di Marco Napoletano
La situazione era questa: 69, 68 e 67. Dopo 90’ diventò questa: 71, 70 e 69.
Avevamo perso qualcosa che era nostro. Mancava un passo, un solo passo.
Io me lo ricordo quel giorno, ero a Roma, ero all’Olimpico, anzi ero fuori dall’Olimpico. Senza biglietto mi faccio tutto il primo tempo fuori dallo stadio in un clima surreale, con le bancarelle che si riempiono di tricolori e bandiere dell’Inter. Poi qualcosa cambia, i tricolori iniziano a sparire e arriva un silenzio surreale, io riesco ad entrare al 15’ del secondo tempo e il silenzio è sempre più assordante. 3-2 per la Lazio e dopo poco 4-2. Quel 5 maggio non si dimentica. Mai.
Non era una squadra di fenomeni, era l’Inter di Toldo, Zanetti, Cordoba, Materazzi, Di Biagio, Coincecao, Seedorf, Recoba, Vieri e Ronaldo. Nessun fenomeno, neanche il Fenomeno quello vero lo è in quella stagione, ma buoni giocatori. In panchina c’è un signore argentino di nome Héctor Raul Cuper.
Moratti è folgorato da questo allenatore che, prima di ogni partita, batte la sua mano sul petto dei suoi giocatori prima di entrare in campo e dice loro “Yo estoy contigo”. Argentino, uomo tutto di un pezzo, con la fama di mago e con una carriera da allenatore esplosa in Spagna. Per lo scaramantico Moratti è il prototipo di allenatore in grado di ripercorrere i successi di papà Angelo con Helenio Herrera. E lui quel paragone non lo rifiuta anzi, il 16 luglio 2001, giorno della sua presentazione alla Pinetina dichiara parlando del Mago Herrera: “se lui disse vinceremo tutto e contro tutti, lo ripeto anch’ io”.
Si presenta così, esattamente con queste parole, Héctor Raul Cuper al popolo interista in quell’estate del 2001. Capelli bianchi, sguardo intimidatorio, severo nei lineamenti, il classico uomo tutto d’un pezzo: el hombre vertical. È questo il suo soprannome dopo aver ottenuto importanti traguardi in Argentina e Spagna con Huracan, Lanus, Maiorca e Valencia. Squadre composte da nessun fenomeno ma da buoni giocatori in grado di ottenere, con l’organizzazione e la sapienza tattica il massimo risultato possibile. Già, il massimo risultato possibile.
Perché questa cosa, noi interisti avremmo dovuto capirla prima. Era facile prepararsi. Bastava andare a consultare un almanacco, un sito internet, un giornale sportivo e sarebbe stato tutto più semplice. Il massimo risultato non significa sempre vincere e noi invece volevamo solo vincere. Hector Cuper non aveva mai vinto nulla, perché avrebbe dovuto farlo all’Inter? Anzi, l’Uomo Verticale aveva sempre fatto una cosa ancora peggiore: arrivava ad un passo dalla vittoria e poi nisba. Per dirla come la direbbe un portoghese che qualcosa l’ha vinta sul serio, Cuper era un uomo da zero tituli ma tanta gloria.
Sempre, l’aveva fatto sempre. Huracan, Maiorca e Valencia. Ovunque. Tutto bello, tutto fantastico, stagioni epiche con risultati clamorosi ma poi in bacheca 2 sole misere Supercoppe in Spagna e una Coppa in Argentina. Andando più in dettaglio, nel 1994 con l’Huracan, che non vinceva il titolo dal 1973, si gioca il titolo del torneo di Clausura all’ultima giornata contro l’Indipendente dopo un campionato da inattesi protagonisti. È facile immaginare i tifosi, carichissimi, pieni di gioia ad un solo passo verso il titolo, ci siamo passati anche noi. Risultato? 4-0 per l’Indipendente e zero tituli.
Con il Maiorca succede la stessa cosa. Il tecnico di Chabas arriva nel 1997, alla prima stagione ottiene un quinto posto in campionato e finale di Coppa di Spagna che ovviamente perde ai rigori con il Barcellona. Nella stagione successiva, oltre al terzo posto in campionato conduce una incredibile cavalcata verso la finale di Coppa delle Coppe dove incontra la Lazio. I tifosi in visibilio assistono alla vittoria sul Chelsea in semifinale e poi in finale assistono al successo dei biancocelesti per 2-1 che si portano a casa l’ultima Coppa delle Coppe della storia.
Con i maiorchini vince una Supercoppa quindi il suo è un quasi zero tituli.
A Valencia el hombre vertical raggiunge l’apice. Con una squadra di allora sconosciuti come Canizares, Mendieta, Farinos, Kily Gonzalez, Claudio Lopez e Angulo compie un autentico miracolo raggiungendo per due anni consecutivi la finale di Champions League e stupendo l’Europa per la qualità del calcio espresso. Tifosi sedotti e abbandonati per due anni consecutivi proprio sul più bello quando ad altrettante finali seguono due sconfitte. Una netta e pesante con il Real Madrid per 3-0 e l’altra forse ancora peggiore contro il Bayern Monaco ai calci di rigore.
Anche in terra valenciana vince una Supercoppa, ma la sua esperienza si chiude con praticamente zero tituli, mentre la stagione successiva arriva Benitez in panchina e il Valencia vince lo scudetto al primo colpo.
E con questo curriculum che nell’estate del 2001, Héctor Raul Cuper arriva all’Inter. E noi tifosi, poveri illusi, ci avevamo creduto sul serio. Dopo una stagione da saliscendi dalla vetta del campionato riusciamo ad essere primi in solitaria dalla 28° fino alla 33° giornata ma all’ultima giornata succede l’impensabile. Succede che l’Inter di Cuper si sgonfia e perde un titolo assurdo. Uno psicodramma surreale che resterà per sempre nella mente di noi interisti.
L’anno dopo, dopo che Moratti sceglie Cuper e non Ronaldo (che torna ad essere fenomeno prima al mondiale e poi al Real), succede una cosa simile, arriviamo secondi in campionato e ci giochiamo la finale di Champions, che manca da una vita, contro il Milan. Un passo dalla finale. Non perdiamo mai, né all’andata né al ritorno ma siamo eliminati e in finale ci vanno i rossoneri che poi la vinceranno anche quella Champions. Eppure avremmo dovuto immaginarlo, ma a noi piace farci del male.
Cuper viene esonerato nel 2003 e chiude la sua esperienza all’Inter ovviamente con zero tituli. La stagione successiva arriva Mancini e l’Inter vince una Coppa Italia.
Poi capita che l’Inter e l’Hombre Vertical avrebbero potuto rincontrarsi da avversari. Nella prima era Mancini, infatti, l’Inter si gioca lo scudetto a Parma, con la squadra di casa in piena lotta salvezza e Cuper è l’allenatore (subentrato in corso d’anno) di quel Parma. Ma, quella che sarebbe potuta diventare una vendetta del tecnico argentino nei confronti della sua ex squadra, un atto di orgoglio, di dimostrazione che lui le partite importanti le può anche vincere diventa un’altra sconfitta. Ghirardi, l’allora presidente del Parma, lo esonera a pochi giorni dal match preferendoli l’allenatore della primavera. Niente Cuper e l’Inter vince lo scudetto e inizia l’era dei tanti tituli.
Caro Hector, non so se sia stata colpa tua, non so sei tu che porti sfiga e non so cosa sia successo davvero quel maledetto 5 maggio. So che ci ha fatto male, tanto male, ma so anche che da quella sconfitta ci siamo rialzati e abbiamo iniziato a costruire qualcosa che poi ci avrebbe portato fino a Madrid nel 2010 prima con Mancini e poi con Mourinho. Dirti grazie mi sembra eccessivo, perché quel giorno sono stato davvero male, ma proprio fisicamente. Ti dico in bocca al lupo per i mondiali con il tuo Egitto, però occhio che se per caso dovessi arrivare in finale e poi perdere, la situazione potrebbe diventare problematica.
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