Spingendo la notte più in là (Sassuolo – Inter il giorno dopo, più lucidamente)

Siamo vecchi. Siamo troppo vecchi per strapparci le vesti e gridare alla tragedia, per piangere una stagione che deve ancora iniziare e darla per finita. Però, c’è un però gigantesco, che pesa più di ogni giudizio tecnico sulla partita.

 

Quella di ieri sera è una sconfitta voluta e non casuale. Lo schieramento e la scelta degli uomini sono stati ponderati e ritenuti il miglior scenario possibile ed è lì che siamo caduti. Lentezza esasperante, poca grinta, poca gamba. Succede, è agosto, ma non dovrebbe succedere quando ti presenti con le ottime credenziali che ti sei conquistato durante l’estate.

 

Luciano Spalletti è un allenatore fuori dal comune, capace di leggere situazioni e partite con grande lucidità e con l’esperienza del decano (ebbene sì, è l’allenatore più anziano della Serie A), eppure ci sono giornate in cui diventa il suo peggior nemico ed è vittima della tentazione di sperimentare al di là di ogni logica. Ieri era una di quelle.

 

Prendiamo il caso di Dalbert. Quello nei confronti del brasiliano è accanimento terapeutico o almeno masochismo. Ci siamo liberati di Nagatomo e Santon ma non riusciamo a fare a meno di regalare una fascia agli avversari. Eppure il secondo tempo (bellissimo), di Asamoah ha parlato chiaro: bloccate le scorribande di Berardi la partita è cambiata e la si poteva portare a casa, ma Luciano ha deciso che Dalbert doveva giocare e così è stato. Ora, chi è Dalbert? Qualcuno lo ha capito? L’estate scorsa si celebravano le sue prodigiose discese e se ne lodava l’atletismo e la tecnica. In un anno e passa non gli abbiamo visto fare un cross decente, saltare l’uomo, creare superiorità. In compenso l’abbiamo visto più volte bucare gli anticipi, perdere contrasti e dare l’impressione sistematica di uno che non ci capisce una mazza, che non sa bene dov’è e perché. Le partite si vincono e si perdono come collettivo ma esistono casi (vedi l’ingresso di Santon in Inter – Juventus dello scorso anno e questo primo tempo di Dalbert), in cui il singolo crea condizioni insostenibili per la squadra e danneggia il disegno tattico.

 

Dalbert in campo, Asamoah esterno in un rombo d’attacco scellerato, Lautaro trequartista smarrito e costretto a trascinare palloni in avanti, lui che la palla la tocca poco ed è velenosissimo in velocità, Brozovic e Vecino in balia dell’atletismo di Duncan e della noiosa saggezza tattica di Magnanelli. Un mezzo disastro che porta la firma di un allenatore che amiamo e che ogni tanto combina pasticci del genere. Questo vale la nostra sfiducia? Assolutamente no, è solo che il nerbo e il carattere di Luciano ogni tanto lo portano lontano dalle soluzioni più lucide, l’egocentrismo del leader solitario e l’idea dell’accerchiamento gli fanno trascurare alcuni piccoli dettagli. Nel dopo-partita ha detto che il piano tattico è stato rispettato, solo che loro hanno segnato e la cosa ci ha messi in estrema difficoltà. Bene, se il piano era quello che abbiamo visto, era abbastanza inevitabile che finisse male. Tolto qualche guizzo di Politano, il resto è stato uno strazio, 40 minuti di dominio dell’insopportabile Sassuolo.

 

Poi c’è il caso di Mauro Icardi, che ancora non è un caso ma che rischia di diventare complesso. Per 5 anni la squadra ha giocato per lui, unico terminale offensivo e accentratore delle energie di tutto il gruppo. L’Inter di ieri ha invece messo in campo almeno due alternative sensibili e valide (Lautaro e Keita), che nello sviluppo dell’azione possono fare a meno di Mauro come destinatario dei loro sforzi e possono andare a tirare. Come la prenderà alla lunga il capocannoniere dell’ultimo campionato?

 

Poi certo ci sono le attenuanti. Manca Nainggolan, che per come Spalletti concepisce questa squadra è fondamentale per capacità di strappare la partita e giocare in verticale, per la prima volta è mancato Skriniar, con il quale alcune delle sponde di Boateng sarebbero state un bel sogno e mancava Vrsaljiko, che con Asamoah rappresenta un’evoluzione qualitativa enorme degli esterni e potrebbe sopperire alla perdita di Cancelo, e la condizione dei reduci dal mondiale è sembrata molto precaria. Tutto vero, ma giocavamo pur sempre con il Sassuolo di Ferrari e Magnani, che con tutto il rispetto non possono né devono spaventarci.

 

Cosa avremmo potuto fare? Timidamente, perché Spalletti è un maestro e chi scrive un allenatore da bar, forse fare densità a centrocampo non sarebbe stata una brutta idea, mettere i chili e i centimetri di Gagliardini e il palleggio di Borja avrebbero evitato lo sfacelo del primo tempo. Se non corri, fai correre la palla. Insomma, come molti avevano previsto e preconizzato, l’Inter di quest’anno è un bellissimo rebus, tanta qualità da assemblare, sovrabbondanza di scelte in alcuni ruoli, la solita, endemica mancanza dell’uomo di qualità a centrocampo. Brozovic? No, lo amiamo tutti ma Brozovic è un ballerino folle, un corridore ubriaco, una poesia del calcio ma non ci si può fidare del suo estro per un’intera stagione.

 

PS
So che se omettessi un commento ci arrivereste subito voi e quindi parliamo anche dell’arbitraggio: male, molto male. Non tanto la mancanza di uniformità delle scelte quanto l’idea balzana di poter giudicare casi così complessi senza l’ausilio delle immagini. Un brutto arbitraggio di una bruttissima partita che però rifiuto di considerare determinante, almeno non dopo una prestazione del genere.

 

Le Pagelle

 

Handanovic 6 – D’Ambrosio 6, Miranda 6,5, De Vrij 6, Dalbert 4 – Brozovic 5, Vecino 5, Asamoah 7, Lautaro 5,5, Politano 6, Icardi 5

 

(Keita 6, Perisic 6, Karamoh sv)

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One thought on “Spingendo la notte più in là (Sassuolo – Inter il giorno dopo, più lucidamente)

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  1. Michele il tuo commento è perfetto e sono d’accordo con te su tutto, meno che sul PS.

    Consentimi ma io non sono d’accordo, perchè se l’arbitro mi dà almeno uno dei due rigori (più netti di quello dato al Sassuolo) il primo tempo finisce 1-1 e nel secondo non ci sarebbe stata la frenesia che si è visto e che non ha portato nulla di buono.

    Le partite si vincono anche con i rigori che devono essere concessi quando ci sono, senza guardare il colore della maglia del giocatore che subìto fallo (Asamoah era stupito, poverino, di solito quei rigori con l’altra maglia gli venivano fischiati).

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