Elogio della pazzia (in tutti i Sensi)

Da me ascolterete un discorso estemporaneo e non elaborato, ma tanto più vero. Non vorrei però che lo riteneste composto per farvi vedere quanto sono brava, come usa il branco dei retori. Costoro, come sapete, di un’orazione su cui hanno sudato trenta lunghi anni – e qualche volta l’ha fatta un altro – giurano che l’hanno buttata giù, e magari dettata, in tre giorni, quasi per svago. A me, invece, è sempre piaciuto moltissimo dire tutto quello che mi salta in mente

Elogio della follia, Erasmo da Rotterdam

C’è qualcosa che ci ripetiamo da anni ormai: amala. Sempre e comunque, amala. Per pazza che sia, amala. Perché amore e follia vanno spesso così, a braccetto, facce della stessa medaglia, dinamiche intrinsecamente unite, correlate, indivisibili. “Se non ricordi che Amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato“: dicono l’abbia scritto Shakespeare, in ogni caso l’avevo letta da ragazzo su uno Smemoranda e quindi per me è vero.

Tuttavia in questo amore folle, spesso abbiamo trasecolato verso l’amore senza più regole, senza più logica. Ci siamo fatti del male pur di amare, abbiamo ceduto alla follia pur di credere. Ci siam così ritrovati a tifare una squadra che del proprio tifoso, a fine stagione, aveva “solo il sangue secco delle sue vene“. Come dopo un Inter-Empoli così, ma è andata anche molto peggio in passato: perché non sempre la palla finisce sulla traversa salvandoti, a volte finisce anche sul palo, ed esci contro l’Helsinborg sprofondando la piena estate in un interminabile inverno. E si susseguono così stagioni “meh” con record di abbonati e di presenze, tutte innocenti vittime di un amore cieco – trallalalalla tralallalero. Ma tu amala, pazza Inter, amala.

Poi arrivano loro, quelli che la vittoria viene prima di ogni cosa. Non ci crediamo, non è questo il nostro imprinting, sbandieriamo orgoglio e DNA e rivendichiamo autenticità, ci stracciamo le vesti e ci confrontiamo. Ma al tempo stesso lo sappiamo benissimo che la follia porta a nulla e che anche l’amor malsano rischia di essere un amor profano. Amala questa pazza Inter, insomma, ma a tutto c’è un limite. E se riportiamo un attimo di senno in questa grande polveriera, probabilmente potremo vivere idillii ancor più grandi e duraturi, con meno sofferenza e più gioia. Anche la lucidità può essere inebriante, ce lo ricordiamo bene: si chiama Triplete.

Non ignoriamo quindi il bagno di realtà che ci viene imposto come tifosi proprio nei giorni in cui ai giocatori vengono imposti giri di campo e grandi sudate. Non ignoriamo il fatto che serva più equilibrio in campo e sugli spalti. Non dimentichiamo quella follia, ma impariamo anche a controllarla. O Inter-Empoli sarà il nostro purgatorio eterno.

Come ha fatto Stefano Sensi, ad esempio. Poche ore dopo essere arrivato, sui suoi canali social è spuntato un messaggio intriso di sentimento, di belle parole e di grande entusiasmo. Questa è la versione che abbiamo salvato prima che il messaggio cambiasse pelle:

Questo tracotante entusiasmo terminava con la follia: perché Sensi si sentiva già un po’ più folle, e diceva che lo siamo anche noi, e il valzer dei pazzi stava già riprendendo come i dervishes turners che girano sulle spine dorsali. Era un suo romantico ed appassionato messaggio intriso di interismo, o almeno questo avrebbe voluto trasmettere. Ma è durato poco. Un dictat dall’ufficio stampa, o forse dalla panchina, ha subito spento la musica e il messaggio è cambiato nel giro di pochi minuti. Guardate la differenza rispetto al post online poche ore dopo: l’entusiasmo è rimasto, ma la pazzia non c’è più.

Il post di Stefano Sensi, senza l'hashtag #passainter ed il testo modificato
Anche l’hashtag #pazzainter non c’è più (credit: Vincenzo Renzulli)

Non si cambia la propria natura, ma si può imparare a controllarla. Con un filo di logica in più, il turno in Champions si poteva passare e con l’Empoli si sarebbe potuta evitare una inenarrabile guerra di trincea. L’estro non ci mancherà a prescindere, ma per alzare l’asticella ora serve altro. Non è solo un post che cambia: è il nostro approccio, è la nostra pulsione. No, non il DNA, quello ce lo teniamo, per forza di cose.

Sensi l’ha dovuto capire subito, dovendo correggere anche il suo primissimo passo compiuto in neroazzurro. Ora tocca a noi capirlo: pazza Inter, voglio vederti danzare, ma solo quando avrai imparato i passi, quando saremo tutt’uno con la musica, quando l’elogio della nostra follia potrà essere più educato di un abbandono completo.

Amala, quindi. Ma di un folle amore, non di un amor folle.

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