È da un po’ di giorni che rimbalza, tra le trasmissioni e i quotidiani sportivi, un dubbio (leggermente populista, ma questi sono tempi di pancia più che di testa). Una perplessità che riportiamo e che si riassume con questa asserzione: “L’Inter stava meglio quando stava peggio?”. Ovvero: “L’Inter andava meglio quando c’era il Mancio al timone?”.
Va da sé che imbastendoci servizi e trasmissioni il quesito ha tutta l’aria di essere più che retorico. E la risposta già implicitamente scritta.
Va detto, come premessa strutturale, che è una formula con poco sale questa dei paragoni. Perché ognuno ha la sua sua e perché si può mettere tutto a raffronto con un po’ di volontà, perché spesso non ha senso farlo. Da un anno all’altro ci sono molte variabili da tenere in considerazione (età, esperienza, usura, motivazioni, tanto per citarne qualcuna) e il calcolo diventa quasi impossibile. Però visto che l’argomento è stato affrontato e molto ci si discute, abbiamo deciso di non sottrarci. Fornendo alcune regole un po’ più stringenti.
Ad esempio.
Non si può raffrontare l’avvio del campionato scorso con quello di quest’anno. Per una serie oggettiva di motivi. Il primo è che l’anno passato Mancini ha avuto modo di far lavorare la squadra per tutta l’estate impostando una sua preparazione atletica. De Boer ha preso il pacchetto a scatola chiusa. Il secondo è che conosceva già il gruppo da un anno mentre l’olandese lo ha raccolto Pinetina, già in tuta e scarpini, come fosse un fungo. Il terzo è che molti dei giocatori li aveva richiesti proprio il Mancio, mentre sembra che De Boer abbia caldeggiato solo Joao Mario.
Ad occhio, quindi, raffrontare la partenza dello scorso anno con questa è sfizioso ma poco puntuale.
Semmai, se volessimo sempre dilettarci in questo inutile gioco, il confronto va fatto con l’anno precedente (il 2014-2015). Lì le condizioni di partenza sono più o meno le stesse. In quell’occasione il Mancio, come accaduto a Frank, monta in corsa, a furor di popolo e di dirigenza, scalzando di sella Walter Mazzarri, con una squadra e una preparazione fatte da altri.
Con quali risultati?
Ecco, ed è qui che volevamo arrivare. Perché partendo da questa considerazione base, i numeri (che hanno una loro perversa logica, ma spesso sono indispensabili) ci dicono che l’assunto di partenza è errato.
L’anno, dunque, è il 2014. Il Mancio arriva a metà novembre e nelle prime sette partite del campionato totalizza una media di 1,28 punti a gara. Ci battono Roma e Udinese, pareggiamo con Milan, Juve e Lazio, vinciamo con Genoa e Chievo.
Non stiamo a sottilizzare sulla qualità degli avversari e sul gioco espresso. Non ne verremmo mai a capo. I numeri creano la cornice e la tabella del Mancio non è eclatante. Nelle tre partite successive andiamo anche peggio: pareggiamo a stento con l’Empoli in casa, per poi perdere con Torino e Sassuolo. Quindi, riassumendo, nelle prime dieci partite di campionato, sotto la neo-gestione Mancini, l’Inter raccatta la media di un misero punto a gara.
E De Boer?
La partenza è stata sofferta ma più fruttuosa e se è vero che nelle prime sette giornate di Campionato l’olandese ha totalizzato una media punti di 1,57.
È tanto o è poco?
È tanto, come visto, rispetto a quello totalizzato dal suo predecessore nello stesso lasso di tempo (ma anche rispetto alla media di fine stagione: 1,44 punti, ottavo posto)
È poco, ma non di molto, se lo si mette a confronto, come hanno fatto un po’ furbescamente tv e giornali, con l’anno successivo (il 2015-16) quando, dopo aver preso una quantità industriale di inutili giocatori (Mancio ti voglio sempre bene, ma certe ce le dobbiamo dire), di punti ne abbiamo raccolti 1,76 (arrivando al quarto posto e con un gioco alquanto risibile).
E’ molto poco, infine, se raffrontato alla media delle stagioni di Frank in Eredivisie (da un minimo di 2,23 punti a partita a un massimo di 2,7) con giocatori che lui aveva chiesto, visto nascere, allevato con amore e fatti ingrassare cibandoli di calcio totale.
Ora, è chiaro che se mantenessimo questa proiezione fino a giugno, in linea di principio, finiamo tra l’ottavo e il sesto posto. E quindi la dirigenza un po’ preoccupata potrebbe esserlo. Però, ed è qui l’interrogativo al quale numeri o equazioni non sanno dare risposta, abbiamo già espresso tutto? Non abbiamo nulla da mettere sul piatto? Siamo arrivati al nostro zenit? Senza margini di miglioramento?
Io credo di no.
Un po’ perché se vedi una partita dell’Inter (escluse la Uefa che rappresenta un capitolo a parte) hai la netta sensazione che la squadra stia assimilando in fretta quello che l’Olanda ci propone.
La nostra è una quadra in fase di crescita, nonostante la sconfitta di Roma.
Abbiamo perso all’Olimpico dopo una partita nella quale avremmo potuto vincere. Soffriamo le squadre veloci e che ripartono in maniera secca e repentina. È un dato di fatto, non è una novità. A Pescara Caprari e Verre ci hanno spesso aperto in due, con il Bologna abbiamo sofferto la freschezza di Verdi e un po’ quella di Destro. A Roma sulla fascia sinistra abbiamo pianto recitando il “mea culpa” per tutta la partita. Su questo aspetto dovremmo lavorare, anche in fase di mercato a gennaio.
Ma non c’è solo una sensazione. C’è la storia di un allenatore, Frank De Boer, il quale fa giocare a calcio ed è abituato a vincere. Abbiamo già detto della sua media punti, e i numeri, se ripetuti, acquistano un senso, ma vogliamo ricordare anche che nessun allenatore ha fatto meglio di lui in Olanda: né Rinus Michels, né Louis van Gaal, né Guus Hiddink.
E anche l’obiezione che l’Eredivisie varrebbe la Lega Pro è una sciocchezza. Vorrei conoscere un allenatore che per quattro anni consecutivi ha vinto il suo campionato (Lega Pro, Serie B, dilettanti, Promozione, financo la Prima Categoria), e il quinto è arrivato al secondo posto. C’è? Forse c’è, io non lo rammento. Se c’è fatemelo sapere.
Nella nostra primavera di qualche anno fa riuscimmo a vincere cinque scudetti (dal 2005 al 2010) con due allenatori diversi. Stesso dicasi per la Juve. Vincere non è mai facile, neanche se giochi a goriziana contro uno bendato.
Inoltre, ci sono elementi che si devono amalgamare (Gabriel Barbosa su tutti), alcuni che si devono integrare (penso ai giovani Miangue e Gnoukuri), altri che devono completamente sbocciare (Ansaldi, JM, Banega).
Vorrei che finisse questo parossismo da risultato (lo so, è impossibile). E che si desse a Frank ciò che il Mancio ha avuto: tempo.
E se vi domandano “se ci fosse stato lui?” rispondete pure che si stava peggio.
Salve,
concordo pienamente nel dare il tempo a De Boer e in parte con il post.
In parte perchè invece a me De Boer mi ricorda il Mancio, ma il Mancio I non II.
Il Mancio I che appena arrivato voleva il “bel gioco” con i giocatori che danno del “tu” al pallone, come Veron, Stankovic.
Il Mancio I che giocava all attacco e aveva problemi di continuità (la pareggite) come De Boer.
Poi si Capellizzò (ahinoi), ma le basi di una squadra vincente riuscì comunque a costruirle!
Ore le risorse, come i soldi per il calciomercato, ci sono; diamogli il tempo, il supporto…in fondo abbiamo sopportato 1 anno e mezzo il gioco di Mazzarri………………….
ciao franq, secondo me, ma sono pronto ad assumermi le mie responsabilità, un allenatore come de boer non l’abbiamo mai avuto. credo che già a novembre (facendo i dovuti scongiuri) riusciremo a dare maggiore continuità ai nostri risultati.
Perfettamente d’accordo (chettelodicoaffá…)
Aggiungo solo che, purtroppo per lui e per l’Ajax, è arrivato secondo anche al sesto campionato praticamente giá vinto.
Hup Inter!
sempre hup!
Tra DeBoer e mancini non c’é paragone. Il primo,buono o meno,è un allenatore. E’ “giovane”,non ha grande esperienza. Tuttavia ha una idea tattica concreta. Mancini tatticamente è uno zero totale,ha fatto il patentino e non sa nemmeno da che parte sia girato il campo. A chi parla di “vergogna” consiglio di vedersi alcune partite dell’anno scorso con allenatore tale “roberto mancini”,gioco zero,lettura della partita zero,sostituzioni tardive e senza senso,giocatori fuori ruolo. Ma chi è che rivuole mancini? O un idiota,o uno che si finge interista e invece è bianconero. E’ stato un grande giocatore ma non è e non sarà MAI un allenatore di calcio.
Tra DeBoer e mancini non c’é paragone. Il primo,buono o meno,è un allenatore. E’ “giovane”,non ha grande esperienza. Tuttavia ha una idea tattica concreta. Mancini tatticamente è uno zero totale,ha fatto il patentino e non sa nemmeno da che parte sia girato il campo. A chi parla di “vergogna” consiglio di vedersi alcune partite dell’anno scorso con allenatore tale “roberto mancini”,gioco zero,lettura della partita zero,sostituzioni tardive e senza senso,giocatori fuori ruolo. Ma chi è che rivuole mancini? O un idiota,o uno che si finge interista e invece è bianconero. E’ stato un grande giocatore ma non è e non sarà MAI un allenatore di calcio.
Non ha senso fare un paragone con un campione di partite cosi’ piccolo, neanche con il periodo in cui il Mancio ha preso in corsa la squadra da Mazzarri. Tra l’altro a “giustificazione” del Mancio, quell’inter non aveva Banega, JM, Miranda, Perisic, Candreva, mi sembra una bella differenza. Non capisco pero’ gli interisti che se la prendono cosi’ col Mancio, non sara’ stato un grande tattico ma un fesso no di sicuro, mi sembra che con lui si son sempre raggiunti risultati in linea col valore della squadra.
Ciao Claudio, nessuno ce l’ha con il Mancio. Ma l’Inter di questi ultimi due anni se l’è costruita lui con le sue mani facendoci comprare una serie di meteore spacciate per grandi acquisti (a memoria: Shaqiri, Podolski, Melo, Telles, Kongodgia, Hernanes, Ljajic …). Il gioco dei paragoni non ci piace neanche a noi ma sembra che sia di gran voga tra la stampa nazionale. Personalmente credo che tra i due allenatori ci sia un abisso (anche culturale) e che tra il gioco degli anni passati e quello visto quest’anno, anche se a tratti, c’è la stessa distanza che esiste tra Milano e Amsterdam. 🙂
Ciao Bob, nessuno non saprei, qua sopra Leonnato lo definisce idiota o juventino, non proprio un complimento 🙂
Per gli acquisti non saprei giudicare, dipende dal budget a disponizione (shaq e podo ad esempio sono arrivati in prestito, difficile far meglio), dalle opzioni disponibili e anche da chi poi prende le decisioni (societa’ o mister? difficile sapere).
Il gap culturale penso anch’io ci sia, ma dipende principalmente dal background personale e certo non se ne puo’ fare una colpa al mancio, e poi e’ tutto da dimostrare quanto incida nel mondo del pallone.
Son d’accodo anch’io col gioco spesso inguardabile e speculativo dell’ultimo mancio, pero’ partite belle come in CI contro la Juve e a Napoli non son mancate. Mancio ha fatto spesso scelte all’apparenza cervellotiche (Kovacic esterno, Perisic dietro le punte!?!?) ma giocare bene a calcio con gente come Melo, Biabiani, Medel, D’Ambrosio e compagnia tutti assieme non e’ impresa facile (vedasi Europa League)
in parte è vero quello che tu dici. ma melo, ad esempio, lo ha voluto in maniera fortissima proprio il mancio. io credo che la distanza culturale tra i due allenatori invece sia un aspetto fondamentale. oggi leggevo un’intervista a gigi simoni (al quale sarò sempre legato) nella quale sosteneva che il bel gioco in italia non si sposa con il risultato (il concetto era questo). e che de boer presto se ne accorgerà. ecco, io spero che non lo faccia, che ribalti questa idea conservatrice che anche il mancio (in versione utilitaristica) aveva assimilato. giocare bene e fare risultato si può. anche in Italia e anche all’inter. i presupposti ci sono. un abbraccio.