La condizione di appassionato di un qualcosa – tipo il calcio – non è del tutto compatibile con il complottismo esasperato. Se uno credesse davvero che il gioco è truccato, perchè mai dovrebbe spendere tempo e soldi per parteciparvi? E se io, prototipo del tifosotto, davvero fossi convinto che una squadra – mettiamo la Juve – paga gli arbitri, perchè mai dovrei seguire un campionato che dura nove fottuti mesi e che già so come va a finire? In definitiva: come e perchè appassionarsi tanto a una cosa a cui non si crede fino in fondo?
Povere le anime pure. La storia insegna che la realtà è spesso un’altra, quella che non ci piace, quella che non siamo disposti ad accettare. A volte il gioco viene truccato davvero. Accade in ogni sport, anche quelli che ci appassionano più degli altri. Quando è diventato chiaro, per esempio, che il ciclismo era diventato prima di tutto una gara a chi si dopava in maniera più efficace, ho smesso di seguirlo. Ma non è mica obbligatorio. Quando è diventato chiaro che nel calcio – restando a Calciopoli, lo scandalone più recente – le regole del gioco erano minate, ho invece continuato a seguirlo.
Cioè, sono un coglione? No. Amo questo sport come ne amo altri, ma un po’ di più. Amo una maglia, una bandiera, due colori, una storia, uno stile, come nello sport non amo nient’altro. Non accetto che mi rompano il giocattolo, ovvio, ma so come vanno le cose, mica ho l’anello al naso. Resisto. Aspetto. Aspetto pazientemente di avere giustizia e ogni tanto ne ho. Altre volte no. Sono cose della vita – gravi ma non serie – e puoi decidere, se non ti piacciono, che per te finiscano lì oppure no. L’oppure no dipende sostanzialmente dal livello della tua passione.
Juve-Inter è una goccia nel mare del calcio come ognuno di noi lo intende o lo vive. Abbiamo visto milioni di partite e altri ne vedremo. Ne abbiamo vinte, pareggiate e perse. Non tante, ma comunque troppe. Tra poco smetteremo di pensare a questa e ci concentreremo sulla prossima. Domenica ha vinto la Juve, legittimamente, essendo un pochino più forte di noi. Ha segnato un gol e altri ha rischiato di farne, un pochino più di noi. Che è la ragione, statistica e di buon senso, per cui mi sono intristito il giusto: hai perso con la Juve, ok, e non è bello; però hai perso con una squadra con cui hai giocato alla pari ma non meglio; hai perso con una squadra che ha segnato e noi no.
Però da domenica non stiamo parlando di Higuain e di Cuadrado, ma dell’arbitraggio. Perchè la questione non è così neutra nè marginale, e perchè quello che dall’emisfero juventino viene catalogato come pianginismo è invece rabbia vera, con l’aggravante della frustrazione e della reiterazione. Io, per essere chiari, sono sicuro che Rizzoli da lunedì non viaggi con una Freemont nuova, e sono altrettanto sicuro che non abbia preordinato nulla del suo arbitraggio che tanto ci ha fatto incazzare.
La questione è proprio questa. Non c’è bisogno di decidere nulla, è così e basta. Non c’è premeditazione, non c’è neanche meditazione. E’ un atteggiamento automatico, e non possiamo farci niente. E’ la malattia autoimmune degli arbitri italiani, intesi come classe. Altri Rizzoli arriveranno con altri cognomi: non cambierà nulla.
Nell’ultimo post parlavo di sfumature, riferite alla partita e ai sentimenti che ti provoca perdere con la Juve. Altre sfumature, quelle dell’arbitraggio, hanno fatto la differenza. Per esempio, io non mi sono per niente arrabbiato per il rigore non concesso a Icardi (decidere in un nanosecondo su cosa accade davvero tra due cristoni di 90 chili che si avventano su un pallone per me è al limite dell’umano): mi sono arrabbiato perchè se tu hai visto arrivare prima Mandzukic, allora ci devi dare l’angolo.
La malattia autoimmune degli arbitri italiani è Cesari che dieci minuti dopo la fine della partita, facendo scorrere le immagini dei tre episodi sospetti nell’area della Juve, negava l’evidenza con acrobazie concettuali che ti sbalordivano e ti facevano arrabbiare dieci volte di più dei singoli episodi, cose che io, per esempio, metto in conto: in area il più pulito c’ha la rogna, nessuno fischia tutto perchè altrimenti ogni volta finirebbe 10-9. Ma tu, ex arbitro, non mi puoi prendere per il culo. Non puoi giustificare l’operato di un arbitro oltre ogni limite del pudore nella stessa trasmissione in cui, a seconda dei casi, si fanno a pezzettini arbitri meno trendy. Questa è stata, oggettivamente, una cosa schifosa.
Voglio addirittura saltare a piè pari l’ormai famoso filmato in cui si vede l’arbitro bloccare un azione a noi favorevolissima tipo al campetto, “fermi tutti, rifacciamo”, perchè voglio pensare che dietro un’enormità del genere ci sia qualcosa che ci sfugge e che forse quello che è successo ha una giustificazione tecnica. Mi basta andare oltre, agli ultimissimi minuti, dove l’arbitro che si fa urlare in faccia da Bonucci e sfanculare da Totti non è altrettanto accomodante con Icardi, tantomeno nel referto. Dove l’assistente non è paziente con Perisic come il quarto uomo di Firenze lo era stato con Allegri.
Non è malattia autoimmune, questa? O quella che ti fa rispolverare il fallo di confusione – la Juve ci ha vinto uno scudetto su un fallo di confusione – così, alla cazzo, giusto per interrompere un’azione? Che poi, questo fallo di confusione in quanto tale, fischiato al 93mo minuto, se proprio vogliamo, ripensandoci è la cosa che mi ha fatto incazzare di più. La cartina di tornasole di un intero arbitraggio, perchè su una scivolata o una trattenuta possiamo discutere, ma su un fallo di confusione no, soprattutto se la confusione non c’era.
Se il parametro è Ronaldo-Juliano o quello che è successo nella ultime cinque partite del 2002, vabbe’, diciamo che ci è capitato anche di peggio. Ma da allora, passando per Calciopoli, la malattia autoimmune c’è ancora. Con quella frustrazione di fondo che ti fa pensare che le cose, per alcuni, comunque si sistemano. Senza bisogno – davvero, sono cose che non esistono – di macchine, bonifici, forse neanche prospettive di carriera. Ma solo perchè è così e basta. Mi dispiace molto per noi – ma non ci avrete mai, perchè la passione è più forte – e quasi mi dispiace un po’ per la Juve. Perchè non c’è bisogno di arbitraggi come quello di domenica per essere la squadra più forte d’Italia. Però aiuta.
standing ovation di dieci minuti!!! Anch’io non mi arrabbio per l’arbitraggio in sé (ne abbiamo viste di molto peggio), ma del senso di presa per il culo da domenica sera fino alle parole di John Wayne Elkhan di stasera. Comunque mi siedo in riva al fiume e aspetto i primi fischi a loro sfavore, magari in C.L.
Bell’articolo.
Anch’io sarò da oggi un po’ cinese ed aspetterò pazientemente, seduto sulla riva del fiume, il passaggio dell’infame cadavere.
Hugus