C’è vita oltre i titolari: Inter – Bologna (5 cose molto buone vs 5 cose meno buone)

Cinque i punti recuperati alla Lazio in tre giornate. Questo è il dato, questo l’assunto da cui partire per constatare che superata la crisi, perché di crisi si è trattato, siamo al terzo posto. Trionfalismo no per carità, non ne abbiamo fatto nemmeno quando siamo usciti indenni da Napoli e Torino, pessimismi nemmeno. Guardando il bicchiere mezzo vuoto, non si può fare a meno di ricordare che si è sofferto come cani contro il Bologna ridotto in 9 negli ultimi minuti, quando la punizione di Mirante dal limite della (sua) area ha destato più preoccupazione di un un calcio piazzato di Juninho Pernambucano. Ma questi siamo noi, prendere o lasciare. E allora prendiamo ciò che di buono è stato, in questa domenica, quella dove abbiamo scoperto (cito Paolo Condò) che “c’è vita oltre la formazione titolare“.

Cinque cose molto buone

Rafinha: il grande equivoco è pensare che sia un giocatore in grado di risolvere le partite da solo. Nel senso che, per fortuna, non lo è. Piuttosto è un centrocampista molto tecnico in grado di parlare la stessa lingua dei compagni, mettersi al loro servizio, rincorrere se necessario. La buona giocata porta sempre giovamenti. Lui ad esempio costringe Mbaye al secondo giallo. Di bella presenza, in tutti i sensi.

Karamoh: sembra uno di quei giocatori giovani, di fascia, che di solito ammiriamo nell’Atalanta o nell’Udinese di turno e che poi quando arrivano all’Inter si sgretolano nel confronto con i loggionisti di San Siro (di cui torneremo a parlare). Lui ha il vantaggio di partire direttamente dall’erba del Meazza e riesce a farci alzare in piedi ogni volta che il pallone arriva dalle sue parti. Il gol è una giocata per palati fini. Dalla prima finta e dalla coordinazione si capisce che quel pallone può solo andare lì.

Eder: il suo golletto ce lo mette sempre. Ma ad onor del vero gioca anche un secondo tempo di sacrificio, permettendo ora a Rafinha, ora a Karamoh di andare alla conclusione. Difficile innamorarsi di lui, impossibile criticarlo. Anche perché in un momento molto critico della stagione c’è. Eccome se c’è.

D’Ambrosio: “generoso” è un aggettivo che comincia ad essere antipatico. La crisi dell’Inter, quella vera, ha coinciso con l’assenza di D’Ambrosio. Destra o sinistra è uguale, il ciuffo non si scompone mai. Provi a sostituirlo ma alla fine lui c’è sempre. Il piede non lo tira mai indietro, se c’è da litigare è in prima fila, ma alla fine riesce anche ad essere lucido correndo da una parte all’altra del campo. Un fluidificante che sarebbe piaciuto molto ad Arrigo Sacchi.

Palacio: qui non si tratta di esultare o no. Ognuno è libero di fare ciò che gli pare, si raccoglie sempre ciò che si semina. Palacio non ha vinto nulla all’Inter, ma ha seminato professionalità e rispetto. E l’applauso che raccoglie al gol, ne è la testimonianza. Di amore, da parte di San Siro.

Bonus track: Var

Osteggiata, odiata, soprattutto da chi vive di complotti e polemiche, continuiamo a pensare che stia migliorando, e di tanto, il nostro calcio. Oggi tra l’altro è stata usata benissimo da Valeri. Quando ha scelto di vedere degli episodi lo ha fatto sempre con grande lucidità e prontezza. Per la cronaca lo abbiamo scritto anche quando a Verona ci hanno fischiato un rigore contro.

Cinque cose meno buone

Brozovic: stesso discorso di Palacio, al contrario, con attenuante. L’attenuante è che non gioca una brutta partita, anzi. Va in confusione nel secondo tempo, quando Spalletti decide giustamente di sostituirlo, ma il primo tempo è tutt’altro che da buttare. Però ormai è preso di mira da una buona parte del pubblico e così finisce per pensare a loro e non alla partita. Sostituito, si lascia andare ad un applauso polemico. Umano, ma sarebbe meglio evitare viste le ultime prestazioni.

Perisic: alla fine gli si vuole anche bene, perché finisce la partita correndo con un braccio appeso. Ma Spalletti ci dovrebbe spiegare perché tenerlo in campo fino alla fine. Magari sa qualcosa che noi non sappiamo sulla psicologia dei calciatori, visto che la motivazione è questa: “Il medico continuava a dirmi va sostituito, io gli ho detto che se mi chiedeva il cambio non avrebbe più giocato. Lo ringrazio, grazie Ivan”. Manda a piazzale Lotto un cross molto interessante di Eder, citofona due volte verso Mirante. Da qui in poi può solo risalire.

Miranda/ Lisandro: il brasiliano svirgola un pallone sanguinoso che finisce sul petto di Palacio. Gol. Poi si fa male e lascia il posto all’argentino. Bello, imponente, elegante nell’impostazione, solo che sull’uno contro uno sembra un palo delle luce. Con un attaccante rapido lui rischia di finire con il sedere per terra. Da rivedere.

Borja Valero: in calo da un po’, oggi non gioca nemmeno la sua peggior partita. Ma rischia di rovinare tutto nel finale con un pallone perso ed un tentativo di farsi espellere per un fallo da tergo fortunatamente non riuscito. In una partita comunque sufficiente, si prende troppe pause. Meglio con Gagliardini, che se non altro copre le sue lacune quando i ritmi si alzano.

I loggionisti: ok, la pazienza ha un limite. Ma prendere di mira in quella maniera giocatori come Brozovic e Perisic è davvero controproducente. Forse andrebbero mischiati in settori diversi dello stadio.

Le pagelle

Handa 6, Cancelo 6,5, Skriniar 6, Miranda 5 (L. Lopez 5,5), D’Ambrosio 7, Borja 5,5, Vecino 6, Brozovic 5,5 (Rafinha 7), Karamoh 7,5 (Gagliardini 6,5), Perisic 5,5, Eder 6,5, Spalletti 6, Il pubblico 8, i loggionisti 5, Palacio 7,5, la Var 8.

 

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