Le parole sono importanti. Le parole non passano soltanto un messaggio, ma definiscono un contesto e raccontano molto di chi le ha pronunciate. Conta l’accento, conta la sintassi, conta l’insieme dei contesti nei quali sono state utilizzate. Le parole sono tasselli di una storia, fotografano i momenti per renderli immortali.
Si prenda “Manita“. Oggi se fai cinque gol, non fai più una cinquina: fai una “manita”. E non sono mica la stessa cosa. La cinquina era una goleada autoreferenziale che fino al secolo scorso poteva essere un vanto, una cosa rara in campionati dove spesso il pareggio era cosa buona e giusta per entrambi. Ricorda il totocalcio e il 90esimo minuto. Poi il calcio è cambiato. Poi tutto si è fatto più veloce. Poi, soprattutto, l’egemonia italiana ha iniziato a sfumare ed è arrivato il dominio spagnolo. E qui le parole hanno iniziato ad imporsi. Ed ecco la “manita”: una mano aperta, uno schiaffo, uno sfregio, cinque dita, cinque gol, un’icona. Teoricamente sinonimi, son due parole che raccontano contesti e accezioni differenti. “Manita” nasce in Spagna, diventa storia nel “Clasico”, sublima in simbolo. E quando si trasforma in simbolo, ecco che automaticamente si tramuta in parola universale.
Poi c’è il “Triplete“. Nasce anche questo in Spagna, dove iniziano le vittorie in serie di chi domina il continente e detta legge su ogni fronte. Serviva un titolo, serviva un’etichetta, serviva un hashtag: “triplete”, stupendo, riassuntivo, glorioso. Lo vincono loro, lo fanno proprio, ma poi arriviamo noi: un fulmine a ciel sereno che ha fatto brillare la milano neroazzurra, contro cui hanno tentato di opporre anche una “remuntada” senza riuscirci. Parole spagnole, ancora spagnole, sempre e soltanto parole spagnole. Perché la storia la scrive chi vince, e quando la scrive usa ovviamente parole proprie.
Ancora non sappiamo che storia saremo in grado di scrivere noi, né se saremo in grado di farlo. Ma quel che sappiamo è che ci siamo meritati l’onore di un foglio bianco con un titolo sopra: Champions League. Ma ce la siamo quantomeno immaginata, questa storia: una storia complessa, piena di sorprese, piena di suspance, piena di sofferenza. Una storia con snodi cruciali, con momenti di repentina svolta, popolata di eroi senza paura e di nemici apparentemente indomabili.
Siamo qui, di fronte al foglio bianco, con una musichetta già nelle orecchie e il destino già nelle nostre mani. Ora dobbiamo inventarci questa storia e dobbiamo scriverla con parole nostre. Rendendole, possibilmente, indimenticabili.
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