A riveder l’Europa League

Per un attimo mi sono illuso. Ho scambiato il PSV per la Dinamo Kiev (erano anche vestiti allo stesso modo) ed ho creduto che da un momento all’altro quel gol potesse davvere cadere dal cielo. Forse non lo meritavamo, ma poteva succedere. Il problema è che quando sprechi due match point, quello di Wembley e questo in casa contro una squadra che non aveva mai pareggiato in trasferta, meriti di andare fuori. A poco serve lamentarsi dell’ostruzionismo del PSV di cui non puoi contestare la partita attenta e grintosa, un po’ di più l’atteggiamento ostruzionistico di alcuni suoi giocatori, che certamente hanno studiato i video del Sassuolo l’anno scorso. Tipo De Jong che anziché uscire dal terreno di gioco per (non) farsi medicare, sceglie di restare a terra due minuti e far interrompere il gioco. 

Niente scuse però. Sarebbe bastato vincere, e non si è vinto. La verità è che bisognava arrivarci in condizioni diverse a questo appuntamento; invece Spalletti continua a soffrire maledettamente dicembre (1 vittoria nelle ultime 7, film già visto), e aggiungiamoci che della gestione dei centrocampisti dovremo parlare a lungo. Si è puntato tutto su Nainggolan con risultati sotto gli occhi di tutti, a questo punto della stagione. Il suo campionato deve ancora iniziare (magari farà un buon girone di ritorno, chissà), mentre uno dei nostri obiettivi è già andato. Dentro e fuori dall’infermeria, ha saltato le due partite più importanti, pronto a tornare nei ranghi per battere l’Udinese. Fa male dirlo, ma i 30 anni passati di Radja non sono quelli di Cristiano Ronaldo. E la sfortuna c’entra fino ad un certo punto con questi continui infortuni. Joao Mario e Gagliardini fuori dalla lista Champions, contemporaneamente. Nessuno si aspettava il loro rilancio in campionato, ma in un ruolo così delicato ci siamo ritrovati con Borja a rincorrere un gruppo di ragazzi del’99 e Candreva che sta ancora cercando di capire in quale dimensione si trova. Forse immaginare che uno dei due avrebbe esclusi poteva tornare utile non era fantascienza. 

Aggiungete che l’unico uomo in grado di saltare l’uomo è stato sostituito a quindici minuti dalla fine. Era stanco, vero. Ma Politano, autore dell’assist, era il più pericoloso. Sulla partita in sé non c’è molto da dire. Ingeneroso aggrapparsi all’errore di Asamoah, che ha coronato la sua settimana terribile con quel dribbling sbagliato che ha messo in salita la partita. O con l’errore di Lautaro all’ultimo minuto. Ci vuole esperienza, carattere e personalità in questa gare. Gli errori di precisione e di nervosismo dimostrano che questa squadra non è ancora all’altezza di queste notti. La domanda vera è: lo sarà mai? Perché per abituarti a queste partite devi continuare a giocarle. E allora bisogna andare in Europa League per vincerla, o perlomeno per arrivare in fondo, non c’è altra strada. 

Icardi è l’unico giocatore che ha dimostrato di essere una spanna sopra tutti, caso mai ce ne fosse bisogno. Su Perisic non vale la pena fare giri di parole: è il cugino del giocatore che ha giocato quel Mondiale straordinario. Buttare tutto all’aria sarebbe sbagliato. L’Inter partiva dietro Barcellona e Tottenham, è arrivata dietro a Barcellona e Tottenham. Ancora una volta è mancato lo strappo. La possibilità, come dice Adani, di andare oltre. Ci si poteva qualificare ed eliminare una squadra più forte e ad un certo punto è sembrato persino plusibile. Così come venerdì si poteva battere una squadra (molto) più forte in campionato. L’Inter diventerà – pardòn tornerà – grande quando ricomincerà a sovvertire piano piano i pronostici. Spalletti ha questo compito. E non ha un tempo infinito. È, parlo a titolo personale, un bravissimo allenatore. In serate come queste ti viene il dubbio però che sia l’uomo migliore per fare quel salto, per colmare quel gap che ci separa dalle grandi d’Europa di cui, meritatamente, non facciamo parte. 

Io un nome per fare quel salto ce l’avrei, ma non è questo il momento. Non sarebbe giusto nei confronti di Spalletti. 

Ci sarà tempo, a patto che si continui ad ambire ad una dimensione europea, e che non si sottovaluti una Coppa che merita tutta la nostra attenzione, se non altro perché l’abbiamo vinta 3 volte. Per rivedere le stelle c’è tempo. Adesso incominciamo a riveder l’Europa League. 

4 thoughts on “A riveder l’Europa League

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  1. Tipico interista pensare gia’ al prossimo allenatore. C’e’ bisogno della lista di quelli cambiati negli ultimi 10 anni? Il salto lo si fara’ quando nella partita decisiva di Champions non ci si ritrovera’ a giocare con Borja Valero e Candreva a centrocampo ed uno scarto della Juve terzino, l’allenatore non c’entra niente.

      1. Esattamente. Certo si sperava in una tenuta fisica migliore. Mica quella di Cristiano, ma migliore.

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