Riflessioni notturne di un interista frustrato

di Vincenzo Renzulli

Sono le 3 di notte, sono appena rientrato a casa. Napoli di sera ha una magia tutta sua. Era da tanto che non mi immergevo tra i vicoli del centro storico, che non respiravo quell’odore di pizza e di frittura che si sprigiona dai locali lungo via dei Tribunali. Ho trascorso la serata con due amici storici dei tempi dell’Università, che come tanti si sono trasferiti altrove per lavoro, ma che quando rientrano per qualche festività sono sempre i primi a farsi sentire per una rimpatriata a base di buon cibo, risate e calcio. Si, il pallone è sempre presente nei nostri discorsi.

Si parla della perfezione dell’Amsterdam Arena (visto che uno dei due lavora ad Amsterdam e recentemente ha visto lì Olanda-Italia) rispetto ai nostri stadi obsoleti, e ovviamente di Napoli. Loro tifano per gli azzurri e sono contenti del bel gioco e di tutto il resto. La squadra è giovane, in prospettiva può crescere ancora, ma presto il discorso finisce su Inter-Milan (anche se nel frattempo si sta giocando Napoli-Udinese, e dalle urla di gioia che si sentono ogni tanto capisco che i Sarri boys alla fine un paio di gol dovrebbero averli segnati). Io prendo sul ridere i loro sfottò sul recupero eterno di Orsato, sulla difesa piazzata a su quell’ultimo calcio d’angolo, sui cambi senza senso di Pioli, sui cinesi che non ci capiscono una mazza. Mi sembra di aver digerito la delusione, si va avanti. E poi alla fine anche noi nel Derby d’andata pareggiammo all’ultimo secondo, su calcio d’angolo, su una spizzata in area per l’uomo sul secondo palo. Il calcio dà, il calcio toglie.

A casa però, una volta rientrato è diverso. Sono solo e ripenso a me sul divano, qualche ora prima, a fissare lo schermo della televisione mentre gli increduli calciatori milanisti e la nuova dirigenza dagli occhi a mandorla esultano dopo la convalida del gol in cui ormai non speravano più. Maledetto Orsato, maledetta difesa che si è dimenticata di Zapata, maledetto lo stesso Zapata che un gol in acrobazia come quello non lo ha mai segnato neanche a PES. Non ho smaltito proprio niente, anzi, a mente fredda sto peggio di prima. Il Milan, escluse le accelerazioni di quel piccolo diavolo di Deulofeu (che quando parte sembra Speedy Gonzales) e qualche giocata di Suso (ben tenuto da Nagatomo, pensa te) non mi è sembrato niente di trascendentale. Una squadra unita e con un’idea di gioco precisa, questo è da ammettere, ma poco di più.

La partita l’abbiamo pareggiata noi, non loro, l’ha pareggiata Mister Pioli con delle scelte incomprensibili. Ha ragione Roberto nelle sue pagelle “sante”: ha tolto in ordine l’uomo in grado di creare superiorità in contropiede (Perisic), quello che fino a quel momento era stato nettamente il migliore dei nostri (Joao Mario) quello che sembrava essere il più in forma (Candreva, che però a parziale giustificazione di Pioli era stremato) per mettere Biabiany, che ormai pensavo disperso in qualche bosco nei dintorni di Appiano. L’ingresso di Murillo in campo al posto del portoghese, con Montella che poco prima aveva mandato in campo Lapadula per l’ultimo assalto disperato con tutti gli attaccanti, è stato un errore imperdonabile.

La squadra da quel momento in poi non ci ha capito più niente, l’assetto diverso ha fatto saltare le distanze e le posizioni. Psicologicamente poi ha avuto sul Milan lo stesso effetto della siringa d’adrenalina piantata da John Travolta/Vincent Vega nel petto di Uma Thurman/Mia Wallace in overdose, nella scena cult di Pulp Fiction: rianimazione immediata.

Ahinoi, non siamo proprio capaci di gestire un risultato, non è nel Dna di questa squadra chiudersi dietro per difendere un vantaggio. L’Inter deve giocare sempre a ritmi alti, deve macinare gioco fino alla fine perché non ha ancora la capacità di scalare marcia. Un difetto che Pioli non è riuscito a correggere.

Rivedo per l’ultima volta le interviste, gli highlights, ascolto le parole di Montella che stavolta ha da ridire sul presunto tempo perso dai nostri (bravo allenatore eh, ma il suo modo di dire cose anche sgradevoli con quel sorrisetto beffardo mi sta un po’ sulle scatole). Spengo, vado a letto. Quest’anno, tra Pasqua e Pasquetta, per la prima volta la cosa più difficile da digerire non sarà la pastiera di mia madre.

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