Il capitano eroe: storia di Virgilio Fossati

di Ivano Steri

C’è stato un tempo in cui il calcio, in Italia, non era lo sport più amato. C’è stato un tempo in cui, in Italia, il calcio era ancora una crisalide pronta a sbocciare e a diventare una meravigliosa farfalla. La società FC Internazionale era nata da qualche anno, indossava i colori del Cielo e della Notte e aveva come capitano una ragazzo allampanato, esile, con un paio di baffi appena accennati.

Si chiamava Virgilio Fossati, centromediano formidabile, prima, indimenticabile bandiera nerazzurra.

Virgilio Fossati comincia a prendere a calci un pallone – o qualcosa di simile – durante l’infanzia, alla fine del XIX secolo: il football l’avevano inventato gli inglesi, nel nostro paese era giunto da poco ma già cominciava ad appassionare bambini e adulti; il seme era stato piantato, e Fossati, che vive in zona Porta Ticinese, ama così tanto quel seme da fondare una sua, personalissima squadretta, il Minerva. Al destino, come sappiamo, non manca certo il senso dell’ironia: Virgilio Fossati, futura bandiera dell’Inter, comincia la sua carriera da calciatore vera e propria nelle giovanili del Milan. Il presidente dell’Inter dell’epoca lo vede giocare e pensa bene di vestirlo di nerazzurro; la società aveva emesso i suoi primi vagiti e aveva bisogno di campioni. Gioca come difensore, Fossati, ma la sua visione di gioco, la sua capacità di intuire prima degli altri lo sviluppo del gioco lo portano ben presto a ricoprire il ruolo di centromediano, collante fra difesa e attacco, ruolo delicato oggi come allora.  

Oltre alla visione di gioco, Fossati aveva grinta, carisma, capacità di trascinare i compagni: per questo, quel giocatore così esile e così forte divenne presto capitano e, allo stesso tempo, allenatore dell’Inter.

Anche l’Italia si accorge di lui: Fossati sarà il primo interista a indossare la maglia della nazionale e lo farà nella primissima partita degli Azzurri, contro la Francia, durante la quale segnerà l’unico gol con la sua nazionale con un tiro a parabola che superò l’allora ultimo uomo dei transalpini, Tessier.  Corre l’anno 1910 quando Virgilio Fossati contribuisce alla conquista del primo scudetto dell’Inter, vinto in un leggendario – quanto contestato –  spareggio contro l’allora prestigiosissima Pro Vercelli. C’è un’immagine che racconta meglio di qualsiasi parola quella partita, una foto che ritrae il fiero capitano dell’Inter in compagnia di un ragazzino della Pro Vercelli dotato di una lavagnetta che doveva servire a tenere il conto dei gol dei nerazzurri. La Pro Vercelli aveva deciso di schierare una squadra di ragazzini imberbi, nemmeno adolescenti, per protestare contro la decisione dell’Inter di non accettare un altro rinvio della partita: l’Inter aveva già dovuto accettare lo spostamento della partita nello stadio degli avversari e un primo rinvio. La partita finirà 10 a 3, con doppietta di Fossati, la FIGC stigmatizzerà il comportamento antisportivo della Pro Vercelli, escludendo i giocatori piemontesi dalla Nazionale.

Il capitano dell’Inter segnerà ancora, quattro volte: un gol contro il Piemonte nel dicembre 1911, un gol contro l’Andrea Doria, un altro contro la Racing Libertas (squadra milanese che giocava nell’attuale quartiere San Siro) e, infine, uno contro il Modena, nella stagione 1914-1915. Già, il 1915, quel maledetto 1915. La guerra, la Grande Guerra, era scoppiata nel luglio 1914, ma non era ancora arrivata in Italia, lacerata dal conflitto tra interventisti e neutralisti. L’Italia, che fa parte della Triplice Alleanza, conduce alcune trattative segrete con le forze della Triplice Intesa: è disposta a entrare in guerra, ma solo in cambio di Trentino, Tirolo meridionale, Venezia Giulia e altri territori che considera suoi. Il 26 aprile firma il Patto di Londra, il 23 maggio dichiara guerra all’Austria-Ungheria. L’Italia entra ufficialmente in guerra.

Nel frattempo, nel maggio 1915, Genoa, Inter e Torino sono distanti pochi punti. Manca una gara, lo scudetto è vicino ai liguri, ma c’è la possibilità che le tre squadre si ritrovino a pari punti alla fine del girone. Potenzialmente, tutto è aperto. Il Comitato Direttivo della FIGC, però, decide di sospendere le gare. Il conflitto non può attendere.
Fossati viene chiamato al fronte: è prima sottotenente al 68° Fanteria, poi promosso capitano – di nuovo il destino, il beffardo destino. Quel ragazzo (sì: ragazzo) allampanato, esile, dai baffi appena accennati, centromediano formidabile, troverà la morte il 29 giugno 1916, a Monfalcone, durante un’azione militare.

Virgilio Fossati, prima bandiera dell’Inter, centromediano formidabile, capitano ed eroe, ha avuto un destino infausto, condiviso con quello di milioni di altri ragazzi. Il campo di Via Goldoni, intestato a lui, ancora risuona delle sue gesta calcistiche.

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