuscito a cambiare né le prestazioni della squadra, sempre altalenanti, né la sua impostazione “all’olandese”. Il tecnico emiliano aveva dichiarato tempo fa di non essere un “normalizzatore”. Forse questo non è nemmeno necessario. Sarebbe preferibile essere un “equilibratore”, cioè un allenatore in grado di far trovare alla squadra un equilibrio non soltanto mentale ma anche tattico.
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