Elogio del Muro che unisce (Milan Skriniar, leader morale)

di Federico Corona

Piano con la storia che mancano personalità, leader, Uomini. Arrivati a questo punto abbiamo elementi a sufficienza per sostenere che uno, almeno uno ci sia. Forse si fa più fatica a evocarlo per via di quel nome così impronunciabile, che spezza in gola incitamenti ed esultanze. Ma c’è, e sta facendo di tutto per dimostrarlo, a noi e purtroppo anche al mondo, che dopo pochi mesi vuole già portarcelo via. È un uomo M…. Skriniar, uno vero.

Sabato era il più giovane dei nostri in campo. Il più maturo dei nostri in campo. Sembrava che non volessimo giocarla questa partita in questo stadio davanti a questo pubblico. È apparso evidente da subito, due secondi e abbiamo buttato la palla fuori. Così, per mettere le cose in chiaro. La furia di liberarsi di quell’oggetto ingovernabile tra i piedi tremuli. Tranne i suoi, che sanno essere sicuri e morbidi anche in serate di ostilità casalinga. Oltre che ben piantati per terra. Si susseguono inesorabili conferme sul fatto che giocare a San Siro non è per tutti. O meglio, è per pochi: bé, per lui sì. È vero, è un beniamino del pubblico e nessuno – per ora – si azzarda a ficcarsi due dita nel palato e soffiare tutta la rabbia da tifoso in un fischio assordante, e così sembra più facile giocare liberi da paure, ma è bene ricordare come fosse reduce da un infortunio combinato col collega Ranocchia, una settimana prima, nel disastro genoano. Ha cancellato ed è ripartito. Ci ha trascinato, soprattutto: attaccanti che gli rimbalzano addosso, consueta precisione chirurgica nei passaggi, concentrazione altissima su ogni palla, situazione, postura. Ogni tanto qualche piccola sbavatura, ma che fai, non gliela concedi? È così dall’inizio dell’anno, da 26 giornate, ed è bellissimo non smettere di meravigliarsi. E poi il gol, il quarto in campionato (capocannoniere tra i difensori di serie A): «dai cazzoooo». L’ha urlato lui, in faccia ai tifosi, con tutta la grinta che ha in corpo e che manca agli altri.
Non sono tutte caratteristiche di un leader?

Passano pochi minuti e raddoppia il suo ex partner in crime. Un altro uomo, pieno di limiti e debolezze ma un altro uomo. Un riscatto condiviso che salva l’ennesimo scempio e ci riconsegna il quarto posto. È sempre mistica questa Inter.

Nel post partita lo vogliono ai microfoni. Non è contento, dice che andava sbloccata molto prima e bisogna essere più tranquilli, che per il derby è troppo poco. Ma non è ciò che più gli preme dichiarare: «Sono molto più contento del gol di Ranocchia che del mio, è un grande uomo e un grande giocatore» dice Skriniar. Udite udite, per un momento niente gossip e maldicenze, inganni e tradimenti, post e repost, rimproveri a compagni svogliati, ma un dardo di solidarietà e coesione, un’idea di gruppo, di unità e appartenenza. Un sostegno pubblico ad un compagno che soffre da tempo. Sarebbe logico aspettarsele da altri certe parole, da compagni meno timidi e più navigati, che indossano da più tempo questa maglia e che questa maglia hanno già capito quanto peso abbia e come sappia emozionarti e deprimerti. Per questo oltre a restituire una sorta di sollievo, le parole di Skriniar fanno male. Arrivano da questo affabile ragazzo slovacco che nessuno, per la sfiducia derivata dai recenti colpi di mercato e per un pregiudizio di fondo verso un giovanotto apparentemente sgraziato pagato 23 milioni, si aspettava potesse entrare in maniera così rapida e violenta nei nostri cuori, che da tempo non accoglievano nessuno.
Ci ha tenuto anche a precisare, in questa intervista agrodolce, la questione del possibile addio estivo. Meglio non pensarci, ma questo, oltre al dolore che potrebbe causare, non sposterebbe di una virgola il rispetto e la stima e l’affetto che Skriniar si è conquistato senza lasciar spazio a dubbi.

Qualcuno lo chiama il muro. Un soprannome che nessuno gli ha affibbiato “ufficialmente” ma che è venuto fuori in modo spontaneo, naturale per un difensore contro cui spesso ci si schianta. E anche un po’ nostalgico, evocativo, che mira a segnare una romantica continuità con il muro originale, Walter Samuel, per quella consolatoria tendenza dei tifosi dell’Inter a rimanere aggrappati lì, a quel passato che non passa mai perché il futuro è fermo a un miraggio.

È una dicotomia comica e dolcissima quella che contraddistingue Skriniar. Il gigante coi piedi buoni; il cognome ruvido e la voce stridula; l’aspetto burbero e la sensibilità umana; Milan che gioca per l’Inter. E allora può anche essere un leader silenzioso, sottotraccia. Uno senza i tradizionali connotati del leader – e chissenefrega – ma che per atteggiamento, rendimento e valori può essere da guida per gli altri. E chissà, forse già lo è.

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