Non so quanto David Moyes si sia documentato negli ultimi sei mesi, ma lo ringrazio pubblicamente.
Gli sono debitore.
Perché il tecnico del West Ham non mi ha abbandonato in questa valle di lacrime a pelare cipolle. Perché se mi sono sbagliato nella valutazione calcistica di Joao Mario, lui, se possibile, mi ha superato.
Joao Mario ci ha lasciato . Se non l’ha fatto ancora è con la valigia in mano. Ha scelto la Premier. C’è il Mondiale, c’è da capirlo. Non dico che si sono visti caroselli d’auto sfrecciare davanti al Duomo di Milano, ma nessuno certamente si è strappato i capelli per questa scelta. Tutt’altro.
A me, devo confessarvi, un po’ dispiace.
Perché è stata un’altra scommessa persa. In lui ho visto del potenziale. Poteva ricoprire più ruoli, aveva intelligenza, una certa eleganza e qualche guizzo di classe. Poteva essere, insomma, utile alla causa. Ma in un mondo ideale. La realtà spesso e volentieri non si adegua alle nostre fantasie.
Non vorrei sembrare presuntuoso.
Moyes è uno che mastica calcio. Il che non ne fa necessariamente un esperto (alle volte in Inghilterra gli allenatori vengono selezionati con una riffa), ma almeno lo scozzese è, possiamo dire, una voce autorevole. Io sono, al contrario, un semplice sfogliatore da bar della Gazzetta. Però, evidentemente, tutto quello che avevo visto in JM, e che mi avevano portato a sorridere per il suo sbarco a Malpensa, deve averlo intravisto anche l’allenatore degli Hammers.
Ora, però, dopo averlo ringraziato pubblicamente, lo vorrei anche sollecitare a una riflessione.
Perché il punto è questo.
Quando Moyes dice di sperare che JM
“possa essere un giocatore che creerà e segnerà molti gol per noi”,
mi domando se non si sia confuso con qualcun altro.
Dalle nostre parti, in un anno e mezzo, le reti realizzate si sono contate sulle dita di una mano. C’è, invece, un vasto repertorio di minchiate fatte sotto porta. Di destro, di sinistro, di testa.
Non sarebbe la prima volta che si prendono fischi per fiaschi. Che si sbaglia la valutazione di un giocatore. Chi meglio di noi può dirlo.
In effetti è anche capitato che qualcuno facesse peggio.
Ricordo che a Perugia, nel 2008, dopo aver portato in campo giapponesi e dittatori libici, Lucianone Gaucci si aprì, lungimirante, forse troppo, al mercato di Pechino. Per farlo comprò un cinese, Ma Ming Yu, accorgendosi solo poco dopo di averlo confuso con un altro Ma, pur sempre un pippone, il cui nome era però Lie Tie.
Cose che capitano. E altre storie.
Qui il caso è diverso. Secondo me Moyes, come ho fatto io, si è innamorato di una partita. L’unica che ha visto, oserei supporre.
“Non voglio dire troppo fin quando non è ufficiale, ma ero alla finale di Euro 2016 quando il Portogallo affrontò la Francia, quindi ho avuto l’opportunità di vedere Joao in quella occasione”.
In quell’occasione fu strepitoso. Ma era la descrizione di un attimo.
È vero ce ne sono state anche altre. Ma non serve il pallottoliere. Si contano facilmente. È tutto il resto che manca. Le giornate di amnesia, la scarsa vena agonistica, l’apatia calcistica hanno avuto il sopravvento.
E allora grazie David Moyes, non solo per avermi spalleggiato, ma anche per questa tua infatuazione adolescenziale.
JM è un grande giocatore. Ma lo è due o tre volte all’anno. In una competizione corta può bastare. In un campionato no.
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