Di Fulvio Santucci
La premessa è che non avrei voluto scrivere niente su questo argomento. Avevo la speranza che non ce ne sarebbe stata l’esigenza ed è un dannato ginepraio in cui infilarsi, perché tipicamente se hai una squadra del cuore dichiarata tutto quello che fai è tirare acqua al tuo mulino: fotografare la situazione dall’alto, o quantomeno provarci, diventa quasi sempre un esercizio in cui devi mollare la reflex e prendere un secchio da svuotare addosso agli schiamazzi incendiari di chi sta a terra. Non sorprende quindi aprire il giornale e trovarsi davanti ad uno specchio che inganna proponendo il riflesso di Massimo Mauro, sparso come una spora in un giorno da Sky al cielo, dal Club ai pub, dagli argomenti di Caressa dopo il break agli argomenti della ressa in area break.
Contenuti che ai miei occhi evidenziano una certa povertà intellettuale, in tele sembrano arricchiti ma ammiccano ad una aperta omertà culturale. Il riassunto di Mauro è che siamo così. Siamo così, è difficile spiegare. Siamo così, non rompeteci i coglioni con certe diavolerie. Siamo tipi da moviola, tiepidi con chi viola. Crediamo nella compensazione, mai nel compenso. Preserviamo l’esultanza spontanea e serviamo la polemica costruita. Abbassiamo i toni di chi si risente ed abbattiamo i tuoni di chi dissente. The show must go on come conditio sine qua non. Siamo tutti così secondo Mauro, ma nessuno vorrebbe essere come Mauro per un secondo. Perciò urge sottolineare che qua stiamo parlando di VAR e non di Varietà. Partiamo dai concetti base. la regolamentazione non è giustizialismo ed il giustizialismo non è regolamentazione: il VAR non nasce per cambiare le regole del gioco, ma per ripristinarle. Non è la prepotente autorità che nega i diritti, è lo strumento di sorveglianza che ricorda i doveri.
Quando Mauro dice “questo non è calcio” parla di una logica in cui la regola è l’errore contemplato e la sua contemplazione tra le regole è errata; la logica del chiudere un occhio che poi ci si aggiusta anzichè la logica in cui si aggiusta l’occhio chiuso. Il VAR è questo e nessuno gli chiede di essere infallibile, nessuno tranne chi pensa che se non è infallibile è infattibile. Ecco, questo è il modus vivendi di chi considera che le regole esistono solo se sono applicate da un’entità superiore, anziché considerare che le regole esistono per essere seguite. Il Massimo Mauro icona che reputa le regole come limiti alla spontaneità e la cui reputazione è spontaneamente limitata, agli occhi di chi si regola. Non siamo così, non è difficile spiegare.
Ci piace il VAR, perchè siamo uomini di sport all’inseguimento di una cultura sportiva che si staglia seguendo lo stesso filo da De Coubertin al campetto più impolverato di periferia: si gioca allo stesso gioco se le possibilità sono le stesse. Non è azzardato dire che il concetto del VAR, per definizione, reinnesta un percorso di cultura sportiva fino ad oggi invocato alla bisogna e mai intrapreso: ci saranno tempi da limare, lezioni da imparare, errori da tollerare, meccanismi da perfezionare. Il VAR si deve supportare, non si deve sopportare. Il supporto al VAR non ci rende cavalieri della giustizia calcistica, ci fa solo cavalcare un calcio giusto. Saremo disarcionati alla svelta se per chiedere un rigore usiamo un rigore che fino allo scorso anno era un’inopportuna alzata di toni contro l’arbitro ed ora è diventata un’opportuna alzata di scudi contro il VAR (che tra l’altro è sempre un arbitro, nonostante Massimo Mauro pensi tuttora si tratti di burocrati in un ufficio postale). Queste sono le cose che mi piacerebbe sentire da capitani, allenatori, DS e Tv ufficiali: mi piacerebbe sentire che se la nuova strada ha delle buche si riparano le buche, anziché far intendere che la soluzione è tornare sulla mulattiera comoda solo per chi sta davanti e pericolosa per tutti gli altri.
Mi piacerebbe sentire che sono meglio 7 minuti in più di calcio che 7 giorni in più di veleno. Se non sentiamo nostri questi principi, per quanto mi riguarda possiamo anche smettere di inserire il calcio nella categoria dello Sport. Ci resterebbe una sola domanda, anche se intrigante: se il calcio finisce di essere uno sport, come altro potrebbe guadagnarsi da vivere Massimo Mauro?
pur essendo d’accordo sul concetto di base, io invece avrei preferito leggere solo l’ultimo paragrafo, bello chiaro e pregno di significato, senza tutti quegli equilibrismi verbali e quei giochi di parole stucchevoli da politicante di professione che stancavano già alla seconda riga e mi hanno ripetutamente invogliato a chiudere una pagina che più che un articolo pareva un esercizio di stile.
D’accordo, Mauro è una mezza calzetta d’uomo, mediocre e moralmente disonesto, ma controbattere in questa maniera ridicola è davvero triste …
peccato che come non saranno a favore gli errori come con benevento e fiorentina direte il contrario e seminerete altri veleni.
una tecnologia nuova è uno strumento di per se non risolve tutti i problemi semmai li riduce e li sposta e ne crea nuovi appunto riguardo al suo più efficace utilizzo.
fiero del mio club che forte del suo valore non fa del var un dogma intoccabile e lo discute mentre altri recitano la parte del difensore strenuo di una tecnologia quando al primo errore lanceranno anatemi contro tutto e tutti mentre sarebbe più saggio guardare a questa teconoligia come a tutte le tecnologie che giustamente vanno tarate secondo le necessità di chi la utilizza e per averne le migliori prestazioni possibili.
sono tante già le squadre ad essersi lamentate ciò dovrebbe portare a un sereno dibattito sul come usare/migliorare uno strumento nuovo ma si è sordi per stupidità o convenienza? boh
iniziamo col dire che vale sicuramente la pena sperimentare per alcune fattispecie di gioco:
1) condotta antisportiva (es. zidane materazzi)
2) dentro fuori area
3) fuorigioco con chiaro vantaggio tecnico ( non il piede o il gomito ma l’essere fattivamente avanti e beneficiare di un vantaggio tecnico congruo)
4) scambio di persona in ammonizioni o espulsioni
5) condotta violenta ( piede a martello o gamba alta )
6) regolarità calci di rigore ( vizio di entrare in area prima e conferma nella loro assegnazione)
in questi 6 casi vale sempre la pena interrompere il gioco perché è molto raro che si sbagli una seconda volta ma è anzi facile che si prenda se non sempre quasi sempre la decisione giusta.
ora prima di allargare questo ai contatti o alle decisioni opinabili non solo in questa fase sperimentale sarebbe serio discuterne apertamente in un dibattito serio ma quelli che oggi difendono il var sono quelli che alla prima occasione parleranno di sistema perché appunto il var è uno strumento che non si sostituisce alla cultura sportiva che è l’antitesi della cultura del sospetto o del complottismo sottocultura maggioritaria nel calcio italiano e nel paese in genere purtroppo.
finché ci saranno uomini ci saranno errori che vanno accettati se no è stupido non accorgersi che si pretende la sportività altrui senza mai badare a quanto si è realmente sportvi.
È esattamente il prnsiro di tutti gli sportivi veri, non dei tifosi o peggio coma Mauro. Guardate chi si lamenta del VAR e capirete chi non ha ina cultura sportiva. Scritto benissimo con slcuni paddaggi notevoli.
Complimenti.
BRA VI SSI MO!!!!!!!
con un sistema VAR così arbitrario da favorire i soliti noti e sfavorire sempre i deboli è facile scegliere di difendere la novità senza entrare nel merito del senso di quella critica.
articolo che aveva un inzio interessante ma che si è perso due righe dopo nel nulla.occasione sprecata
Ottimo Santucci. Ma detto da un interista come me può solo aizzare facili ironie. Ma potevo non dire di esserlo. Invece me ne vanto. Caro si fa per dire Mauro.