Tra i miracoli non ancora riconosciuti a Don Luciano da Certaldo, oltre a quello di aver restituito il sorriso a Perisic, aver convinto Icardi a tornare nella sua meta campo alla bisogna, aver trasformato “il pane in vino e Nagatomo in un terzino“, c’è n’è uno di cui si è oggettivamente parlato poco. E sì, perché a causa del chiacchiericcio su argomenti come il culo, i pali, la Var, le assenze degli altri, i calendari e il fair play finanziario, ci si è dimenticati di un tema molto caro ai nemici dell’Inter: la sua origine eponima. Il nome “Internazionale“, la tesi scissionistica di Kilpin insomma, per non farla troppo lunga l’assenza di italiani nella formazione titolare. Fu motivo di feroce discordia dopo il Triplete e maledizione degli anni a venire.
“D’accordo, hanno vinto tutto. Ma senza italiani. Questi vili traditori della patria”.
L’ultima partita, quella contro il Chievo, ci ha visto schierare, ad un certo punto della gara ben 5 italiani, e peccato per l’assenza di Gagliardini, altrimenti sarebbero stati 6. Forse, nel momento più basso della storia recente del calcio italiano – con l’Italia fuori dai Mondiali – l’Inter può essere addirittura una buona base di partenza per il movimento. Prima che ci si accusi di delirio, perché stiamo consigliando di ripartire anche da Santon e Ranocchia, alcune considerazioni:
La prima è che D’Ambrosio, questo D’Ambrosio sta giocando un campionato monstre. Può piacere o non piacere, può essere simpatico o meno con quel suo capello tagliato fresco prima di ogni partita e le foto della sua fidanzata su Instagram, ma i numeri dicono questo. Ci si è lamentati molto del mancato impiego di Insigne contro la Svezia, quindi non staremo qui a lamentarci per il fatto che Ventura abbia rinunciato alla grinta (e alla forma, perché anche di questo si parla) di D’Ambrosio. Ad uno come Sacchi, ad esempio – do you remember Mussi e Benarrivo – Dambro sarebbe piaciuto moltissimo.
Candreva, che qui abbiamo spesso criticato per la sua mancanza di continuità, sta viaggiando su ritmi incredibili: mancano i gol, ma ha già realizzato 7 assist. Criticato durante il match di San Siro contro gli svedesi, ha messo al centro tre palloni pericolosissimi che Immobile, Gabbiadini e altri accorsi lì per caso hanno fatto fatica a capire. Gagliardini è un ragazzo giovanissimo – ricordiamo che ha disputato l’Europeo Under 21 l’estate scorsa – che Spalletti sta utilizzando per equilibrare la squadra e concedere delle pause a Borja Valero. Giocatore già in ambito nazionale, può e deve crescere ancora anche grazie alla concorrenza di Brozovic, che scalpita per giocare sempre e che mezza Europa vorrebbe, e di Joao Mario, certamente più compassato e da rivedere in partite diverse da quella contro il Chievo.
Potremmo chiudere qui.
Ma il vero miracolo di Spalletti arriva adesso: alzi la mano chi si aspettava questo Davide Santon. Che per inciso è un ragazzo del 1991, un patrimonio del calcio italiano un giocatore che al pari di De Sciglio (che Allegri sta provando a rilanciare e secondo me ci riuscirà) ha già una discreta esperienza pur essendo ancora molto giovane. Per la cronaca, nonostante gli infortuni anche molto gravi che ha subito, sono già 100 le sue presenze con l’Inter. Da non sottovalutare che in vista di un probabile (grattatevi pure) ritorno in Champion ci sarà bisogno di inserire anche giocatori cresciuti nel proprio vivaio.
Una menzione anche per Andrea Ranocchia che, a causa del suo ingaggio troppo alto, l’Inter è stata costretta a tenere. Non giudichiamo la partita contro il Chievo. Troppo poco per potersi sbilanciare. Troppo euforici per poterla analizzare con serenità. Però chi scrive è un estimatore di Andrea dai tempi di Bari. Evitando la tentazione di fare paragoni tra lui e Bonucci solo per il fatto di averli visto giocare fianco a fianco, mi limito a considerare che Ranocchia tornerà sicuramente utile per venire incontro a qualche momento di stanchezza o qualche cartellino di troppo di Miranda. Per Skriniar invece inizierei a pensare ad una clausola rescissori o a rapire la fidanzata. Sempre per la cronaca, Ranocchia è un 1988. Non sono pochi, ma nemmeno troppi. Marco Materazzi, che non bisognerebbe nominare dopo Ranocchia, me ne rendo conto, ha vinto il Mondiale a 34 anni e disputato le sue due migliori stagioni, successivamente.
Il sesto è Eder, e di solito entra a 10 minuti dalla fine. A volte la risolve, a volte no. Ed è stato il nostro unico appiglio all’italianità per troppo tempo. Qui Internazionale, Italia.
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