Le cose semplici

A volte il calcio ti si semplifica davanti all’improvviso, come quando a scuola ti facevano dividere numeratore e denominatore e scoprivi che una roba spaventosa tipo quarantaquattro centotrentaduesimi in realtà era uguale a un terzo. E nella sera del derby, del record d’incasso, della gente (amica o nemica) che ti aspetta al varco della verifica, provi a tirare le somme di una partita pazza e difficile da interpretare e – nella consueta ricerca dei meriti tuoi e dei demeriti altrui, degli eventi determinati e del culo eventuale – improvvisamente ti si semplifica il quadro.

E alcune cose sono (sembrano, almeno) davvero semplici, tipo che se fai viaggiare veloce il pallone è più facile creare le occasioni per vincere, o che se i tuoi davvero forti sono in palla per gli altri sono cazzi, o che se crossi bene magari qualcuno la mette, o che se un giocatore abbraccia un giocatore avversario in area – che sia il primo minuto o il novantesimo, che quello resista stoicamente o cada come una pera matura – è rigore, benchè per cent’anni di questi falli ne abbiano fischiato uno su venti, o forse uno su cinquanta, merito di un televisorino che sta cambiando le abitudini degli arbitri. Meglio (per restare in tema): le sta semplificando.

Eppoi è così semplice, a volte, avere un centravanti che a 24 anni ne ha già messi 80 in 134 partite con la tua maglietta nera e azzurra, un centravanti che avrà i suoi difetti (dai troppi selfie ai troppi tatuaggi alle troppe biografie alle troppo ingombranti dinamiche famigliari) ma è un giocatore da leccarsi i baffi, nonostante – e qui andiamo nel complicato, quando sarebbe così bello semplificare – la curva non lo riconosca e una parte della tifosotteria ogni tanto lo ritenga scarso, non decisivo, un lusso inutile, palesemente inferiore a (segue nome di attaccante qualsiasi di squadra medio/alta qualsiasi a livello del primo e del secondo mondo calcistico).

Eppure, semplificando, l’azione del secondo gol dice tante cose: Icardi che strappa un pallone a centrocampo e si invola verso l’area dove segna con un gesto spettacolare e strepitosamente fine, per interposto cross di Perisic che nel giro di due secondi e cinque metri si libera di un avversario, guarda di sottecchi dov’è il centrattacco e gliela mette sul piede volante.

No, dico: i due più buoni, non a caso. I due che una parte del popolo nerazzurro avrebbe giubilato volentieri: per non vedere più lui e la bionda (Icardi) o per un presunto pacchetto di milioni da reinvestire non si sa bene come (Perisic). E invece no, sono qui e lottano insieme a noi, tiè.

Resta ancora una cosa da semplificare: l’eloquio di Spalletti. Ma è un’impresa superiore alle capacità umane, forse a Certaldo nel 2375 troveranno la stele di Rosetta di Spalletti e i posteri sbobineranno a colpo sicuro. Ma non è importante, davvero. A me piace sentirlo parlare e non capire: in un certo modo, è rassicurante. Resto con i miei dubbi e le mie certezze, non devo interpretare nulla, vado a dormire senza ansia da prestazione: è bellissimo.

Sabato c’è Napoli-Inter, cioè la prima contro la sorprendente seconda, che ha vinto a Roma ma perchè ha avuto un culo spaziale e che ha vinto il derby ma perchè il Milan sostanzialmente fa cagare. Se perderemo, magari male, ci saranno i caroselli, perchè siamo ormai a metà ottobre, le giornate si accorciano e noi siamoancora troppo davanti, troppo fortunati, troppo positivi, troppo brutti ma vincenti, troppo sereni per essere anche simpatici. Se non perderemo, vabbe’, si vedrà (ma il merito potrebbe essere della legge dei grandi numeri). Comunque non importa: anche Kim Jong un avrebbe firmato per 22 punti in 8 partite, da qui in poi sono tutti sedicesimi di finale e la nostra forza sta nel gruppo e soprattutto in Nagatomo.

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