Di Vincenzo Renzulli
Inter-Fiorentina è stata una partita con all’interno una moltitudine di eventi significativi: il ritorno di Pioli a San Siro, la prima vittoria in una gara ufficiale di Spalletti in nerazzurro, il rientro in grande stile di Icardi dopo l’estate trascorsa a rimettere in sesto i muscoli infortunati, la conferma di Perisic come leader tecnico della squadra dopo i corteggiamenti british del Manchester di Mou e della solidità difensiva del “piccolo muro” Skriniar. Lui, Miranda e un Handanovic sempre sul pezzo hanno mantenuto imbattuta la porta anche in una partita che valeva 3 punti, dopo l’estate di vittorie prestigiose e spesso immacolate.
In mezzo si sono visti ancora una volta le geometrie e i tocchi di fino di Borja Valero (Firenze per lui significa tanto, ma ha saputo nascondere bene l’emozione), che depura palloni difficili e li trasforma in perle (uno così, all’Inter, mancava dai tempi del miglior Cambiasso). La classe cristallina di Borja abbaglia, ma rischia di offuscare il lavoro dell’altro ex viola, quel Mati Vecino che a volte sembra possedere il dono dell’ubiquità. L’uruguaiano non è uno a cui piacciono troppi fronzoli, ma in poco tempo ha fatto già intravedere i motivi per i quali Spalletti ha chiesto fortemente il suo arrivo.
Vecino corre a tutto campo, caspita se corre: l’anno scorso, prima di infortunarsi, era il giocatore che in assoluto di più nella rosa della Fiorentina, con una media di 11,235 km a partita nel nostro campionato.
L’indole da tuttocampista è venuta fuori quando Sarri, a Empoli, ne ha capito le qualità atletiche e lo ha schierato interno destro del suo centrocampo a 3, e si è sviluppata ulteriormente con Paulo Sousa, che lo ha spesso schierato anche davanti alla difesa con licenza di avanzare e di inserirsi negli spazi aperti dalle punte.
Spalletti lo ha riportato più indietro, lasciandogli però la libertà di avanzare quando ritiene opportuno. E sapete chi è stato il giocatore dell’Inter che ha corso più chilometri domenica? Mati Vecino. Il contachilometri si è fermato a 12,3, più di Perisic che un paio di volte abbiamo visto tornare in difesa con scatti di 70 metri. Più di tutti gli altri esterni, che di solito sono quelli col chilometraggio più alto.
Domenica il gioco è passato spesso dalle sue parti, come mostra anche il grafico dei passaggi che lo vede al centro della manovra. Sponda importante per i passaggi di Skriniar e di Borja Valero, distributore di palloni soprattutto per D’Ambrosio e Candreva, Vecino si è dimostrato elemento imprescindibile per lo sviluppo della manovra.
Quel che manca ancora a Vecino per diventare un tuttocampista completo è la capacità di concretizzare le occasioni da gol. Quel che con Spalletti hanno imparato a fare Perrotta (un giocatore con cui Vecino condivide diverse caratteristiche di base) e Nainggolan, che poi hanno avanzato il loro baricentro dopo aver incontrato il tecnico di Certaldo.
A inizio primo tempo abbiamo avuto un esempio lampante del fatto che Vecino debba ancora migliorare nel concludere in porta: azione verticale che parte dai suoi piedi, palla al centro di Nagatomo e l’uruguaiano che liscia da posizione favorevole con lo specchio della porta quasi sgombro davanti.
L’anno scorso, nella prima parte di stagione, era riuscito a concludere in porta 39 volte senza riuscire mai a segnare. Era anche tra i centrocampisti centrali di Serie A con più tiri nello specchio, 17. Tra conclusioni da fuori da posizioni difficili, pali e parate dei portieri Vecino non era riuscito a convertire nemmeno un’occasione in un gol. Nel finale di stagione si è sbloccato, come ricordiamo bene anche noi interisti, ma sarà importante dare maggior continuità a quella striscia di partite in cui è riuscito a finalizzare come un vero tuttocampista deve fare.
Per la corsa nessun dubbio, Vecino continuerà a fare su e giù per il campo senza sosta. A proposito, tanti auguri di buon compleanno Matias, a 26 anni hai ancora il meglio della tua carriera davanti. Ad maiora.
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