La notizia è che, a meno di clamorosi scivoloni contro una squadra già salva, la tanto agognata qualificazione alla prossima Champions League ce la giocheremo all’ultima giornata contro la Lazio. Buono. Anzi, direi ottimo. Nel percorso di crescita di questa squadra era difficile, obiettivamente, chiedere di meglio, dando per scontato, col senno di poi, che Juventus, Napoli e Roma avevano accumulato troppi anni di vantaggio sulle ceneri dei nostri progetti tecnici disfatti di anno in anno come la tela di Penelope. Ecco perché, prima di ogni considerazione sullo scontro diretto dell’ultima giornata, ci preme sposare la tesi di Paolo Condò, ovvero che la continuità di questo progetto tecnico non può dipendere dal raggiungimento dell’obiettivo. Certo, tra arrivare quarti o quinti passa un universo fatto di denari da investire, gloria e ambizioni dei calciatori che dovranno scegliere se venire /restare a Milano o andare a giocare altrove. Ma il punto non è questo.
Non si può smontare tutto per una partita, per 90 minuti di giuoco e per una qualificazione che può passare da tanti troppi fattori. Ergo, Spalletti deve ricominciare dalle indicazioni che questa stagione ha offerto. Dalle cose positive (molte) e da quelle negative (abbastanza, ma molte prevedibili). Dalle virtù e dagli errori, compreso quello del cambio di Inter – Juve, ammesso e non concesso che restando così come eravamo o spostando solo una pedina sarebbe andata a finire in maniera diversa. Perché tutto fa parte di un percorso di crescita. Percorso che sarebbe più bello se potesse continuare con Skriniar, Cancelo, Rafinha, Icardi, Brozovic e magari qualche innesto pesante lì dove ce n’è bisogno: un centrocampista, un terzino, una punta, un portiere. Facendo partire magari qualche giocatore che è a Milano da troppo tempo in un ruolo chiave in cui ha convinto, ma mai fino in fondo. Da qui non si scappa. Ora si può pensare ai prossimi 180 minuti.
Poco importa cosa farà la Lazio a Crotone, onestamente. Si può arrivare allo scontro diretto sotto di due punti, a pari punti, persino in vantaggio di uno. Certo lo scenario di giocarsela a pari punti, con l’andata finita 0 a 0 e quindi di godersi la partita come se fosse il ritorno di una gara di Coppa, non è male. Al bando la scaramanzia. Il 5 maggio era un’altra cosa. Noi super motivati e con tutto da perdere, Lippi che grida al disgusto prima ancora di giocare, i tifosi laziali che tifano per noi, Gresko e Poborski, Ronaldo e Simone Inzaghi, Zaccheroni avvelenato, lo scenario ideale per mandare tutto all’aria. Il 20 maggio sarà diverso: sarà noi contro loro, niente notizie dagli altri campi, niente “Ohh no“, solo uno scontro tra due squadre che hanno fatto il campionato che ci si doveva aspettare da loro. A due giornate dalla fine sembra che noi ci arriviamo meglio. La Lazio avrà fuori due giocatori fondamentali (Immobile e Luis Alberto), noi forse riusciamo a giocarcela con tutti i migliori, escluso Gagliardini.
Non è la partita di Udine a giustificare il mio ottimismo. Troppo facile giocare contro una squadra (e un allenatore, o una coppia di allenatori) oggettivamente allo sbando, che ci ha spianato la strada sbagliando tutto ciò che poteva sbagliare, restando persino in 10 nel secondo tempo. È la partita contro la Juventus la vera cartina tornasole. C’erano due possibilità dopo quella sconfitta: mettersi a piangere e urlare contro le ingiustizie del mondo e soccombere, oppure riconoscere, e riconoscersi, la grandezza di un’impresa sfiorata contro una grande squadra (non vincerà il settimo scudetto per caso) in 10 contro 11. Spalletti ha optato per la seconda strada, rendendo questa squadra consapevole del proprio processo di maturazione e padrona del proprio destino. Ora non resta che giocarsela fino in fondo, sapendo benissimo che la Champions è di un’importanza siderale, ma non tale da buttare le carte all’aria qualora non dovesse arrivare.
Questo sì, sarebbe imperdonabile.
Tutto vero, il problema è che oltre a 3-4 innesti bisognerebbe prima confermare quei due che davvero in questo momento stanno facendo la differenza per noi, ossia Cancelo e Rafinha, ma mi par di capire che sarà già molto se riusciremo a tenerne solo uno al di là del piazzamento finale.
In particolare il portoghese credo che sia uno di quei giocatori che vale assolutamente quel prezzo e che può diventare un giocatore determinante (più di quello che è già) in un ruolo che, in questo periodo storico, sta diventando sempre più fondamentale.
“Dalle cose positive (molte) e da quelle negative (abbastanza, ma molte prevedibili)”
Proprio qui, per una volta mi sembra di poter puntare il dito; i limiti di rosa sembravano chiari fin dall’inizio e il campionato ili ha abbastanza chiaramente confermati.
Secondo me abbiamo pagato principalmente due aspetti:
– riserve tecnicamente inadeguate a sostenere la squadra durante il calo fisico dei giocatori più importanti (soprattutto di punta)
– centrocampo con pochi gol.
Se riuscissimo a confermare l’allenatore e la squadra (inserendo magari 3-4 giocatori credibili, anche a costo di perderne uno) potremmo ambire ad agganciarci alla Juve per provare a coglierne le possibili difficoltà (che prima o poi arriveranno).