di Tommaso de Mojana
Facciamo un breve riassunto della storia, così capiamo meglio: gruppo straniero acquista prestigiosa società calcistica italiana reduce da una stagione deludente, dove è arrivata solo l’Europa League. Chi ti piazza il gruppo straniero se non un giovane allenatore completamente inesperto, uno di quelli che finora ha allenato in campionati che da noi non valgono neanche la Lega Pro? (Volevo provare l’ebbrezza di dirlo anch’io).
Ma chi, esattamente?
Uno che in Italia conosciamo solo perché con la Nazionale l’abbiamo fatto fuori con una magia di uno dei più grandi 10 che il nostro calcio ci abbia mai regalato.
Uno che arriva e ha pure l’arroganza di portare le sue idee, uno che non sa che in da noi, mica dove allenava lui prima, conta prima di tutto non prenderle e che invece vuole tenere il pallone. Che poi cosa ci farà, con ‘sto pallone?
Uno che arriva giusto perché il gruppo straniero vuole il profilo Internazionale. Cosa capiscano questi di calcio non ci è dato saperlo, ma così è.
Uno che arriva e in Europa League, avessi detto la Champions, non riesce a vincere nemmeno una delle prime due partite che gioca. In Europa League.
Uno che passano 9 partite di campionato e fa 11 punti, perdendo pure 1-2 in casa col Cagliari, per dirne una e subendo, in media, più di un gol a partita. E dire che dovrebbero averglielo detto che da noi bisogna soprattutto difendere: inesperto e cocciuto. Va bene che ha giocato al Barcellona, ma questo dalla Catalunya pare essere portato solo spocchia e arroganza. Cosa vuole insegnare a noi italiani?
La cosa divertente è che continua a professarsi convinto di star facendo bene il suo lavoro, di voler continuare così, di avere le idee chiare, la squadra dalla sua. Va bene che ha dei terzini che farebbero panchina nella serie B cipriota, ma si è visto?
Scusate, manca completamente il contesto.
Siamo a fine ottobre, l’anno è il 2011, “lui” si chiama Luis Enrique, e da pochi mesi allena la Roma.
Chiarisco due punti, se no piovono insulti che manco a D’Ambrosio quando crossa:
- Nel 2011/12 la prima giornata di campionato è stata rimandata e recuperata in dicembre, pertanto le prime 9 di campionato citate furono le giornate fra la 2 e la 10.
- Non sto per dirvi che FdB vincerà la Champions solo perché ha perso 1-2 col Cagliari. Sicuramente è capitato anche a Castori o a Marino. Non sto per dirvi che Fdb vincerà la Champions per nessuna ragione, in realtà.
Oltretutto il prosieguo della stagione giallorossa 2011-12 tutto fu tranne che un susseguirsi di trionfi: settimo posto finale, fuori al primo turno in EL e al secondo in coppa Italia, due derby persi su due, alcune scoppole memorabili (toh, una a Bergamo). A fine stagione il più classico degli “arrivederci e grazie” senza troppi rimpianti, presi dall’euforia di riabbracciare il boemo fresco fresco del miracolo Pescara.
Però.
Però chi scrive pensa semplicemente che Frank de Boer (si scrive con la “d” minuscola e si pronuncia de bur, giusto perché c’è chi pretende da lui un utilizzo perfetto del trapassato remoto e poi manco si sforza su questi due dettagli), non sia il pirla che ci stanno raccontando.
A tutti è capitato di avere un capo, e sicuramente tutti ne abbiamo avuti di buoni e di meno buoni. Quando capitano i meno buoni la prima cosa che si fa è parlarne coi colleghi. Si parte da una battuta, poi il mezzo sfogo al caffè, e alla prima birra si comincia a fare sul serio. I più fortunati hanno nel gruppo di lavoro, nel team come fa figo dire, un ottimo imitatore.
Se al siparietto tutti i colleghi ridono come pazzi e qualcuno magari infierisce è fatta: il capo è probabilmente davvero un pirla, tutti la pensiamo così. Siamo giustificati a pensarla così tutti. L’ho detto io che dice un sacco di cazzate, lo dicono tutti. Quando mi chiama quasi mi scappa da ridere.
Se al siparietto assistono i superiori del mio capo e non dicono nulla significa che il capo è sicuramente un pirla, e ha pure le ore contate. Quasi quasi domani mattina faccio colazione al bar, poi passo in tintoria e andando in ufficio mi fermo lavare la macchina. Tanto chi mi deve dire qualcosa, il pirla?
Pensate se ogni mattina aprissimo il giornale e leggessimo, su sfondo rosa, “il capo è un coglione”.
Oggi purtroppo sta accadendo qualcosa di molto simile dalle parti di Appiano, spiace che la vittima sia un professionista serio come Frank de Boer. Spiace che le vittime non siano mai i tanti mezzi giocatori che affollano la Pinetina senza manco sapere perché da troppi anni, o i sedicenti dirigenti arroganti, ben pettinati e sempre sicuri del posto.
Quelle citate sono solo coincidenze, alcune sicuramente suggestive, altre completamente casuali. Resta il fatto che anche i più grandi sono passati da una fase di apprendistato, che anche i più grandi hanno sbagliato un paio di formazioni, o hanno puntato sul modulo sbagliato.
Ci vorrebbe solo un po’ più di equilibrio prima e di pudore poi nell’esprimere giudizi.
A noi non resta che scusarci con FdB per avergli mostrato il lato peggiore del nostro calcio, augurandogli i successi di Luis Enrique. Magari a partire da stasera.