Storia breve di Ivan Perišić, prima felice, poi infelice e ora sereno (vade retro Stress United)

Lo stress fa brutti scherzi. Da un giorno all’altro smetti di sorridere, dimentichi di salutare gli amici, prepari le valige e leggi qua e là messaggi d’amore nemmeno troppo trasversali di una squadra che non è la tua. Potresti cascarci, per stress e distrazione.

Ivan Perišić sapeva di dover lasciare l’Inter ed è possibile che fosse anche dispiaciuto. Magari non troppo, in fondo sarebbe andato a giocare la Champions a Manchester, avrebbe trovato Mourinho in panchina e si sarebbe affacciato al campionato più ricco e popolare del mondo nel momento migliore della sua carriera. Al momento giusto. Nel mercato folle sbilenco dell’Inter, la cessione di Perišić all’improvviso era diventata obbligatoria, l’unico pezzo pregiato da vendere, l’unico con dei pretendenti seri e un valore interessante. Più che utile a sbloccare lo stallo in entrata.

28 anni, integro e nel pieno della maturità agonistica, Ivan Perišić è uno dei pochi giocatori della rosa a competere con i migliori del mondo nel suo ruolo, forse l’unico insieme a Mauro Icardi.

Che fosse colpa del FFP o del diktat cinese che paralizzava le mosse di Ausilio, Ivan Perišić è stato identificato come la vittima sacrificale, impacchettato e dipinto come un gufo triste, imprigionato e insoddisfatto (per andartene senza rammarico devi almeno litigare con i tifosi, mostrarti triste, non presentarti agli allenamenti o insultare la curva pretestuosamente come fece Ibrahimovic).

Nulla di tutto ciò, l’esterno croato è rimasto chiuso nel suo silenzio un po’ imbronciato ma non ha mai detto sciocchezze, si è limitato a montare un’espressione perplessa ma compita, e ad aspettare.

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Non nascondiamoci dietro a un dito, con questo rinnovo guadagnerà qualcosa di più ma non è il vil denaro il motivo per cui Perišić resterà a Milano fino al 2022 (o almeno così è scritto sui fogli firmati oggi). 4 milioni più bonus, a Manchester ne avrebbe presi di più, pochi dubbi. La vera ragione di una scelta così inattesa a metà agosto, quando Perišić si scostava dalle foto di gruppo per evitare al fotografo l’imbarazzo di doverlo cancellare con Photoshop, non è nemmeno la semplice epifania di Suning, che forse a un certo punto ha realizzato che venderne uno buono per avere il denaro per comprarne uno meno buono può essere una scemenza non ripagata dai temporanei benefici al bilancio.

La verità è che Perišić resta perché c’è Spalletti e Spalletti prosegue senza fare polemiche (legittime), perché c’è Perišić. Diktat per diktat è molto probabile che quello di Luciano Spalletti sia stato semplice e perentorio.

Ivan Perišić non si muove di qui.

Così è stato e non possiamo che esserne felici. L’Inter si tiene stretto un giocatore formidabile, discontinuo ma fondamentale e con margini di miglioramento clamorosi, dovesse riuscire il miracolo della trasformazione definitiva in campione. In panchina c’e chi può farlo, si chiama Luciano Spalletti.

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Oggi sorride Perišić, ride sornione Spalletti e tiriamo un sospiro di sollievo tutti noi, felici di non assistere a un ridimensionamento clamoroso. Magari non ricchi come si pensava, ma nemmeno costretti a vendere i pezzi migliori come le provinciali.

Perisic

Lo stress fa brutti scherzi, poi passa tutto.

 

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