Stephan de Piol, santone olandese

di Bernard Fokke

Fa abbastanza impressione, qui dall’Olanda, vedere l’accanimento che la critica italiana sta riservando al nuovo allenatore dell’Inter Stephan de Piol. Certo, la sua partenza non è stata delle migliori: in quattro partite (tre di campionato e una di Europa League) sono arrivate due sconfitte (con Hapoel e Napoli) un pareggio (all’ultimo secondo, nel derby contro il Milan) e una sola vittoria (sofferta oltre il dovuto) contro la Fiorentina.

Ed è vero che 10 gol subiti sono troppi, così come non è confortante che per ben due volte su quattro i nerazzurri siano andati in svantaggio. E, quando non è successo, o sono stati rimontati in modo imbarazzante (dall’Hapoel) o hanno dovuto maledettamente soffrire contro una squadra in 10 uomini per 45 minuti (la Fiorentina) per portare a casa la vittoria.
D’accordo, è tutto vero. Resta però sorprendente come quasi nessuno, in Italia, sia intenzionato a concedere a de Piol una qualche attenuante o – perlomeno – un minimo di tempo. Ovviamente, la prima e più feroce critica punta il dito sulle sue scarse conoscenze del calcio italiano e delle malizie tattiche dei suoi allenatori (sì, compreso il portoghese Paulo Sousa, che per molti anni ha frequentato la Serie A da giocatore).

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E’ una critica un po’ ingenerosa, perché ogni allenatore moderno segue con attenzione tutti i maggiori campionati europei, se non altro per tenersi aggiornato. Ma sembra che per de Piol questo non sia vero (oppure che abbia passato inutilmente molto tempo davanti alla tv): e la prova, secondo i suoi accusatori, sta proprio in quei 2,5 gol presi a partita, una media che nella sua Olanda forse è considerata normale ma che gli osservatori italiani considerano una specie di bestemmia calcistica. Perché, poi, non c’è solo il dato numerico, ma anche il modo in cui certi gol sono arrivati. I due del Milan, il primo della Fiorentina, il secondo del Napoli sarebbero tutti la prova evidente della totale mancanza, nel bagaglio di de Piol, del concetto di equilibrio. Il tecnico sarà anche arrivato da poco ad Appiano Gentile, però non è pensabile che nulla sia cambiato in termini di vicinanza fra reparti, di copertura del campo, di protezione della difesa. Segno, evidentemente, non solo dell’appartenenza a una scuola calcistica lontana anni luce da quella italiana, ma anche di una fedeltà alle proprie convinzioni tattiche che sfocia nell’arroganza.
Quando ha accettato l’incarico all’Inter, tutto de Piol si aspettava tranne che la coerenza tattica (patrimonio di ciascun allenatore) venisse immediatamente bollata come “integralismo” o “eccesso di rigidità”. Eppure, questo è successo. Del tecnico olandese la critica italiana sembra sottolineare limiti ed errori (che pur ci sono) a discapito anche delle buone cose che si sono viste: il tentativo di recuperare Kondogbia, per esempio, è bollato come un’inutile insistenza. Le disastrose prestazioni del pacchetto difensivo (in cui MIranda, Murillo e Ranocchia sono ormai perfettamente intercambiabili) è solo una logica conseguenza della scarsa attenzione nordeuropea. L’isolamento di Icardi in avanti è descritto come la conseguenza dell’incapacità di de Piol di sapere parlare alla squadra, di trasmetterle un’idea di gioco. Segno, questo, anche delle prime crepe in uno spogliatoio che sembrava avere accolto con sollievo il nuovo tecnico dopo i disastri di inizio stagione. Ma anche nei rapporti coi giocatori le cose non sembrano andare benissimo. E poco cambia se si tratta di senatori o di giovani promesse: Gabigol (i cui 29 milioni di costo la stampa italiana continua a sottolineare) era un oggetto misterioso prima di de Piol. E continua a esserlo anche con lui. Chissà, ha scritto maliziosamente più d’uno: forse tutto dipende dal fatto che de Piol si è messo in testa di parlare da subito in italiano, con risultati maccheronici che probabilmente non lo aiutano a farsi prendere sul serio da calciatori e osservatori.
Risultato: anche qui in Olanda iniziano a farsi sentire le voci che parlano di una proprietà cinese che ha ricominciato a dare segni di nervosismo. La prossima sfida di San Siro, contro il complicatissimo Genoa di Juric, potrebbe già essere decisiva per il futuro di de Piol. Che comunque ha davanti a sé un orizzonte temporale ben limitato per far vedere che qualcosa all’Inter è cambiato: la sosta natalizia dopo le (non facili) partite contro Sassuolo e Lazio. Se per allora i risultati non saranno arrivati (insieme a un gioco minimamente equilibrato), la proprietà potrebbe decidere di abbandonare la sua scommessa olandese. E puntare sull’affidabilità di un allenatore italiano. Non solo per ragioni tecniche: la speranza è che la critica italiana gli riservi una tolleranza che a de Piol non è stata concessa. Giusto o meno che sia, come può sembrare qui dall’Olanda.

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