Prepara le valigie, Beppe. Si va a Milano

Era l’11 novembre 2007, domenica. Mi accingevo ad assistere ad una noiosissima giornata di nuoto agonistico, di quelle dove vedi gente andare su e giù nelle corsie e tu sai di dover rimanere lì seduto per ore in attesa di andartene. Ma avevo le cuffiette, mi sarei salvato ascoltando le partite. E invece no: quel giorno era anche il giorno di una triste tragedia e, appena infilate le cuffiette, annunciarono l’annullamento della giornata di Serie A. Posai le cuffiette e cominciai a guardare la piscina con l’espressione di un Thohir qualunque.

(seguitemi, c’è un motivo se ve lo racconto)

L’unica exit-strategy dalla noia di quella giornata era la passeggiata fuori dalla piscina. Ero sperduto tra i colli dell’entroterra di Genova e il caso volle che di fianco alla piscina ci fosse un campo da calcio. Belle tribune, molta gente. E il caso volle che stesse per iniziare una partita. E il caso volle che a giocare fossero le giovanili della Sampdoria. E il caso volle che quando arrivai ci fosse gran fermento. Non capivo perché, ma erano tutti emozionati. Molto emozionati. Oltremodo emozionati. Era solo una amichevole, erano solo le giovanili, mi sembrava tutto eccessivamente in fibrillazione per il contesto, ma lì all’ingresso c’era davvero gran concitazione. Impossibile non incuriosirsi, così mi avvicinai. “Sta arrivando“, dicevano in attesa di poter dare inizio alla partita. “Sta arrivando“, e il capannello si faceva sempre più agitato. Poi quel gruppo di persone si aprì in due ali, “eccolo!“, e in una piccola utilitaria, salutando dal finestrino, arrivò tra l’applauso, il rispetto e l’ammirazione di tutti.

Su quell’auto c’era Beppe Marotta.

Salutò tutti, salutò anche me, e io ricambiai con la faccia di un “io e lei non penso che possiamo avere qualcosa in comune per cui valga la pena salutarsi”. Ma così non era. Perché da domani, Beppe, io e te avremo molto in comune: avremo l’Inter.

Arriva Beppe Marotta

Dopo aver perso con il Barcellona, prima di tornare a giocarsela con la Lazio, nel mezzo del cammin di nostra stagione, ecco la rivoluzione che danno tutti ormai per scontata in queste ore: Steven Zhang nuovo Presidente dell’Inter (archiviando – definitivamente? – il lungo purgatorio di Thohir) e Beppe Marotta nuovo Amministratore Delegato. Marotta è uscito in queste ore dalla giuventus (scusate, colpa della tastiera) tra il plauso generale e la stima di tutti, cacciato o allontanatosi improvvisamente nelle scorse settimane con la promozione di Paratici. Roba loro, non ci interesserebbe in teoria. E invece deve interessarci, perché le motivazioni che portano Marotta a Milano sono e saranno sicuramente fondamentali.

Beppe imparerà a conoscerci presto e capirà che da queste parti l’aplomb e la professionalità sono condizione importante, ma non sufficiente. Fortunatamente la storia dimostra che quell’altro ingrediente lo si possa apprendere anche senza esserci nati dentro: si chiama interismo, è difficile da definirsi, ma quando emerge ti segna per sempre. Ecco, aspettiamo di vedere un po’ di interismo, Beppe: l’ambizione professionale è apprezzabile, l’eventuale voglia di rivalsa nei confronti della giuventus (scusate, colpa della tastiera) può tornare utile, ma è l’interismo quello che fa innamorare. Siamo qui, stiamo aspettando. Nessun pregiudizio.

Che poi un buon motivo per voler bene a Marotta già ce l’abbiamo: aprile 2010, indimenticabili quei due gol di Cassano e Pazzini alla Roma che ci regalarono lo scudetto. Cassano e Pazzini, esatto, due contratti firmati da Beppe Marotta, allora emergente figura di una bellissima Samp. Bravo Beppe, gran partita quella.

Certo dovremo mettere da parte le poco simpatiche battute di questi anni (suvvia…), ma dimenticare sarà facile per tutti se solo a gennaio vorrà subito lasciare il segno con un mercato invernale di quelli cambia-stagione (cosa? chi ha detto Modric?). Non è sempre facile accettare che qualcuno si tolga la maglia bianconera per indossare due ore dopo quella neroazzurra, Beppe, capiscici. Ma se abbiamo accettato figure come Ibrahimovic o Davids, al netto di parentesi oscure come quella di Lippi o di Fassone, non faticheremo a regalare tutta la nostra fiducia ad uno che è universalmente riconosciuto come uno dei migliori dirigenti del calcio moderno. Stupiscici, Beppe.

Tocca a te, Steven

Tre cose apprezziamo di Steven Zhang, Presidente in pectore:

Primo, la sua figura in tribuna. Concentrato, attento, partecipativo, alter ego in positivo di quelle pugnalate al cuore che erano le inquadrature di un assopito Thohir. Vederlo lì, saperlo lì, peraltro non male anche come amuleto visto come stanno andando gli ultimi mesi, è una sicurezza apprezzata.

Secondo, perché è l’incarnazione di quel colosso cinese immenso e invisibile: Suning, che tutti conosciamo come scritta su magliette e poco altro. Lontani e anonimi, ma per noi hanno un volto: quello di Steven Zhang. Uno che si è messo a fianco Javier Zanetti scegliendo bene fin da subito a chi affidare le proprie truppe.

Terzo, la sua battuta su Instagram al post di Ranocchia: una risposta profetica in lingua italiana e ironia bauscia che ci fa capire che dietro la freddezza orientale di quel volto c’è un sangue neroazzurro che è entrato in circolo. Morattizzato?

Ranocchia e Zhang su Instagram

E tutto il resto

Attendiamo le comunicazioni ufficiali. Aspettiamo di capire cosa sta succedendo. Ma le sensazioni sono forti: cambia l’organigramma nel momento caldo della stagione, quando le sensazioni migliori hanno iniziato ad entrarci nella mente, il che è un po’ come scalare marcia prima delle curve che porteranno al rettilineo finale. Domani sentiremo il motore rombare, perché c’è nuova potenza in questo motore. Ci sono soprattutto, finalmente, piani importanti, e sicurezze immediate, e voglia di futuro.

E questo sì che scatena l’Interismo, qualunque cosa sia, in qualunque modo si manifesti.

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