Vi rubo qualche minuto e so che per alcuni sarà una lettura sgradevole. Nella millesima giornata del complotto arbitrale sento forte la necessità di condividere una riflessione sull’isteria con cui da tempo ormai immemorabile accogliamo le scelte arbitrali e più in genere gli arbitraggi. Non voglio scrivere cose ecumeniche né di buon senso scontato, sono un tifoso anche io e ieri sera a San Siro ho passato buona parte dei Novanta minuti a contestare Tagliavento e il suo insopportabile approccio alla direzione di gara. Ci sono arbitri che sanno comunicare e altri che per un mero meccanismo difensivo prediligono quell’atteggiamento autoritario e un po’ sprezzante che certo non si concilia con un pubblico come il nostro, vocato da sempre al ruolo della vittima sacrificale. Come gli disse bene Antonio Cassano nell’intervallo della memorabile vittoria allo Stadium: Tagliavento, io ti parlo con educazione, perché fai il fenomeno?
Ma proviamo a ragionare ciascuno secondo la propria esperienza e considerando i numeri. Ci son quelli che dicono che Tagliavento arbitra sempre contro l’Inter. Errore. Prima di ieri sera l’arbitro di Terni aveva diretto l’Inter 32 volte. Con quali risultati? 20 vittorie, 5 pareggi e 7 sconfitte. Non il bilancio di un persecutore, insomma. Quest’anno ha arbitrato, molto bene, la partita di andata contro la Juventus, quella che abbiamo vinto per 2 a 1 in casa imponendo il gioco del povero FdB.
Tagliavento è simpatico? No, nemmeno per sogno ma questo non dovrebbe influire sul giudizio che diamo di un arbitro esperto. Tagliavento ha arbitrato bene ieri sera? No, almeno in due episodi chiave ha sbagliato o i suoi assistenti lo hanno aiutato a sbagliare. Possiamo dire che il suo arbitraggio ha influenzato il risultato finale? Forse sì, di certo numericamente, ma nella sostanza no e per fortuna abbiamo giocatori come Gagliardini che nonostante l’età e la poca esperienza sanno parlare chiaro con i giornalisti ed evitare il piagnisteo: «Ci manca ancora qualcosa per stare lì davanti. L’arbitraggio? Non ha inciso sull’andamento della gara».
So che da un blog tifoso ci si aspetta una posizione drasticamente tifosa e che sarebbe più facile mettere in scena la tragedia dei derubati, ma farlo oggi sarebbe una vera fesseria. La Roma ieri sera ha giocato meglio, molto meglio e ha mostrato che due anni di lavoro e il completamento progressivo di una rosa possono produrre grandi risultati. Siamo sula buona strada ma c’è ancora una categoria di differenza. Avremmo potuto pareggiare, che poi è sempre tutto da dimostrare perché i rigori si sbagliano o comunque vanno segnati, ma sarebbe cambiato qualcosa nel giudizio complessivo sulla partita? No.
Credo che per crescere si debba fare un passo indietro, noi tutti. Siamo diventando un’armata di isterici e i primi minuti della partita di ieri sono stati un calvario. Pur non conoscendo il regolamento e non sapendo quindi come giudicare l’errore di Perisic, c’è mancato poco che partisse una nuova pañolada. Lo stesso è accaduto sul sacrosanto rigore a favore della Roma (quello altrettanto sacrosanto su Eder, negato all’Inter, è un errore enorme di Tagliavento). Siamo nervosi, condizionati dal passato e abbiamo completamente perso la misura delle nostre reazioni (attenzione e valga come disclaimer per i non interisti che qui cercheranno tracce di pentimento per le polemiche post Juventus – Inter: nemmeno per sogno, sto ancora aspettando che qualcuno mi spieghi la bestialità di Rizzoli sulla punizione sbagliata da Chiellini. Non ci provate, quella partita è un caso a parte e comunque io parlo solo di arbitraggio mediocre e non di complotti). Solo che così facendo, sia noi che la società, creiamo una serie di precedenti e pregiudizi dell’AIA nei confronti dell’Inter da cui diventa sempre più difficile risalire. Più che pensare, pañoliamo e passa la paura.
Proviamo a scrivere chiaro: dopo Calciopoli alcuni arbitri si sono sentiti danneggiati dall’inchiesta e dall’esito, umiliati e offesi. Affari loro penserete e in parte è così, perché almeno su calciopoli il tema della parte lesa è molto chiaro al di là delle manipolazioni e delle scelte (anche della proprietà dell’Inter), di quei mesi. Solo che arbitri con cui il dialogo era difficile sono diventati platealmente ostili, quindi anche affari nostri. Non ostili nelle decisioni ma negli atteggiamenti, nelle scelte minime, nel linguaggio del corpo che mostra insofferenza. Arbitrare l’Inter non è cosa che i direttori di gara fanno con piacere o serenità e purtroppo è sempre più evidente. Perché se sbagliare è umano, farlo contro l’Inter porta sempre il fumo della persecuzione, l’idea che ogni fischio sia diretto a danneggiare la squadra e rendere impossibili gli obiettivi. Gli arbitri arrivano a San Siro nervosi, pronti a contestazioni plateali e nevrotiche e come risultato più ovvio non lavorano sereni e sbagliano il doppio. Lo stesso accade fuori casa, nelle partite di cartello. Come se giocassimo (noi tifosi, chi scende in campo per fortuna no), pronti a quel momento, a quello in cui qualcuno ci priverà di vittorie, punti, rigori e gol legittimi. Potessi suggerire alla nuova proprietà un passaggio obbligato, mi permetterei di indicare l’indirizzo dell’AIA e di Nicchi per una bella chiacchiera costruttiva e per sancire una pace che oggi pare lontana. Far pace non significa chiedere un trattamento speciale, far pace significa comunicare ai vertici della classe arbitrale che si può collaborare per cercare di rasserenare un clima impossibile. Lo hanno fatto benissimo Pioli ieri dopo la partita (e non prima, quando aveva ripetutamente parlato di favori alla Roma), e Gagliardini. Lo ha fatto la società non lamentandosi pubblicamente e accettando il risultato del campo, che è stato molto netto e che ci insegna qualcosa, almeno in termini di qualità e costanza. Poi è più facile attribuire la colpa della sconfitta e delle nostre mancanze a Tagliavento ed è comodo vivere in questa modalità afflitta.
Dall’altra parte, dal lato degli arbitri tutto bene? No, per nulla. Il tango si balla in due e che al momento la coppia AIA-Inter sia mal assortita è del tutto evidente. anche agli arbitri, che non riescono a dialogare civilmente con i nostri giocatori, che sentono insulti e percepiscono aggressioni con una sensibilità che altrove non sempre mostrano. Ma insisto, siamo nel pieno di una nevrosi che va interrotta, per il bene dello spettacolo certo ma soprattutto per il bene dell’Inter, che poi è l’unica cosa che davvero conta. Calma e sangue freddo, freddissimo. C’è bisogno di parlare e aprire porte, non di chiudersi nel recinto e piangere. L’autarchia dei giocatori è impossibile e finché saranno necessari gli arbitri sarà utile e decente avere con loro un rapporto dialettico e non questa pazzia fatta di cose umilianti come lo sventolio di fazzoletti a Inter-Empoli o il pianto isterico collettivo per un cambio rimessa. Lo dico per noi, non per i tifosi di squadre minori che leggeranno queste righe trovandoci qualche spunto per continuare a darci dei piangina, salvo poi mancare completamente di autocritica quando la lente si sposta sulle loro reazioni.
Dobbiamo solo scegliere se il tifo è suolo questione irrazionale e di sentimenti forti o se di calcio si può tentare di ragionare ed evolvere, per salvare il bello del Gioco. Tutto qua, nella speranza di dover scrivere sempre meno di arbitri e sempre più di Inter.
Rispondi