Se questa è la normalità

Un tiro di piatto, arrivando alla chetichella in mezzo all’area, appoggiando un pallone lento in mezzo alla porta. Qualcuno lo potrebbe vedere come un elogio alla normalità, come se l’eccezione possa essere soltanto un testosteronico sfondare la porta.

Invece in questo affondo di Darmian c’è la qualità più sublime di chi sa cosa fare e sa quando farlo. Di chi non ha bisogno di affermare sé stesso, ma soltanto buttare il cuore oltre l’ostacolo e la palla dentro quella rete.

Lo chiamavano normalità

Alla chetichella ci era arrivato a suo tempo in questa squadra, in punta di piedi come una ballerina, in punta di archetto per ben figurare in questa orchestra. Deve aver bussato discreto alla porta, quel giorno: “sono Matteo, Matteo Darmian“, e gli aprirono la porta. Non un uomo da Super League, tanto per intenderci. Eppure, partita dopo partita, le scelte sono andate in quella direzione, alla ricerca di quella pedina dal giusto incastro, per trovare l’inserimento che conta nel momento che serve.

Matteo Darmian per qualcuno potrà essere l’elogio alla normalità, ma è invece dimostrazione chiara di quanto sia l’eccezione che serviva per confermare una regola. La regola ci ha visti vincenti a San Siro con un filotto impressionante, una cavalcata che potrebbe restare alla storia (la scaramanzia ha definito la coniugazione verbale di questa frase). L’elogio sia piuttosto per chi (diciamolo) in quella normalità ha intravisto un potenziale. E questo potenziale lo ha trasformato in oro.

Matteo Darmian, Inter-Verona, 1-0

Per prenderci questi tre punti non abbiamo sfondato la porta, non abbiamo trovato il sublime incanto della giocata dal basso, non abbiamo trovato la combinazione veloce. Bastava un giocatore normale, con una corsetta normale, che al termine di un normale inserimento la mettesse pian pianino a centro porta. Ogni quel giocatore che cercava in punta di archetto un ruolo in questa sinfonia, ha improvvisamente trovato un ruolo da solista del tutto meritato.

Siano sue le copertine, sia suo il boato di un San Siro distribuito in tutta Italia, sia suo l’abbraccio di una tifoseria che in questo momento non vuole polemiche né futurologie: c’è solo voglia di tanta, beata, normalità. Una nuova normalità. Questa normalità: quella che la classifica racconta dopo che quel pallone è entrato alla chetichella nell’ennesima porta stregata.

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