di Giacomo Dotta
La gratitudine è una moneta gratuita, anche se spesso se ne è paradossalmente avari. Ebbene, sono molti i motivi per cui in questa stagione bisognerebbe sentirsi in debito di un “grazie” con Éder Citadin Martins. Due sono i più semplici e immediati, quelli ovvi per quel che rimane scritto nella storia: due opportunità di fila da titolare e due gol fondamentali che valgono 4 punti. Poche le occasioni a disposizione, ma una mira chirurgica nel colpire. Tutto ciò mica all’interno di prestazioni anonime: corsa e grinta, cercando in tutti i modi di spremere ogni propria risorsa per uscire dal campo a testa alta, quello stesso campo sul quale si è entrati a testa bassa per sostituire chi ogni domenica occupa stabilmente quel ruolo.
Il ringraziamento più grande per Éder Citadin Martins sarebbe dovuto però per questioni diverse dal gol, pur se in relazione a fattori che andrebbero considerati con la medesima attenzione: ogni volta che ha battuto il cinque a Icardi, a cui è subentrato a ripetizione quando l’unico ruolo ipotizzabile in campo era quello di una passeggiata di salute a pochi minuti dalla fine della partita. Quando il tuo ruolo è portare disperate bollicine di speranza all’interno di situazioni compromesse, oppure fungere da grigia comparsa per regalare la standing ovation a un compagno, o quello di entrare come mera perdita di tempo in vista del novantesimo: mica è facile tenere alto l’umore e continuare a macinare serietà ed allenamenti quando le cose si mettono così. Questo, invece, nessuno potrà mai contestarglielo: ha incassato il proprio ruolo di sparring partner fin quando il destino lo ha posizionato nell’ingombrante cono d’ombra di Icardi, ma appena ha visto la luce del sole si è conquistato il palcoscenico con serietà e puntualità.
Un giusto ringraziamento glielo si deve altresì per il lucido ruolo di “public relation” offerto ai microfoni di Sky nell’immediato post-partita, quando ha avuto i microfoni a disposizione e da comparsa si è trovato ad essere front-man di una squadra che per storia e per vocazione si autodefinisce “pazza”; quando ha ricordato di attendere a braccia aperte Icardi, quello stesso compagno che con ogni probabilità lo riporterà in panchina fin dai prossimi giorni; quando ha sminuito le polemiche delle cronache spiegando di non aver mai visto un gruppo così unito da quando è all’Inter; quando ha usato l’entusiasmo della vittoria come idrante sulle polemicuzze “social” che avrebbero potuto attecchire sul fertile terreno della crisi di risultati.
Grazie Éder Citadin Martins, perché questo atteggiamento diventa rapidamente esempio per giovani come Karamoh che di panchina dovranno ancora vederne e per un gruppo che ha il dovere di ritenersi tale a prescindere da chi, volta per volta, siede in panchina vestendo il ruolo della comparsa o scende in campo vestendo l’onore del titolare.
Ora sarebbe probabilmente difficile far sedere uno come lui, dopo due partite di grande sacrificio e grande efficacia. Eppure il mister sa di poter contare sulla sua serietà, il che faciliterà ogni scelta. Sarà forse anche più facile anche vederlo in campo sotto nuova veste, perché Rafinha e qualche altra novità tattica potrebbero addirittura favorirne la coesistenza con Maurito. Diciamolo, personalmente lo meriterebbe, anche se poi le scelte dovranno essere in favore di un equilibrio generale e non sempre il merito può avere quell’ideale sopravvento che un mondo ideale prevederebbe.
Comunque vada d’ora innanzi, grazie Éder Citadin Martins: nel momento più complesso dell’intera annata ti è capitato il folle ruolo dell’ariete. Due gol, tanta corsa, molti sorrisi, rispettosi silenzi e grande disponibilità. Avercene.
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