Pavlov (siamo così, è difficile fischiare, certe giornate amare, lascia stare)

Mandzukic anticipa Icardi e la mette in calcio d’angolo. Oppure, Mandzukic si getta a peso morto e travolge Icardi sulla linea di fondo. Oppure, Orsato in quella frazione di secondo sceglie di non scegliere, nemmeno sull’assegnazione dell’angolo, perché in effetti non capisce cosa sia successo o perché è tecnicamente inadeguato al ruolo. Le opzioni sono queste e forse qualcuna di più. Ma tra le opzioni non c’è la Spectre, non ci sono le pulsioni masochistiche di Rizzoli e non ci sono complotti cyberspaziali contro l’Inter.

Nel 1998 non esisteva Twitter, Facebook era ancora lontano più di un lustro e per insultarsi in massa esistevano solo opzioni rustiche come telefonare a una trasmissione sportiva o scatenare un putiferio al bar, tra cappuccio e brioche.

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Ladri, piangina, ladri, piagnona, ladri, piangina.

Dice che è uno sfottò e che lo sfottò la più bella e autentica delle manifestazioni di tifo. Sarà. Nell’aprile del 1998 il calcio italiano è cambiato, quello sfottò (nella natura del gioco c’è uno che prende in giro l’altro, il quale più o meno bonariamente accetta), e si è trasformato in una matassa d’odio, nevrosi e insulti che ha avuto la sua definitiva deflagrazione nell’estate del 2006 con Calciopoli.

Intendiamoci, Calciopoli è un orrore da qualsiasi lato lo si approcci. LA negazione dello sport, la fine di tutto.

Da allora lo sfottò si è ufficialmente trasformato in qualcosa di diverso, un po’ faticoso, bruttarello anche, per la verità. I derubati che non capiscono come quegli altri possano sentirsi derubati dopo aver rubato e via così in una catena infinita di luoghi comuni, pasticci, querelle pubbliche tra gente che col calcio c’entra pochissimo e tra gente che del calcio ha fatto un buon affare e delle opinioni grette una fonte di guadagno.

Da quando nel 2007/8 Inter e Juventus hanno ricominciato a giocare a calcio nella stessa serie, il meglio l’hanno messo in mostra i giocatori, il resto è una cloaca da dimenticare. Al 90° e qualcosa di ieri sera ero furibondo, un fascio di nervi, pura trance agonistica da divano. Molti nemici, troppe ingiustizie subite, un disegno degli astri per non farmi vincere a Torino. Mezz’ora dopo mi scrivevo con amici interisti di quanto è brutto farsi derubare così. Un’ora dopo entravo in camera di mio figlio, lo guardavo dormire e me ne andavo dormire anche io, sereno. Nel mezzo, qualche messaggio distensivo con i nemici di poche ore prima, almeno con quelli che del calcio hanno l’idea sublime che ho io.

Il fatto è che siamo come il cane di Pavlov, la notizia è che forse siamo anche peggio di lui. Il suo campanello è il nostro fischietto, la sua bava è la rabbia sguaiata che gronderà per tutta la settimana, travolgendo colpevoli e innocenti, generando una valanga di scemenze enormi. Il fatto è che la nostra furia travolge anche chi dovrebbe ragionare con serenità, lucidamente. Prendi le squalifiche di Icardi e Perisic, che salteranno due partite a testa per aver perso la calma alla fine di una partita tesa ma molto composta, almeno tra giocatori. Prendi Rizzoli che tollera cose intollerabili da tutti e poi si vede costretto a fare un’idiozia e mettere a referto cose che altrimenti e altrove avrebbe dimenticato in fretta. Lo sfottò rabbioso e nevrotico alla lunga passa dagli spalti al campo e diventa un problema, il senso di impotenza, la convinzione radicata di essere vittime predestinate di un’ingiustizia inevitabile ci frega tutti. In questo caso è doppiamente dannosa, perché ci priva di due tra i nostri migliori giocatori, due insostituibili.

Pavlov ci frega ininterrottamente dal 1998. Ma ne vale la pena? Questo spreco di energie ha senso? La Juventus è fiera di tutte le sue vittorie, non esiste uno juventinismo critico, esiste un monolite che appoggia le posizioni ufficiali, le insegue e le corrobora. Ha senso un dialogo fatto di insulti con chi manca di senso critico? No, meglio il silenzio, i sorrisi di circostanza e magari meglio considerarli avversari e non nemici, che la guerra sarà anche nobile per alcuni ma a me fa schifo, è sporca e porta dolore.

Questo significa che son felice dell’arbitraggio di ieri sera? No. Questo significa che son felice di vedere Chiellini che entra in calcio volante a mezz’aria sulla linea laterale, prende solo Gagliardini (palla manco l’ombra), lo abbatte e si lamenta del giallo mandando a quel paese Rizzoli 17 volte? No. So che per vincere a Torino ci vogliono calma e grande controllo dei nervi e so che come spesso accade con i grandi giocatori (a uno verrebbe da chiedersi quindi perché con Chiellini?), gli arbitri usano metodi e riguardi particolari. Nel 2012 la Juventus segnò il primo gol in fuorigioco, l’Inter subì qualche nefandezza nel primo tempora nella ripresa entrò con una voglia spaventosa di mangiare il campo e vinse. All’andata è stato così. La Juventus si può battere a patto che si giochi contro una squadra e non s’immagini di giocare contro un sistema, contro uno stadio, contro una tifoseria. Una squadra, forte e a volte, diciamo così, fortunata.

Il senso del calcio è quello, altrimenti si torna a Pavlov,a sbavare e a farsi del male.

One thought on “Pavlov (siamo così, è difficile fischiare, certe giornate amare, lascia stare)

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  1. eh, purtroppo son passati i tempi in cui si ascoltavano le partite alla radiolina all’oratorio e ci poteva prendere bonariamente per il culo con juventini, milanisti e il sampdoriano di turno, mi sa’ che quello che e’ cambiato e’ che oltre a prendere dannatamente sul serio il calcio ora ci prendiamo troppo sul serio anche noi tifosi purtroppo.

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