Il copione di questo film lo conosciamo già. La sensazione di arrivare a giocarsi tutto all’ultimo. Tifare una squadra che, rispettando la tradizione, farà di tutto per complicarsi l’esistenza, in ogni modo possibile.
Che saremmo arrivati a giocarcela all’ultima, in casa contro l’Empoli, abbiamo cominciato a pensarlo già dopo il Napoli a fine dicembre. Da quel momento, un ingresso in campo di Candreva dopo l’altro, un post di Icardi su Instagram alla volta: la profezia si autoadempie. Che vuol dire un altro finale di stagione da stronzi, a rischio attacco di cuore.
E dire che prima del casino-Icardi avevamo davanti una stagione da chiudere, dopo anni, in tranquillità, senza rischiare la figuraccia fino all’ultima giornata. A chi comprensibilmente dirà che ancora tutto si può concludere bene, voglio dare ragione. Ci possiamo qualificare in Champions League, anche da terzi in classifica, ma questo non cancella il casino che è successo negli ultimi sei mesi.
Vediamo perciò come, in poche semplici mosse, abbiamo rovinato una (possibile) buona stagione. Con un dialogo tra due ipotetici sabotatori, mentre immaginavano, passo dopo passo, come rovinare tutto. Perché non poteva andare tutto liscio, e lo sapevamo tutti. C’era solo da trovare il modo più creativo per far succedere qualcosa.
Il casino-Icardi
Parole di circostanza a parte, nessuno sa con assoluta precisione e certezza cosa sia successo tra Icardi e l’Inter (allenatore, compagni, dirigenza). Ma questa è stata la scintilla del calo di rendimento, la prima fantastica mossa per rovinare una stagione.
Sabotatore 1: “La stagione sta andando bene, cosa facciamo succedere per mandare tutto a puttane?”
Sabotatore 2: “Beh dai… Facciamo casino nello spogliatoio!”
Sabotatore 1: “Grande classico! Di quelli dove il giocatore finisce separato in caso fino a fine stagione”
Sabotatore 2: “Hai ragione… forse è un po’ banale… Sai che facciamo? Facciamo scoppiare il casino con Icardi, che poi è pure il più amato dal pubblico, sai quanti mesi di polverone?”
Sabotatore 1: “Poi con Wanda chissà cosa viene fuori! Facciamolo.”
La gestione del casino-Icardi
Piace così tanto fare paragoni con la Juventus, che non se ne può fare a meno in questo caso. Cosa sarebbe successo se Icardi fosse stato bianconero? A parere mio: qualche partita in tribuna, una grande cazziata, poi reintegrazione. Forse la vendita a gennaio.
Cosa avrebbe visto il pubblico? Quasi nulla.
Sabotatore 1: “Sta andando tutto benissimo malissimo… e mo’?”
Sabotatore 2: “Beh dai, fermiamoci qua. Multa, Mauro chiede scusa, lo spogliatoio sarà spaccato abbastanza per rovinarsi da solo…”
Sabotatore 1: “Sei serio, proprio ora ti vuoi fermare? Facciamola grossa. Icardi declassato, perde la fascia da capitano.”
Sabotatore 2: “Ma no guarda che cos-”
Sabotatore 1: “Gli togliamo la fascia e facciamo comunicare il tutto con un tweet. Pensa alla faccia degli interisti! Ahahahah”
Sabotatore 2: “Vabbè, proviamo un po’. Però facciamolo pure sentire preso per il culo.”
Sabotatore 1: “Bravo, bravo. Gli leviamo la fascia ma il club lo convoca lo stesso per la partita del giorno successivo.”
La non-chiusura del casino
E da lì in poi, tutto tace. Icardi è infortunato (sicuri?) per più di un mese e salta tipo 6 partite. Poi la società dice che è tutto a posto, che Icardi è “reintegrato”. Nel frattempo girano voci su Icardi che mangia da solo ad Appiano Gentile, che non vuole chiedere scusa allo spogliatoio, finché Icardi torna a disposizione. Torna a disposizione, vero, ma non è più lui e si vede.
Poi succede un po’ di tutto. Servizi fotografici della coppia Icardi-Wanda che lasciano più dubbi del bicchiere di Starbucks nell’epoca dei draghi, prestazioni di Icardi decisive quanto Jon Snow nella battaglia di Grande Inverno.
Sabotatore 1: “Ma alla fine, dopo tutto sto casino, facciamo fare pace a tutti? Mauro chiederà scusa?”
Sabotatore 2: “Mai. Zlatan non fa provini. Mauro non chiede scusa.”
Sabotatore 1: “E quindi? Fanno tutti finta di niente?”
Sabotatore 2: “Si.”
Sabotatore 1: “Ma come fa a tornare in gruppo se non chiede scusa agli altri?”
Sabotatore 2: “Si fa, si fa. Torna in gruppo, non chiede scusa, si fa i fatti suoi. Si mette a fare la zavorra. Solo che lo facciamo sorridere e dire un sacco di volte che ama l’Inter.”
Sabotatore 1: “Secondo me sta roba ti è sfuggita di mano.”
Sabotatore 2: “Ma per niente. Non ci può essere una fine logica, mandiamo fumo negli occhi. Ci portiamo avanti per la caccia alle streghe di fine stagione. La chiudiamo così, ora fanno tutto da soli.”
Sabotatore 1: “Vabbè, come ti pare.”
La solita paura di noi stessi
Non dimentichiamoci che, in tutto ciò, l’Inter è sempre quella squadra che appena manca un appoggio perde ogni certezza. E quindi via di partite orribili, tanti saluti alla nostra unica “caratteristica” di gioco (il pressing altissimo a soffocare gli avversari). E quando giochiamo bene, come in Inter – Juventus? Ecco la fedelissima paura di noi stessi. Quando possiamo vincere, ecco che l’istinto ci dice di scegliere il Candreva della situazione, fare di tutto per NON vincere. Quando possiamo guadagnare punti per stare tranquilli, ecco che ci accontentiamo.
Ed eccoci, a poche ore da 90 minuti che decidono una stagione. Un’ora e mezza senza fiato. Perché alla fine, anche se ci fa incazzare e fare dei viaggi mentali senza una vera logica, questa squadra la tifiamo lo stesso. Oltre il singolo giocatore, allenatore, dirigente. Noi siamo quelli sopravvissuti (con tutto il rispetto) a Kuzmanovic e Dodò. Ci vuole altro per scoraggiarci.
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