di Ivano Steri
È il 22 maggio 2010. A Madrid, l’Inter ha appena conquistato
la terza Coppa dei Campioni della sua storia – adesso si chiama Champions
League, ma la sostanza è la stessa: i nerazzurri, dopo 45 anni di attesa, sono
di nuovo sul tetto d’Europa. Sul campo, a festeggiare con capitan Zanetti,
Eto’o, Snejider, Milito e mister José Mourinho, c’è un signore che ha sposato
la causa dell’Inter tanti anni prima, quando non aveva ancora vent’anni e con
il fratello Franco arrivava a Milano per tentare il salto nel calcio che conta.
Quell’uomo è il vice di Mourinho, e si chiama Giuseppe Baresi.
Giuseppe Baresi, Beppe, nasce nel 1958 a Travagliato, in provincia di Brescia,
in una famiglia numerosa. Baresi cresce con il mito della Grande Inter, quella
squadra zeppa di campioni che aveva conquistato il mondo, ma ammira anche Gigi
Riva, campione vero, soprattutto per la decisione di restare nella sua terra
d’adozione, la Sardegna, rinunciando alla Juventus.
I genitori di Beppe scompaiono presto: è la sorella Lucia a prendersi carico
dei fratelli minori. Giuseppe e Franco hanno rispettivamente 19 e 17 anni
quando Guido Settembrino, allenatore che aveva cominciato la carriera nel
Travagliato, li porta a Milano, sponda Inter. I dirigenti nerazzurri prendono
Beppe, ma non Franco, considerato troppo gracile per il calcio professionistico
(il resto della storia calcistica di Franco, vissuta sull’altra sponda di
Milano, la conosciamo).
Beppe, così, veste la maglia dell’Inter per la prima volta. Non ha piedi da
fuoriclasse, ma ha grinta e determinazione da vendere. Inoltre è serio, mai una
parola fuori posto, mai un’uscita infelice.
“Ero un ragazzino di 19 anni – ha raccontato in un’intervista
a Pianetacalcio.it –, che veniva dal settore giovanile, e giocare a
San Siro, in prima squadra, davanti a 60mila spettatori, fu una grande
emozione”.
Beppe Baresi entra in pianta stabile nella rosa della prima squadra: gioca
dapprima terzino, poi mediano, ruolo che predilige, soprattutto perché ama
occuparsi del giocatore avversario più forte, anche se i nomi a volte fanno venire
la pelle d’oca (Maradona, Platini). Altri, meno blasonati, gli danno comunque
qualche grattacapo, per esempio Claudio Sala, giocatore difficile da marcare,
perché a una buona tecnica unisce un ottimo fisico.
Nel 1978 vince la Coppa Italia, nella stagione 1979-80 il primo,
indimenticabile scudetto: Altobelli e Muraro sono spietati davanti, la difesa è
solida, Bersellini è un sergente di ferro che tiene tutti sulla corda. Baresi dà
il suo bel contributo con 30 presenze.
Gli anni passano, le rose cambiano, ma Baresi è sempre lì. Si toglie altre
soddisfazioni (un’altra Coppa Italia nel 1982), ma deve ingoiare qualche
boccone amaro, come la mancata convocazione per il Mondiale 1982 (“lo persi per
colpa mia, mi sentivo un po’ troppo forte, mi prese il rilassamento”, dirà).
L’Inter, comunque, lo tiene con sé, consapevole che senza un’ottima orchestra,
anche solisti come Beccalossi e Rummenigge non potrebbero fare i propri
deliziosi assoli.
Per Beppe Baresi arriva anche la possibilità di partecipare a un Mondiale: nel
1986 fa parte della spedizione azzurra in Messico e nei quarti di finale è
incaricato di fronteggiare nientemeno che Monsieur
Platini. A vincere sono i francesi, l’Italia torna a casa, la delusione è
cocente: “Forse non era una Nazionale all’altezza di quella manifestazione, forse
non sono riuscito a dare quello che avrei potuto dare” ha confessato
all’Huffington Post in occasione dei suoi 60 anni.
La carriera in nerazzurro prosegue, e per Baresi “senior” arriva un’altra
enorme soddisfazione: lo scudetto dei record nell’1988-89. Il Trap non lo
considera titolare, ma come al solito Baresi riesce a farsi apprezzare per la
sua applicazione e la disciplina e colleziona ben 32 presenze.
Beppe Baresi resterà all’Inter fino al 1992, conquistando la Coppa Uefa nel
1991, per poi passare al Modena dove, due anni dopo, chiude la carriera
calcistica.
Nell’Inter, Baresi ha collezionato oltre 550 presenze e segnato 13 gol, ma la
storia d’amore con i colori nerazzurri non termina smettendo la maglia della
prima squadra: prima diventa allenatore degli allievi, poi responsabile del
settore giovanile, finché il 2 giugno 2008 José Mourinho, appena arrivato
all’Inter, non lo sceglie come vice nella conduzione della prima squadra.
Da vice allenatore, Baresi conquista due scudetti, una Champions, una
Supercoppa italiana e una Coppa Italia, ma soprattutto aiuta i nerazzurri a
conquistare il Triplete del 2010, forse il massimo risultato della storia
dell’Inter. “Quelle due stagioni rimarranno sempre nella mia bacheca personale,
il Triplete è stato indimenticabile, fu una cavalcata incredibile”.
Baresi resta nello staff della prima squadra fino al 2014, poi gli viene
affidato un ruolo delicato come quello di seguire le varie Academy nerazzurre nel mondo.
Giuseppe Baresi è un interista vero, innamorato dei colori nerazzurri, che ha
saputo dare un gran contributo sia da calciatore che da allenatore. Ma
soprattutto, è una persona perbene, una di quelle persone di cui siamo fieri
che abbia vestito – e vesta ancora – i colori del cielo e della notte.
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