Pam! Pam! Pam! Pam!

Fermi tutti.

Chi concepisce la vita, l’universo e tutto quanto solo come alternanza di bianchi e di neri, può tranquillamente spostarsi nell’altra fila: qui non abbiamo cure valide per tutti (e chi vede solo quei due colori, peraltro, ha problemi ben più gravi). Chi invece vede esoterismi nell’immensità delle sfumature, allora può farsi una passeggiata e cercare in sé un minimo di pragmatismo. Perché quella che segue è una piccola cronaca fatta di quattro elementi che suonano come una beffa. Per farsi del male ulteriore nel day-after, certo, ma anche per capire. Per ragionare, per metabolizzare.

Fermi, voi che state buttando via tutto, voi che volete rottamare mezza squadra, voi che siete pronti a cacciare Spalletti, voi che siete prontissimi a condannare ogni scelta fatta con la forza immensa del senno del poi. Fermi, voi che leggete “ipotesi Conte” e siete subito pronti a rottamare. Fermi. Perché ci sono quattro elementi che è necessario considerare se vogliamo mantenere un minimo di lucidità.

Fermi, voi che vi eravate giustamente illusi che si potesse passare il turno: partivamo con altre prerogative, si era messo tutto sul binario giusto, poi abbiamo deragliato per disattenzione e superficialità. Ma ora possiamo piangerci addosso, oppure rimetterci in carreggiata e ripartire per tornare al via il prossimo anno. Mentre stavamo per deragliare li avete sentiti anche voi quei quattro colpi nel giro di 270 minuti? Li avete sentiti tutti?

Pam! Pam! Pam! Pam!

Il primo colpo è il palo di Gagliardini. Stavamo sfidando la prima della classe a testa alta, con una sicumera insospettabile, padroni del campo e del nostro destino. Porta spalancata, azione stupenda, PAM! Palo. Poi tutto ha iniziato a girare al contrario e sappiamo come è andata.

Il secondo colpo è il palo di Perisic. Stavamo sfidando l’ultima della classe con il sangue agli occhi, entrati in campo per divorarli, bellissimo cross, bellissima incornata, PAM! Palo. Poi tutto ha iniziato a girare al contrario e sappiamo come è andata.

Il terzo colpo è il palo del Barcellona con il Tottenham. I pali, anzi, uno per tempo, entrambi di Coutinho per un estremo gioco della sorte. PAM! PAM! Palo. Il secondo è arrivato un minuto prima del gol che ha fatto girare tutto definitivamente al contrario e sappiamo come è andata.

Quattro pali, quattro circostanze, quattro fatalità. No, per carità: nessuno si abbandoni all’idea per cui siamo usciti per quattro colpi di sfortuna. Ma al tempo stesso non dimentichiamo queste quattro circostanze. Se anche solo una di queste fosse girata a favore, probabilmente adesso parleremmo di qualcosa di diverso: saremmo agli ottavi di Champions o avremmo dato una frustata al campionato. Se non è successo non è certo solo sfortuna, però: le partite vanno vinte anche oltre gli episodi, il cuore va lanciato oltre gli ostacoli e degli ostacoli è inutile lamentarsi. La storia della Champions e dei dettagli, del resto, la conosciamo fin troppo bene: son proprio quelli la cosa più difficile da limare e costruire, e noi non eravamo pronti.

Ma non dimentichiamo quel suono sordo sentito in quegli stadi. Pam! Metallo, vuoto, secco. Contro quei pali si sono schiantate le nostre speranze di far girare la sorte dalla parte giusta e ora ci lecchiamo le ferite. Ma chi è pronto a condannare, a distruggere e a buttare via tutto, non si dimentichi quei quattro pali durante le proprie arringhe. Perché a volte la vita è così, questione di centimetri. I giudizi siano amari, siano sinceri, ma siano proporzionati. Quei quattro pali servano per ricordarci che ci siamo andati vicini, molto vicini. Ma che ancora manca qualcosa, e che occorre lavorarci, e che serve del tempo.

Si sono commessi degli errori, correggiamoli. Ci sono stati dei problemi, risolviamoli. Ci siamo dimostrati fragili, capiamo il perché. Ma nelle orecchie rimangano quei suoni e negli occhi quelle azioni: quattro pali, quattro avvisi di una malasorte che ci stava accompagnando per mano verso l’uscita. E noi, docili, non abbiamo posto resistenza.

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