di Giacomo Dotta
Heila, fermi tutti: questa domenica abbiamo o non abbiamo conquistato un punto sui diretti concorrenti? Detta così suona male, tanto cacofonica quanto ingenua, in ogni caso poco credibile. Ma il concetto rimane: questa domenica abbiamo conquistato un punto sulle diretti concorrenti.
Gioire è troppo, anzi: sarebbe del tutto folle. Al tempo stesso mettersi in tasca ciò che di buono la realtà offre è cosa onesta. L’alternativa è una e una sola: cadere nella solita isteria che tutti ben conosciamo e che in queste ore, laddove i colori sono il giallo e il rosso, già sentono visceralmente dentro per questioni di risultati, di budget e di mercato.
Non si mettano in campo emozioni affrettate e si guardi il contesto, insomma. Relativizzare a volte è questione di sopravvivenza, del resto. Nel momento peggiore della stagione, in attesa che il mercato possa regalare qualcosa (visto che appare scongiurato qualche addio doloroso nel breve periodo), ecco che i regali arrivano da chi avrebbe potuto firmare una condanna psicologica che avremmo pagato a lungo. Nella settimana più difficile, al termine di un filotto cupo e sterile, rischiavamo di toccare il fondo. Ebbene, non è successo: galleggiamo nella posizione per cui firmeremmo tutti a fine campionato, addirittura aggiungiamo un punto su chi ci sta inseguendo.
Possiamo costruirci tutti i fantasmi che vogliamo, del resto l’autolesionismo ha sempre fatto parte del nostro DNA, ma un pizzico di realismo può a volte essere una boccata di ossigeno: siamo ancora vivi. Siamo ancora lì. Nonostante tutto.
Tra il realismo e l’ingenuità c’è una grande differenza, ma c’è anche un minimo scarto: guai a sbagliare direzione, insomma. Tuttavia non è il momento per buttare tutto al macero: è invece il momento di tornare a respirare aria fresca, sfoggiare un sorriso, darsi una pacca sulla spalla e tornare a fare quel che (un intero girone di andata lo dimostra) eravamo capaci di fare.
Ad un certo punto della partita, mentre ancora eravamo in vantaggio senza sapere nemmeno come, Rafinha sembrava essere pronto ad entrare. Ed eravamo tutti in attesa di poterlo vedere, perché anche da lui ci si attende quel guizzo di samba che possa restituirci l’allegria del bel gioco. Invece, dopo un lunghissimo riscaldamento, Rafinha si è rimesso la pettorina, perché in quel momento Spalletti ha scelto un altro cambio: entra Gagliardini. Pace all’anima sua, ma nella mente che attende un samba si scatena invece qualcosa di molto differente, molto più simile ad un “facciamo le barricate” che non ad un “andiamo a comandare”.
L’entrata di Rafinha avrebbe cambiato la storia? No, giammai, e sarebbe anche sbagliato credere nei miracoli. Però quando un cambio, un passaggio, un tiro e una marcatura sono figlie della tensione, il risultato non può che essere una testata di Paloschi a tempo quasi scaduto.
Rafinha avrà tempo per provarci, Pastore lo valuteremo quando e se arriverà, ma nel frattempo non rottamiamo il resto prima del tempo. La Roma vive il suo psicodramma privato, la Lazio è presa a “schiaffi” (aehm…) da Cutrone e per noi gli esami son rinviati per l’ennesima volta. Quindi il concetto fondamentale rimane: questa domenica abbiamo conquistato un punto sui diretti concorrenti. Ridiamoci su, tutto sommato il destino è ancora e sempre tutto nelle nostre mani.
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