Magari oggi sarà più chiaro, agli indignados della garra charrua, il motivo dell’esultanza sguaiata al gol di Vecino contro il Tottenham. Quella non era solo, come qualcuno voleva far intendere, una banale partita di settembre – come se a settembre fosse vietato gioire -, un primo match del girone di Champions, ma un vero e proprio sliding door della stagione. Lo sapevamo già da quella sera, noi interisti sappiamo vedere e prevedere. Stanotte, 5 punti di sicurezza sugli inglesi nonostante la sconfitta, il peso specifico di quella rete che comunque vada ci terrà in corsa fino all’ultima gara del girone, è ancora più grande. Non si tratta di sminuire lo 0 a 2 del Camp Nou, o di sorpassedere su alcune scelte di Spalletti, ma di analizzarle alla luce di una stagione lunga in cui, sembrerà strano, questa di Barcellona è solo una tappa intermedia. Rilevante sì, ma non per il risultato.
Spalletti poteva scegliere meglio? Forse.
Nel senso che cambiare una coppia di centrali tra le migliori in Europa, di cui avevamo tessuto lodi solo tre giorni fa, potrebbe non sembrare una grande idea. Così come scegliere Candreva in luogo di un più brillante Politano può essere catalogato solo alla voce “maggiore esperienza internazionale”. Ma in una stagione così lunga e dispendiosa, Spalletti ha scelto di puntare su 14 – 15 giocatori e farli sentire tutti protagonisti. Dare a Miranda e a D’Ambrosio una maglia da titolare a Barcellona significa fargli capire in maniera incontrovertibile che non sono riserve. Fra qualche mese sono sicuro che ci ricorderemo di questa serata, al di là del risultato.
Un risultato giusto, senza attenuanti. Troppo palleggio e un’intensità ancora fuori dalle nostre possibilità, evidente soprattutto nella differente gestione del pallone. È vero, quando abbiamo attaccato siamo stati persino insidiosi, quindi con il senno di poi ci voleva più coraggio. Un limite già emerso durante la scorsa stagione, nelle occasioni in cui la squadra sapeva di essere inferiore – Napoli e Torino su tutte, due buonissimi pareggi che Spalletti commentò come sconfitte – e che alla prova dei fatti è più tecnico (banalmente chi ha meno qualità ha meno coraggio) che di personalità. Ma è vero anche il contrario: scoprirsi troppo ci ha evitato un passivo peggiore che avrebbe lasciato nella squadra sensazioni diverse. Tutto sommato così cambia poco o niente. Tutti sapevamo che il Barcellona era più forte, ma non quanto, perché era troppo tempo che non si affrontava una squadra così. Nel 2009/2010, sempre nel girone, l’Inter perse 2 a 0 e anche quella volta mancava Messi. Al di là degli aspetti scaramantici (ma dai, anche quest’anno la finale è a Madrid?), oggi come otto anni fa il divario sembrava piuttosto evidente. Sei mesi dopo fu un’altra storia. Il cammino di una squadra, e quindi anche di questa Inter, è fatto di tappe.
Tappe che danno consapevolezza, che aiutano un allenatore a capire quali giocatori hanno uno standing internazionale. Siamo un outsider della Champions, per molti giocatori sono le prime partite in questa manifestazione. Per cui ben vengano l’ardore di Brozovic, finalmente disposto persino a immolarsi su un calcio di punizione dal limite, la sicurezza di Miranda, il dinamismo di Politano, persino la serata storta di Perisic e Icardi che a San Siro, al ritorno, giocheranno un’altra gara.
Archiviamo questa partita mai davvero in discussione ed evitiamo di pensare che con altri uomini sarebbe finita diversamente. Sminuiremmo il valore del gruppo e commetteremmo l’errore di sopravvalutare – in senso etimologico – alcuni giocatori. Forse l’unico rimpianto è quel ragazzo che adesso gioca dall’altra parte. Ma non tornerò sul mio amore per Rafinha. Piuttosto dirò che probabilmente, e non a caso, Spalletti ha voluto premiare quasi tutti quei giocatori che sono arrivati a meritarsi il Nou Camp conquistando il quarto posto a Roma, contro la Lazio. Da lì, lunedì, riprende il nostro cammino. Perché la cosa davvero importante è essere tornati a giocarle queste partite. Il prossimo step sarà farlo alla pari. Ci vorrà tempo, ci vorrà pazienza, ci vorrà lungimiranza.
Per ora, archiviamonos.
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