La dopamina è un ormone, è un neurotrasmettitore, è una catecolammina e online potrete trovarne altre mille definizioni di cui non vi potrà interessare assolutamente nulla. Ma voi la dopamina la conoscete, eccome se la conoscete. È quella che vi drizza il pelo ogni volta che ricordate la finta di Milito, ogni volta che vedete Vecino saltare all’ultimo minuto, ogni volta che Brozovic si fa “epic”. Ecco, la dopamina è quella roba lì, quella che aumenta il battito del cuore, che dà origine alle emozioni, che ti cambia il respiro, che aumenta la sudorazione, che ti contrae i muscoli.
La dopamina è una figata. Una scarica elettrica che crea intenso e prolungato godimento, soprattutto se era un derby, soprattutto se è la Champions.
Occhio alla dopamina, però: la dopamina ti frega. Dalla dopamina nasce anche la ludopatia (il vizio del gioco, tanto per intenderci), perché ti illude del fatto che se hai vinto una volta sarà il destino a farti vincere ancora. E poi ti ritrovi tra le mani senza soldi, senza dopamina e senza destino.
Quando apri per la prima volta il libro di Psicologia ti spiegano che la dopamina è coinvolta in quel ciclo che alterna lo “stato A” e lo “stato B”. Lo “stato A” è quello che si innesca quando la dopamina entra in circolo, riempiendoti di eccitazione e facendoti sentire immortale, incrollabile, predestinato, potente e gratificato. Inevitabilmente, però, questo squilibrio cerca di riassestarsi generando fenomeni di assuefazione tali per cui, quando la dopamina viene meno, la psiche tende a rifugiarsi nella paura, nella depressione, nella debolezza. Si fa in fretta. Molto in fretta.
Spalletti lo sa tutto ciò. Spalletti ha capito da tempo di che pasta siam fatti. Quando dice che “le vittorie possono generare dei vizi”, sta già vedendo all’orizzonte “lo stato B”. Lo sa che quando arriverà l’inciampo, l’intoppo, l’ostacolo improvviso, saranno in molti a cadere nel solito vizio dell’autoflagellazione. Improvvisamente, azzerando ogni memoria, Brozo tornerà uno normale che corre troppo, Icardi tornerà un animale da gol che però non aiuta la squadra, Nainggolan lo sappiamo tutti la sera cosa fa e via discorrendo.
Spalletti lo sa e vuole evitarlo. La dopamina serve, la dopamina esalta, ma non bisogna esagerare. Le vittorie devono essere normali, qualche scialbo 1-0 potrebbe aiutare non poco. La ricerca dell’eccitazione a tutti i costi, quella che ci ha trasformati nella “pazza Inter amala”, è tanto esaltante quanto malsana. L’eccitazione deve essere la conseguenza del trionfo, non la causa. E all’esaltazione bisogna arrivarci poco per volta, non con una Garra Charrua infinita e ricorrente.
Spalletti lo sa e si arrabbia con Bergomi quando gli dice che si è giocato bene. Spalletti lo sa e tiene lo sguardo severo anche quando stringe i pugni per la gioia di un 3-0 alla Lazio. Spalletti lo sa e rischia anche scelte pericolose perché il breve periodo accontenta solo gli illusi.
La dopamina ti frega soprattutto quando passi dalla Champions a partite “relativamente facili” (la nostra criptonite). Spalletti lo sa che è nello “stato B” che si è giocato le migliori carte dello scorso anno – fino al jolly finale di Vecino. Spalletti ha il terrore della pioggia di dopamina che sta scendendo sui suoi giocatori e apre l’ombrello ogni volta che può.
Quando dice che noi non siamo l’anti-giuve, ma l’anti-Inter, ha capito tutto. “Mai stati in B”, ok, ma lo “stato B” potrebbe cancellarci sogni bellissimi. Spalletti lo ha capito: sognare è bello, ma nel frattempo nessun dorma.
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