Cosa sarebbe cambiato se avessimo portato a casa, non dico tre punti, ma almeno un pareggio? Che saremmo ancora in corsa per i sedicesimi – lo siamo ancora, per la matematica, ma già nominare questa parola “matematica” fa molto Bortolo Mutti – e poco altro. Sì perché per i “resultadisti” quella di stasera poteva sembrare addirittura una buona partita. Ordine, concentrazione, spirito, le parole chiave di Vecchi. Che non ha colpe, chiariamolo subito, caso mai qualcuno volesse imputarci una strenua e insopportabile difesa di F. de Boer. Quello che dovevamo dire, l’abbiamo detto, ora parliamo del presente, e dell’Inter. Ordine, concentrazione, spirito. L’ha detto Vecchi, e per un’ora è stato così. Un’ora. Precisa. In quell’ora abbiamo addirittura pensato di poterci riprendere l’Europa, tornando dall’Inghilterra con 3 punti e una discreta dose di fiducia. Handanovic che para un rigore inesistente (ci torniamo su questo punto), Ranocchia, che ad un certo punto fa un tackle all’inglese, sugli scudi; Candreva e Perisic abili ad allargare il gioco e garantire cross in mezzo. Un’ora. Il tempo di vedere un pallone carambolare contro la traversa e rimbalzare dove non deve. Nella terra di nessuno dei nostri. Poi il delirio del giapponese. Ora, io mi auguro che in questi cinque anni siano state vendute almeno un centinaio di maglie nel Sol Levante, perché altrimenti 5 anni di Nagatomo non si spiegano.
Prima di parlare della buona volontà di Vecchi, dico che dispiace vedere buttato, o sarebbe più corretto dire ripudiato, il lavoro di de Boer. I triangoli stretti, Banega che viene in basso a giocare il pallone, Icardi che fa a spallate lontano dalla porta. Come, che dite? L’abbiamo visto solo due volte? Sì, ma che belle sono state. Chiaro che un nuovo, provvisorio, allenatore avesse un compito preciso: sconfessarlo il più possibile. Senza dirlo spudoratamente ma cercando in tutti i modi di non somigliargli. È quello che farà anche il prossimo? A proposito, a che punto siamo con il casting? Non è che qualcuno ha pensato anche di selezionare un preparatore atletico, visto che siamo a novembre e le nostre partite durano un’ora? Frank de Boer le faceva iniziare più tardi, oggi abbiamo visto l’esatto contrario: con un primo tempo da Internazionale (l’ultima squadra italiana ad aver conquistato l’Europa, ogni tanto giova ricordarlo) e un secondo tempo da provinciale.
Forse tra qualche settimana qualcuno si accorgerà che non era colpa di de Boer, non è colpa di Vecchi, e non sarà colpa di quel povero (si fa per dire) disgraziato che verrà, se la squadra vessa in una condizione atletica che rasenta il ridicolo. Un’autorete come quella di Nagatomo non è solo un errore dovuta alla carenza di fondamentali, e in ogni caso parliamone, ma è un errore di stanchezza, di paura, di panico. Un errore figlio del fiato corto di uno dei giocatori che non dovrebbe avere di questi problemi, vuoi perché è tra i primi ad aver iniziato la preparazione, vuoi perché tra tanti difetti aveva un pregio, una volta: la corsa. Persino Miranda è apparso stanco e spaesato, per non parlare di Banega. Vi prego restituiteci il fenomeno di fine settembre. Sulla partita di stasera c’è poco altro da aggiungere: si parlerà di volontà, di carattere, di gruppo coeso e di sfortuna.
Tutto vero, ma se questa partita doveva dirci qualcosa, ci ha detto semplicemente che non siamo pronti, che ce la facciamo addosso in uno stadio rumoroso, allegro e colorito che è costato meno di Kondogbia, che gli arbitri internazionali ci dicono “shut up” con l’indice puntato sul naso come si fa con in seconda categoria e non con una in Europa. Soprassediamo sul rigore delirante e sui falli di confusione fischiati nel finale, visto che c’è un altro rigore clamoroso non dato per una trattenuta di Ranocchia e un rosso condonato a Candreva. Non soprassediamo invece sull’ennesima prestazione mediocre di certi giocatori, ai quali forse conviene dire, e tra le righe l’hanno fatto, che giocavano contro l’allenatore. Se non altro possono illudersi di essere calciatori di un’altra fatta, e invece questo sono: mezzi uomini e pure mezzi giocatori.
Ci restano la speranza e l’illusione che verranno giorni migliori. E la consapevolezza di essere tifosi di carattere, un carattere messo a dura prova in questa stagione balorda. Proprio mentre termino il pezzo sento Evra chiamare all’appello i suoi tifosi. Quelli che vengono da 5 scudetti consecutivi e fischiano per un pareggio in Champions. Noi ci siamo esaltati per una parata di Handanovic su un rigore che non c’era. Loro mettono in discussione quell’allenatore, noi applaudiamo un tentativo di bel gioco senza lieto fine. Loro non vorrebbero essere noi e non vorremmo essere loro. Nemmeno dopo questa figuraccia, nemmeno stasera. Ecco perché vado a dormire tutto sommato sereno. Perché tra tutti quelli che devono farsi un’esame di coscienza, per questa situazione grottesca, non ci siamo noi. Anzi, siamo già pronti ad emozionarci ancora. O a inveire in giapponese. Seppuku.
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