È vero, le sei vittorie di fila ad inizio campionato mancano dai tempi di Helenio Herrera, ma nelle ultime cinque stagioni è già capitato altre due volte di partire a razzo. Nello specifico, a Roberto Mancini nel 2015 e a Luciano Spalletti tre anni fa. In entrambi i casi ci siamo risvegliati sudati e intontiti tra Natale e Capodanno, con una serie di passi falsi che hanno minato le certezze nostre, della squadra e degli allenatori che hanno finito per perdere il bandolo della matassa.
Perché – direte voi – dopo sei vittorie di fila in campionato, dobbiamo fare un paragone con due stagioni iniziate bene e finite così così, è presto detto. Un po’ per scaramanzia, molto perché credo fermamente nei corsi e ricorsi storici, ho sentito il bisogno di andare a cercare 5 punti di differenza tra questa Inter e quelle di Mancini e Spalletti.
Crescita
Rispetto alle ultime due Inter capolista, l’impressione è che in questa Inter molti giocatori abbiano dei margini di crescita da non sottovalutare. Qualche esempio? Sanchez visto ieri dimostra di essere una freccia in più nell’arco di Antonio Conte, ma deve ancora trovare brillantezza fisica e di pensiero (non una grande idea quella di tuffarsi con l’arbitro a due metri da lui). Lautaro Martinez ha margini per diventare più concreto, Bastoni può essere a tutti gli effetti un titolare in più in difesa, Barella deve ancora farci vedere la sua migliore versione. Lo stesso Lukaku, giocatore fondamentale, sta prendendo confidenza con i compagni. Rispetto alle stagioni di cui sopra, insomma, ci sono margini di miglioramento e non giocatori al di sopra dei loro standard come Felipe Melo e Medel nell’anno di Mancini o il primo Perisic di Spalletti.
Tenuta atletica
La squadra corre moltissimo, tanto da potersi permettere un 3-5-2 con due esterni che spendono tantissimo. Non è un caso che tra i giocatori più in forma, oggi, ci siano D’Ambrosio, Asamoah e Candreva. Nelle stagioni di Mancini e Spalletti l’Inter sopperiva con una grande tenuta difensiva o con il possesso palla di cui Borja Valero – che entrava per addormentare le partite (e a volte anche noi) – era icona. La gestione del vantaggio dopo che la Sampdoria ha accorciato le distanze portando la partita sul 2 a 1 è da studiare a Coverciano. Ma non puoi permetterti di giocare così se non sei al 100% fisicamente.
Gestione degli impegni
Qui una nota che a qualcuno apparirà dolente, un assunto che chiunque negherà dal momento che nessuno può permettersi di dire pubblicamente che la Champions League non è un obiettivo dell’Inter. La mia personalissima impressione è, invece, che il pareggio con lo Slavia non sia stato così casuale. Questa squadra non è costruita per reggere due competizioni ad altissimi livelli. Di fatto, non è neanche all’altezza delle grandi d’Europa e ne è consapevole. Conte è abituato – e questo è stato ad oggi un suo limite, tra i tanti pregi – ad aggredire un obiettivo alla volta. In un processo di ricostruzione, sembra evidente che l’Inter abbia battezzato il campionato come unico obiettivo. E a mio parere ha fatto bene. Significa che andremo a Barcellona a fare una gita? No, ma sono convinto che tutti, in casa Inter, pensino che la partita di domenica sia più importante di quella di mercoledì.
Mercato
Rispetto alle annate precedenti c’è finalmente la possibilità di fare investimenti importanti. Sono sicuro che Conte chiederà alla società di tornare sul mercato a dicembre per puntellare la squadra dove serve. Magari con un altro esterno, qualora Lazaro e Biraghi non dovessero integrarsi a pieno, – nell’anno della promozione del Bari, vero grande miracolo di Conte, il tecnico aggiunse corsa alla squadra a gennaio con due esterni come Guberti e Lanzafame – o con una punta in più come nelle stagioni bianconere. Quando un Borriello o un Osvaldo qualunque aggiungevano peso e benzina, segnando magari anche gol decisivi per il titolo.
Nemici (rumore di)
Storicamente l’Inter ha bisogno di nemici, e Conte è fenomenale a trovarli. Così come alla vigilia del derby ha sfruttato al meglio la polemica Brozovic – Lukaku, questa sarà la settimana del confronto a distanza con Sarri. Con un lavoro straordinario fatto in pochi mesi Antonio Conte è riuscito a cementare il gruppo dall’interno, isolando le polemiche fuori dallo spogliatoio. Facendo finta che quelle che vengono da fuori lo infastidiscono, e invece lo esaltano. E qualcosa mi dice che il primo che non vede l’ora che arrivi domenica, è proprio lui.
Ma c’è il Barcellona, prima (dicono tutti così, io ci credo poco).
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