Padelli d’Italia

Così come in un mondo di John e di Paul noi siamo (nella stragrande maggioranza dei casi) degli emeriti Ringo Starr, in un mondo di Handa e Curtois in panca ci vanno i Padelli, perchè è giusto così, per meritocrazia, per selezione tecnica e naturale, oltre che per una secolare convenzione del football – il portiere è uno, si veste diverso, usa le mani, quelle robe lì. Tu magari ne hai tre o quattro, cavoli tuoi, ma in porta ce ne va solo uno, gli altri guardano e aspettano che il titolare si rompa tipo, chessò, un mignolo del cazzo.

Dell’esistenza e del benessere psicofisico dei Padelli – intesi come categoria del pensiero – normalmente ce ne strafottiamo, finchè tipo cede un mignolo al titolare (il titolare che, per restare al nostro caso specifico, una parte del tifo nerazzurro ancora periodicamente sfancula, dicendo che a Julio questo al massimo gli spicciava i guanti, salvo poi farsi la cacca nelle mutande quando il de cuius è, appunto, indisposto, e a rimpiangere quanto è pazzescamente bravo maledetta sfiga di merda). Anzi, peggio: rosi un poco dall’invidia e dall’altrui 730, fantastichiamo di mondi dorati dove nessuno sta meglio di un Padelli e di un Berni (soprattutto Berni), atleti di professione, uomini stipendiati per allenarsi tutti i giorni con dei campioni, andare in trasferta gratis, partecipare alla cena di Natale, firmare autografi, fare selfie, vedere le partite dalla migliore poltrona di San Siro (a bordo campo, ma proprio bordo bordo bordo).

Il problema è che poi chiediamo ai Padelli, quando viene il loro turno all’improvviso, di entrare in campo come se fossero degli Handanovic, tali e quali, nelle sicurezze, nelle movenze, nelle potenzialità, nel timing, in tutto. Chiediamo ai Padelli di essere le perfette controfigure del titolare quando giocano una partita ogni tre anni – se il mignolo non si riassesta, addirittura due, magari tre o quattro -. Chiediamo a Ringo Starr di suonare l’intro di Let it be al posto di Paul che si è rotto un mignolo inciampando sulle scale. “Figa, non suono una tastiera tipo non so, da tre anni”. Ma mentre discuti sei già sul palco, seduto, e John ti sta guardando: “Dai attacca”. “Sono un portiere”. “Massì, facevo per dire”.

Padelli, dopo tre anni di tribuna rossa primissimo sub-anello, finalmente vede il campo e a stretto giro di una settimana lo abbiamo già vivisezionato. Ha salvato il culo non si sa bene come a Udine, poi col Milan è andato un po’ così. Così così. Vabbe’, oggettivamente, sul primo gol pare di vederlo Handa che si protende sulla sinistra e smanaccia comodo il pallone, che cambia traiettoria, passa dietro il culo di Rebic e va in angolo. 0-0

Oh, poi magari corner, Romagnoli, gol. Magari no. Ma queste sono seghe.

Handanovic è molto più forte di Padelli, che infatti è la riserva di Handanovic. Padelli è un signor portiere, altrimenti non sarebbe il secondo dell’Inter, ma non è Handanovic. Handanovic se non si rompe i fottuti mignoli gioca sempre, se se li rompe deve giocare Padelli. Fin qui ci siamo, è una situazione oggettivamente disegnata da qualità personali, talento, doveri contrattuali e posizione Inail.

Quello che umanamente mi è dispiaciuto è vivere – calandomi nei panni di un Padelli qualsiasi – il lunedì post-derby di Padelli, il nostro, l’originale. La mattina legge le pagelle di 10 giornali e legge sempre la stessa cosa, brutta, parecchio, “buco nero”, “disastro”, “Handa dove sei”, robe che incoraggiano, che rincuorano. Nel pomeriggio, poi, legge sul Televideo che l’Inter sta prendendo un altro portiere, un altro Padelli (stessa età, stessa subalternità agli eventi della vita e alle pieghe della carriera, qualche partita giocata in più, certo, ma poi non tantissime), come se il suo provare a essere – finalmente – un John o un Paul puff! fosse una chance già evaporata, ok Pado, basta così, hai giocato il derby, non ti lamentare, a momenti ce lo inculavi, prendiamo Viviamo che forse è meglio, forse.

Ero ad Appiano il giorno che Viviano si fece male nel corso di un allenamento estivo aperto al pubblico, quando ancora aprivano la tribunetta e la gente arrivava a frotte a vedere Milito, Eto’o, Zanetti, Cambiasso, gente così (e Gasperini). Mi ricordo bene il giorno, perchè alla radio avevano appena detto che era morta Amy Winehouse: 23 luglio 2011. Un pomeriggio di festa, entusiasmo, cori per tutti (persino per Gasperini, giuro). Ero con figlie e nipoti attaccato alla recinzione a vedere qualche frammento di Inter post triplete. Partitella, tiro da lontano, Viviano ci va di piede per accompagnare una palla che sfiora il palo, fa un brutto movimento, chiede di uscire. Il giorno dopo apprenderemo che si era rotto il crociato. Fine.

Aveva 25 anni, l’Inter l’aveva già comprato da un pezzo, tre campionati a Brescia, uno in A col Bologna, un marcantonio talentuoso, pareccho. Poteva essere lui l’Handanovic, e invece – per quella inutile scivolata del cazzo – è rimasto un Viviano, cioè un Padelli. Zero presenze da noi, poi una lunga serie di trasferimenti, un ritorno a certi livelli con la Samp, quindi un trasferimento allo Sporting Lisbona dove lo presentano tipo Neuer e invece diventa un Padelli qualsiasi. Che torni da noi alla soglia dei 35 anni a rivestire una maglia che avrebbe potuto essere davvero sua, vabbe’, è suggestivo e fa anche piacere. Ma Padelli?

Il mondo, che forse con i Padelli non è buono (al limite benevolo), con Padelli – lui, l’originale – se va così è pure un po’ cattivo. E un po’ cattivi lo siamo anche noi. Ha sbagliato, va bene, ma in fondo non è successo nulla, no? Con quei tre/quattro che ha davanti, forse un paio di minuti in porta potrei giocarli anch’io, all’occorrenza, senza fare troppi danni. Questo improvviso attacco di panico – perchè ci accorgiamo il 10 febbraio 2020 che abbiamo tre portieri di 34, 35 e 36 anni e che se si rompe il mignolo sbagliato sono cazzi – boh, mi pare un po’ grottesco. Con Padelli in porta abbiamo fatto 6 punti in due partite. Grazie a Padelli, in fondo, abbiamo giocato la partita più esaltante dell’ultimo decennio. E 12 ore dopo prendiamo un altro portiere di 34 anni, quasi 35?

In tutto questo io abbraccio Padelli e gli dico: non te la prendere. E continua a mettere il mattoncino della tua diligenza, della tua serietà, del tuo spirito di gruppo in questa meravigliosa cosa che stiamo costruendo. In questo mondo di John e di Paul, le canzoni della madonna le firmano i John e i Paul, non ci sono cazzi. Gli altri suonano la batteria, accordano le chitarre, montano i riflettori, guidano il camion. Ma poi sull’albo d’oro ci andate tutti insieme, e a me – a noi – è questo che interessa, giuro, non se uno sbaglia un’uscita (se poi vinciamo un derby 4-2 da 0-2). Viva i Padelli di tutto il mondo, l’apostrofo rosa tra le parole “t’avrei ammazzato ma poi abbiamo inculato in Milan e quindi ‘sti gran cazzi”.

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