Non sono mai stato in Europa oltre il campo di San Siro (Samuele Bersani, Coppa Uefa)
Mauro, Frankie, Samir, non facciamo scherzi. Che già giocare contro una squadra che ha il suffisso Sheva nel nome mi mette di cattivo umore, e mi ricorda Cordoba puntualmente uccellato dal numero 7 rossonero. Non facciamo troppo gli spiritosi, perché la Coppa Uefa è una cosa seria, anche se gli hanno dato questo nome globish “Europa League” che ne ha svilito il fascino. Quando ero piccolo litigavo con gli amici milanisti perché amavo ricordargli che quelle nostre Coppe erano trofei veri, tornei sudati dove si giocava contro quattro squadre spagnole, quattro tedesche, quattro inglesi e poi quelle terribili portoghesi come lo Sporting Lisbona e il maledetto Boavista, fino alle slave come Partizan di Belgrado. Ma sopratutto si giocava contro le italiane, ed era un incubo, perché quando affronti in un quarto di finale l’Atalanta o in semifinale il Cagliari che ha già fatto fuori la Juventus, hai tutto da perdere.
La prima grande finale nerazzurra si giocò contro la Roma, nel 1991. Due a zero a San Siro con Matthaeus e Berti, poi uno a zero per loro all’Olimpico in una delle partite più trapattoniane della storia, con l’Inter che non esce mai dai 16 metri e un raccattapalle che si prodiga a far riprendere il gioco velocemente per aiutare la sua squadra a raggiungere almeno i supplementari. Il raccattapalle, che all’epoca ha 14 anni, si chiama Francesco Totti e vorrebbe tanto aiutare Rizzitelli liberarsi dalla marcatura di Ferri e Bergomi. Quel torneo vide una rimonta prodigiosa contro l’Aston Villa (da 0-2 a 3 a 0), l’ostacolo Atalanta e la semifinale contro lo Sporting Lisbona. Ma per noi “Coppa Uefa” vuol dire anche la cavalcata di Berti ragazzo magico contro il Bayern Monaco, due anni prima. Uno di quei gol che restano per sempre impressi nella memoria, perché c’è la voce di Bruno Pizzul che si emoziona, la neve intorno in campo, gli emigrati italiani che piangono di gioia. Sopratutto c’è la consacrazione di un ragazzo, Nicola, a idolo nerazzurro di sempre.
Poi i tedeschi ci sbatteranno fuori a Milano, in una partita scellerata, ma questa è un’altra storia. Do you remember Coppa Uefa, nella stagione in cui ci siamo salvati all’ultima giornata o giù di lì, mentre i nostri olandesi (da dire sottovoce, per non nominare invano quelli degli altri) aspettavano il mercoledì sera per farsi belli. Quella Coppa (1993/1994) porta, ancora una volta, i nomi di Berti (che gol il suo a Salisburgo), Jonk e Zenga. Dennis Bergkamp gioca male in campionato ma in Uefa mostra di ricordare bene come si gioca a calcio. A settembre, contro il Rapid Bucarest l’olandese mette in mostra il suo repertorio. Tripletta e gran gol in acrobazia. Alla Bergkamp. Passa il turno da solo contro gli inglesi del Norwich, segna un gol fondamentale nella semifinale contro il Cagliari. Il timido e pauroso giocatore che vediamo in campionato si trasforma nel campione che vedremo solo altrove, in nazionale e nelle sue meravigliose stagioni inglesi, all’Arsenal.

Parlare della Coppa del 1998 è fin troppo facile. È l’antidoto al 27 aprile, allo scontro tra Iuliano e Ronaldo. È una Coppa che fa rima con “Fenomeno“, perché la copertina di quel trionfo non può che essere il dribbling a Marchegiani che suggella una finale questa volta sì, dominata. Ma è anche il tiro all’incrocio del Capitano, uno dei tre-quattro azzeccati in carriera. È Ronaldo, ancora lui, che danza divinamente sul ghiaccio a Mosca, lo sciuscià Moriero che lustra i turni meno nobili, i sedicesimi contro il Lione e difficilissimi ottavi contro lo Strasburgo, quando si rimonta dallo o – 2. C’è sempre una grande rimonta da ricordare. Ai quarti c’è lo Shalke ed è una partita perfida, perché un anno prima proprio i tedeschi ci hanno soffiato la Coppa un anno prima dopo l’estasi del gol di Ganz all’ultimo secondo e dopo che Zanetti e Hodgson, due tra le persone più miti del mondo, erano riusciti a litigare prima dei calcio di rigore maledetti. Ma sono tre coppe e una semifinale in otto anni. Ok, non saremo il Siviglia, che ne vince tre di fila, ma siamo l’Inter e tanto basta. Non facciamo gli stronzi, ragazzi. Che questa è una Coppa seria.
Hanno fatto gli stronzi invece…
Non ho potuto vedere la partita e a questo punto non vedrò nulla…
Spero solo che certa gente si renda conto di essere miracolata a vestire la maglia neroazzurra, per nostra maledizione evidentemente, visto che non è in grado nemmeno di battere in casa una squadra israeliana…