Cinque domande al Ministro della Difesa (Riccardo Ferri su Skriniar, Inter e i marcatori panda)

Inutile nascondersi dietro un dito, Riccardo Ferri è uno dei giocatori che più ho amato nella mia ormai lunga vita interista. Da quando l’ho visto in campo per la prima volta la mia idea di difensore ha preso forma e volto. Duro, deciso, dotato tecnicamente ma capace di sacrificare ogni ambizione individuale per il bene della squadra, Ferri ha rappresentato per 14 anni (18 se aggiungiamo quelli giocati nelle giovanili dell’Inter), un esempio difficile da imitare e un punto di riferimento quasi impossibile da eguagliare. 290 presenze in campionato con la maglia nerazzurra, 418 in totale, Riccardo ha amato la maglia come pochi, si è immolato alla causa ed è stato capace di soffrire in silenzio nel momento dell’addio (degli addii a dire il vero), e rimanere vicino all’Inter nel corso di tutti questi anni. Opinionista ma soprattutto allenatore ed educatore apprezzato per i suoi progetti nei settori giovanili, ha risposto a 5 domande d Il Nero e l’Azzurro sull’Inter, su un giovane che forse lo ricorda un po’ e sullo stato dell’arte in generale.

La domanda più semplice: cosa pensi di Milan Skriniar? Ti piace? Pensi che abbia ancora margini di miglioramento o credi che con questo inizio di stagione abbia già mostrato tutto quello che può dare?

Mi piace molto Milan Skriniar, penso che abbia ancora grandissimi margini di miglioramento perché è un ragazzo molto semplice, umile e ha grande capacità di apprendimento. In genere quelli che in così poco tempo fanno un salto di qualità così grande e riescono a non perdersi e anzi a migliorare, possono crescere ancora. Giocando in una grande squadra e affrontando palcoscenici diversi e sempre più importanti si è quasi costretti a evolvere ancora e lui è uno di quelli che lo faranno.

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In Skriniar rivedi qualcosa del Ferri 22enne, quello che veniva dalla splendida esperienza nell’Under 21 di Vicini ma che aveva a differenza del giovane slovacco già molte presenze in una squadra di club di grande livello?

Credo che fare dei paragoni e degli abbinamenti sia sempre molto difficile. Forse c’è qualche cosa che ci accomuna, qualcosa in cui ci somigliamo, però anche solo per conformazione fisica siamo un po’ diversi. Lui è molto più alto di me, molto più pesante. Io ero più rapido nel breve, nei primi metri. Ecco, nell’attenzione alla marcatura e nella voglia di rispettare le consegne c’è in effetti qualcosa che ci unisce. Magari io ero ancora un po’ più cattivo calcisticamente parlando, lui è molto più pulito e attento a non commettere infrazioni. Io ero più sprovveduto, se così si può dire…

Quanto è cambiato il ruolo del centrale difensivo negli anni e cosa pensi sia successo alla scuola dei marcatori all’italiana, quel genere di difensore solido e agonisticamente feroce che dopo Fabio Cannavaro pare in via d’estinzione?

Negli anni è cambiata la scuola dei nostri difensori, sono arrivati molti atleti stranieri che hanno portato un cambiamento nella fisionomia delle nostre squadre a livello difensivo. Manca la marcatura a uomo perché la tattica individuale non viene insegnata nel modo giusto, vedo spesso e volentieri errori di posizionamento su palla-avversario-porta, il triangolo che ti insegnavano da ragazzino. Il posizionamento è fondamentale, indipendentemente dal modo in cui giocano le squadre e ci sono difensori che commettono errori evidenti, enormi, che permettono agli avversari di segnare con molta facilità. Allora non succedeva, prendevamo gol perché è inevitabile che succeda ma le consegne dell’allenatore erano più rigide e le marcature erano molto strette, soprattutto  negli ultimi 16 metri c’erano prassi definite e consolidate che rendevano difficile per gli avversari trovare spazio nell’area grande, figuriamoci in quella piccola.

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Quali sono stati (gli altri), centrali difensivi più forti della storia dell’Inter e quali delle loro doti hai amato e ti hanno influenzato di più?

Mi soffermo su tre centrali hanno lasciato nei miei occhi qualcosa di importante. I nomi sono Guarneri, Collovati e Samuel. Avrei aggiunto Cannavaro ma la sua parentesi è stata molto breve e all’Inter ha giocato prevalentemente da esterno destro, ma anche lui rientra nel gruppo ristretto di difensori che a me sono piaciuti per capacità di lettura delle traiettorie, senso della posizione e senso dell’anticipo. Quelli bravi in tutti i sensi, di testa e di piede, veloci a ragionare e veloci a chiudere in caso di pericolo. Quei tre mi hanno davvero lasciato qualcosa dentro. Quando ho incrociato la strada di Collovati ero ancora giovane e lui è quello a cui sono riuscito a rubare il posto, diciamo così, ed è quello che osservavo in allenamento per replicarne i movimenti, quello cui cercavo di rubare qualcosa per migliorare e crescere. Devo dire che Fulvio è stato davvero una guida per me. Samuel, vedendolo da fuori, somigliava molto a quelle che erano le nostre caratteristiche, la grande posizione e la capacità nell’uno contro uno unita all’intuizione di come si sarebbe sviluppata l’azione, un’intuizione avuta sempre prima degli altri.

Ti convince il gioco difensivo di Spalletti, i movimenti dei 4 in linea e la copertura del centrocampo? Siamo finalmente arrivati a una svolta e a un sistema corale che non obbliga la difesa a subire attacchi centrali senza alcun filtro?

L’arrivo di Spalletti ha portato un grande miglioramento nella fase difensiva, che era la prima cosa su cui lavorare. Spalletti è un allenatore eccellente e ha esperienza, sapeva benissimo che il primo intervento andava fatto sulla difesa, come sempre quando si costruisce una squadra. Soprattutto in una squadra in cui la difesa era la nota negativa più appariscente. L’Inter è un progetto nato solo da tre mesi ed è difficile fare paragoni con altre squadre e altri gruppi con ambizioni molto importanti. È evidente però che con quel pizzico di fortuna che serve e con molta consapevolezza l’Inter ha subito molto poco, magari soffrendo più all’inizio con squadre come Spal, Benevento e Crotone e meno contro le ultime che ha affrontato, nonostante fossero più forti e ricche di alternative. Quello di Spalletti è un lavoro che cresce e sta dando dei frutti ma penso ci sia bisogno di innesti importanti, di giocatori che possano elevare il tasso tecnico e la forza dell’Inter. Possiamo dire che siamo sulla strada giusta, c’è coesione tra società, allenatore e squadra e questa è la cosa che mancava l’anno scorso, quando l’anarchia all’interno e fuori dallo spogliatoio portava risultati negativi e delusioni.

 

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