Resta vertical, Hector

Hector, io so che ci perdonerai. Che qui abbiamo da fare. Sette vittorie consecutive e domenica andiamo a Torino a provare a fargli uno scherzo a quelli là. Ho detto provare, che poi qui la gente ti prende subito tremendamente sul serio. Cosa hai detto? La partita di Coppa Italia? Sì, vabbè ma quello è stato un incidente di percorso, e poi mica le possiamo vincere tutte. Meglio perdere questa no? No, hai ragione, che forse un trofeo si poteva addirittura, e accidentalmente, portare a casa.

Senti, a proposito di trofei. Non è che stavolta è quella buona per te? Ti scriviamo adesso perché domenica sera saremo impegnati, e quindi faremo fatica. E poi perché magari va a finire come al solito e allora salta tutto il senso del pezzo. Quindi ho pensato, perché non dircele stasera certe parole? Ci ha fatto piacere, Hector. A cose fatte sì, perché in fondo a quei ragazzoni del Burkina Faso mica gli puoi volere male. Abbiamo visto un tizio di quasi due metri piangere come un bambino e un portiere di 20 anni farsi parare un rigore da uno di 44.

Abbiamo osservato la tua espressione, il tuo sguardo accigliato. Sei invecchiato, Hector. Dimagrito, con una camicia con il colletto mal stirato, un completo fuori tempo un paio di taglie più largo e senza cravatta. Con il volto stanco. Hanno detto che sei sempre più vertical, invece a me sei sembrato un po’ piegato su te stesso, di verticale hai conservato lo sguardo, ma non è stata una grande sensazione. Volevo dirtelo. Dopo una vittoria che ti ha consegnato la finale della Coppa d’Africa, avrei preferito vederti esultare, invece è come se questi anni ti avessero tolto quello spirito battagliero che a noi piace tanto. Ti abbiamo visto perdere, è vero. Poi ti abbiamo visto perdere. Infine ti abbiamo visto perdere.

Ma siccome siamo gente generosa sappiamo riconoscerti che in mezzo ci hai fatto anche divertire, in maniera misurata (ma sei tu quello vertical mica noi) specialmente quando Vieri ha messo il ginocchio tra Abbiati e Costacurta decidendo un derby che sembrava averci consegnato lo scudetto o quella volta in cui Seedorf, beh vabbè quella volta te la ricordi anche tu, come fai a dimenticarla. Di te conserviamo il ricordo di quella mano sul cuore. Forte. Vigorosa. Ne sentivamo addirittura il rumore, e ci sentivamo capaci di intendere quale di quei cuori batteva davvero. Chi aveva paura, chi aveva fame. E chi non era con te. Quel colpo che era uguale per Ronaldo e per Sorondo, infatti ad un certo punto Ronaldo ha chiesto di scegliere tra lui e te e personalmente non me la sono presa nemmeno più di tanto per il fatto che Moratti, in preda ad un attacco di generosità per lui più che per stima verso di te, abbia assecondato la sua fuga.

Ma è acqua passata, adesso è il momento della tua finale. Sarebbe bello vederti alzare una Coppa, vederti diventare eroe di un popolo, come qualche tuo collega che ha aspettato una vita, ma si è guadagnato una statua in una città dell’Inghilterra. Facci sapere come va Hector, noi domenica avremo da fare e altro a cui pensare. Fa finta che questo pezzo sia la nostra mano sul petto, comunque vada. Tu resta vertical però.

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