Ve lo ricordate quando Gigi Simoni entrò in campo e urlò quel “si vergogni” che ancora rituona profondo nella storia del nostro calcio? Ve lo ricordate quando José Mourinho fece il segno delle manette e gli adepti della “prostitusione inteletuale” si fecero subito il segno della croce? Bene, allora ricordatevi anche di quando Antonio Conte, un giorno, al Camp Nou, mostrò all’arbitro la scritta “Respect”.

In quel momento, in quel momento esatto, abbiamo capito che Conte non è solo un allenatore che siede sulla panchina dell’Inter, ma che è l’allenatore dell’Inter. Lo è davvero. E forse lo ha capito anche lui, proprio in quel momento, dimostrandolo a sé stesso e dichiarandolo al mondo.
Diciamocelo Antonio, perché è venuto il momento di dirsele certe cose: molti di noi, durante la partita con il Barcellona, hanno sentito sulla pelle sensazioni antiche, per certi versi sopite dal tempo e da un Triplete. E’ un prurito strano che viene quando l’arbitro fischia puntualmente al contrario, anche le cose sottili – soprattutto le cose sottili – sempre in modo chirurgico: fischi che girano l’inerzia della partita, che ti rompono il ritmo e la trance agonistica, che ti mandano in fibrillazione i nervi e che – capita – ti tolgono anche un rigore. Come con Juliano, quel giorno, ricordi?

Diciamocelo Antonio, perché girarci attorno non aiuta nessuno. Evitiamo la melina del non-detto, altrimenti alla prima difficoltà è su queste cose che andremo a ledere quel che in queste prime giornate si è invece creato tra noi e te. Ieri ti sei seduto dalla nostra parte ed hai vissuto quel prurito: non ne hai fatto mistero. Hai chiesto rispetto per chi vuol giocarsi le proprie carte ad armi pari, bravo. No, non vogliamo chiederti il conto per il passato: il passato è saldato, a posto così. Ma quel che è successo ieri ci ha irrimediabilmente avvicinati, perché quando due persone soffrono lo stesso disagio, automaticamente entrano in maggiore empatia.
Non va dimenticato quel faccia faccia con Skomina perché, per la prima volta in modo indiscutibile, eravamo seduti dalla stessa parte. A piangere un torto? No, a lamentare la mancanza di rispetto, l’irriverenza dell’atteggiamento, la sottile e pungente indolenza nei confronti della nostra voglia di portarci a casa quella partita.

Forse, però, questa partita con il Barcellona non giunge a caso. Forse andava persa e andava persa proprio così. Forse era destino, forse fa anche questo parte di quel percorso di crescita di cui spesso hai parlato. Quell’arbitro arriva infatti proprio prima di Inter-giuve (mi perdonerete se lo scrivo così) e forse quell’arbitraggio ti ha avvicinato ulteriormente a noi nel momento più importante.
Antonio, diciamocelo: son servite sei vittorie di fila per sotterrare tutta la diffidenza che tutti noi avevamo nei confronti della tua storia. Il rispetto è educazione, la stima è soggettiva, ma la diffidenza… quella è istintiva e non si cancella certo in un attimo, con un colpo di spugna o con una scrollata di spalle. Ma al Camp Nou hai fatto qualcosa di importate per incrinare la nostra malcelata diffidenza e si va ora verso la giuve (mi perdonerete se lo scrivo così) con un’intesa maggiore. Serviva? Serviva. Davvero? Eccome.
Antonio, non volercene se prima della partita grideremo a squarciagola “io non rubo il campionato ED IN SERIE B NON SON MAI STA TO“. Niente di personale, è che con quelli là dei ricorsi persi i conti sono invece ancora aperti. Perché troppi di loro non hanno ancora capito cosa significhi “Respect”. Tu ci sei passato, invece, e glielo hai detto faccia a faccia a Skomina. Tanto basta, possiamo sotterrare l’ascia di guerra, è venuto il momento.
Che giochino fin che vogliono i giornali con le sillabe “Con Te”. Ora quel che conta è che tu, invece, giochi davvero “Con Noi”. E succede proprio ora, prima di QUELLA partita. Mi perdonerete se lo scrivo così.
Condivido. E non solo come feisbuc proprio con testo E sottotesto.
Olè.