“Inter? Un’esperienza conclusa, zero dubbi”.
“La Premier un altro mondo”.
“Sarebbe inutile presentarmi ad Appiano, nonostante un contratto valido fino al 2021. Spero si riesca a trovare una soluzione il prima possibile, magari prima della fine del Mondiale. Nel calcio, come nella vita, bisogna essere onesti nel capire quando le cose finiscono. E con l’Inter è finita”.
Giugno 2018. Parole e musica di Joao Mario, detto “Ciao” Mario da tutti coloro che hanno salutato con giubilo la sua cessione in prestito al West Ham, che in teoria sarebbe ancora il secondo calciatore più pagato nella storia dell’Inter.
Doveva essere la punta di diamante del nuovo corso cinese. La sua storia in nerazzurro invece è stata un’accumulazione di partite passate a trotterellare svogliato per il campo, come svuotato da ogni ardore agonistico.
Una lenta discesa verso la mediocrità, che ha raggiunto il punto più basso con quel pallone tirato addosso al fratello meno famoso di Donnarumma, con una porta completamente spalancata davanti. Un Derby è sempre un Derby, anche se di Coppa Italia, e un errore come quello non è perdonabile, visto poi il risultato finale.
Terminato il prestito al West Ham è tornato a Milano, con la valigia già pronta, dopo le dichiarazioni sopra citate. Dopo un Mondiale anonimo e una serie di offerte ritenute inadeguate dalla dirigenza Joao Mario però è rimasto a Milano, quasi per caso, come se il Dio del calcio volesse punirlo per la sua ignavia calcistica. Una specie di incubo per uno che, oltretutto, ha sconsigliato di trasferirsi in Italia a diversi suoi connazionali (anche se poi, paradossalmente, il più famoso calciatore portoghese è arrivato proprio nel nostro campionato).
Joao Mario sì (di Vincenzo Renzulli)
Alt. Un paio di giorni fa il portoghese, dopo mesi di silenzio totale, è tornato a parlare. Parole concilianti, di chi ha capito di aver commesso degli errori e che con il suo atteggiamento in campo non si va da nessuna parte.
Dichiarazioni di circostanza? Forse, ma la mia parte razionale vorrebbe che Spalletti gli desse una possibilità, che provasse un’ultima volta a trasformarlo in un giocatore incisivo.
Penso a Brozovic, che sembrava un caso irrecuperabile, perso tra l’eterno dilemma sulla sua posizione in campo, la cronica incapacità di essere continuo e la sensazione che gliene fregasse fino a un certo punto. A fine gennaio era già su un aereo per Siviglia, da cui è stato fatto scendere perché l’affare Pastore non si è più concluso. Nel giro di 6 mesi ha trovato una posizione stabile, motivazioni ed ha macinato chilometri in mezzo al campo, diventando un punto di riferimento per l’Inter e per la Nazionale vice campione del mondo.
E penso al nostro centrocampo, che spesso soffre per mancanza di qualità, con il solo Brozo a smistare palloni. Gagliardini fisicamente regge con tutti ma non fa certo del palleggio il suo forte, Vecino corre tanto e i suoi strappi sono importanti per cambiare ritmo a una partita, ma nemmeno lui ha qualità tecniche da fine dicitore, Borja ha qualità ma non può essere un titolare fisso per limiti fisici. In uno scenario del genere uno come Joao Mario può inserirsi bene, perché ha qualità tecniche e fisiche per poter essere un centrale nel 4-2-3-1.
C’è da risolvere però un equivoco con Spalletti, che lo vede più trequartista (da poter alternare al Ninja) o esterno destro. Lasciando un momento da parte il discorso tattico, la differenza tra un altro buco nell’acqua e un inserimento a tempo pieno nella rotazione starà soprattutto nel modo di stare in campo, nell’impegno, negli atteggiamenti.
Insomma, a Joao Mario servirebbe davvero un po’ di “Garra”. Quella che ha reso un buon mestierante come Mati Vecino il giocatore simbolo dell’Inter negli ultimi mesi.
Joao Mario no (di Andrea Careddu)
Io dico no a Joao Mario. E mi si potrà dare pure dello stronzo incoerente, sarebbe giusto. Perché per me il caso Brozovic era diverso. Lo scorso anno ero tra i pochi a difenderlo, anche quando a febbraio rispondeva con applausi provocatori ad un San Siro che lo piegava di fischi dopo una prestazione non proprio eccellente. Ero tra i pochi a sostenere quanto non fosse produttivo quel comportamento e a pensare che Brozo potesse diventare il cigno che è ora.
Per Joao Mario è diverso. Brozovic è stato per anni un underdog: incostante e acerbo, con momenti di grande, grandissima classe. È cresciuto e – deo gratias – ha raggiunto continuità grazie ad una enorme responsabilizzazione e maturazione. Brozovic è arrivato da promessa, Joao Mario da vincitore e trascinatore di un campionato Europeo. Ben altre aspettative, ben altre qualità dimostrate. Joao Mario doveva essere un colpo sicuro, un giocatore per fare il salto di qualità. Ricordiamoci che è costato oltre 40 milioni di euro, il secondo acquisto più costoso di sempre nella storia dell’Inter.
Il vero punto interrogativo è il perché di un comportamento come quello di Joao Mario. Perché il problema di Joao non è tecnico, anzi. I veri problemi sono due: il primo è che si è comportato da stupido oltre che maleducato. Con un contratto in corso, dichiarare “con l’Inter” è un comportamento da bambino offeso, non da professionista. E in fondo è così, perché sicuramente tutti i fischi che ha preso non l’hanno fatto sentire amato né in grado di ribaltare la percezione. Dopo dichiarazioni come le sue però, la frattura con il pubblico è molto più grave di quella che si creò con Brozovic lo scorso anno. Ed è più che comprensibile.
Il secondo problema è tattico. Voi avete capito in quale zona del campo dovrebbe giocarsi una maglia Joao Mario? Io no. Lui dice come secondo mediano (quindi accanto a Brozovic, vedi le coincidenze della vita). Spalletti però lo ha visto in precedenza come trequartista. Spalletti ha ragione, perché Joao Mario ha un piede educato e rapidità che diverse volte ha fatto vedere di poter mandare in porta il compagno. Quindi dovrebbe giocarsi una maglia con Radja, Borja e a seconda della partita anche con Lautaro.
In una squadra che ancora non ha capito come vuole giocare, il primo passo sono secondo me gli 11 titolari. Che poi c’è la coppa e quindi si deve ruotare, ok. Ma ci devono essere dei punti fermi, ci deve essere un minimo di continuità. Se Joao Mario vuole avere una possibilità la potrà avere, senza problemi e da titolare, alla prima utile in Coppa Italia.
(Non c’è bisogno di dire che spero con tutto il cuore di essere smentito e di assistere ad un Brozovic-bis il prima possibile, vero?)
Rispondi