Hai detto Atalanta?

Dai pensiamo al campionato e non caghiamo quella subdola, turgida, cinica lotteria dei rigori.

Così cantavano Elio e le storie tese nella sigla di Mai dire Gol del 1994, subito dopo i Mondiali americani. Con uno spirito diverso e molto meno goliardico, ci rituffiamo nell’ex campionato più bello del mondo per dimenticare le disavventure azzurre. Domenica c’è l’Atalanta e, al di là della sfida all’allenatore che meno ci sopporta al mondo, e alle considerazioni tattiche che rimanderemo ad altro post, è il momento dell’amarcord. Perché Inter – Atalanta non è soltanto un motorino che vola da un anello all’altro di San Siro, anzi ci piacerebbe archiviare per sempre quell’episodio. E parlare di mementi nerazzurri che non dimenticheremo.

Conosci Andreas Brehme?

È la stagione di grazia 1988-1989, l’Inter ottiene il record di punti, gli esperti di merchandasing inventano persino un profumo che si chiama 58. Aldo Serena e Nicola Berti cantano “Inter sei campione”, la maglia con lo sponsor Misura è forse una delle più belle mai realizzate, il ritornello inizia con Zengabergomibrehme ed è proprio sul terzo nome che solitamente l’interista della generazione X si ferma a sospirare. Un terzino vero. Quanto varrebbe oggi uno come Adreas Brehme? Della sua stagione meravigliosa ci resta, tra le altre cose, un fendente da 30 metri che è il riassunto perfetto della tecnica e della potenza del terzino tedesco. Accelerazione, passaggio, accentramento e tiro all’incrocio. Chissà se Yuto Nagatomo ha mai capito perché ogni tanto perdiamo la pazienza con lui.

Una notte Europea

E poi c’è l’Uefa, che a noi è sempre piaciuta tanto. Nella stagione 90/91 ci aspetta un quarto di finale tutt’altro che semplice. Sono quelle partite in cui hai tutto da perdere, perché anziché rimontare l’Aston Villa ti tocca tenere a bada l’Atalanta. La partita è difficile, all’andata è finita 0 a 0 e stavolta facciamo gli onori di casa mettendo la maglia di riserva. La tromba di Bianchini dà la carica, ma gli orobici ce la sporcano fino a quando Matthäus non indirizza una punizione delle sue verso il miglior posto possibile: la testa di Serena. E poi c’è Berti che parte palla al piede nelle notti d’Europa. Consuma 40 metri di campo finché non lo stendono. Lontano dalla porta. Il 10 tedesco accarezza il pallone prima di schiaffeggiarlo con il collo del piede. Poi ricordo il delirio e il viaggio che continua verso Lisbona, per arrivare a Roma.

Il cuore di Kanu

Un balletto sgraziato tra un fenicottero nigeriano e un guerriero cileno. Anno di grazia 1998, il rigore di Ceccarini è ancora lontano, Simoni fa turnover perché c’è da ribaltare un match europeo con lo Shalke, il maledetto Shalke, ancora lui. San Siro si alza in piedi ad applaudire un ragazzo che doveva lasciare il calcio e adesso si diverte persino a segnare. Momenti di felicità e primavera in arrivo. Poi ci sono le braccia di Ronaldo che decolla e lo sciuscià Moriero che portano il risultato sul 4 a 0.

Lo scudetto buttato

No, non l’abbiamo perso a Roma il 5 maggio. E forse nemmeno a Verona contro il Chievo facendoci prendere a tempo scaduto. L’abbiamo buttata il 7 aprile del 2002, un mese prima dello disastro contro la Lazio, in casa contro l’Atalanta. È una di quelle partite che Seedorf non ama giocare. Perché il ragazzo è un campione e lo dimostrerà nel resto della sua carriera, ma le partite contro l’Atalanta, il Brescia, il Lecce, proprio non le vuole giocare. Sbaglia qualunque cosa, poi ci pensa Sala a portare in vantaggio gli orobici. E nonostante tutto la riprendiamo. Con un grande gol di Vieri, uomo della provvidenza di quella stagione. Andiamo a vincerla. Invece tornano in vantaggio loro, con Berretta. Manca mezz’ora. Vedrai che la riprendiamo. Vedrai che mollano, che in qualche modo la pareggiamo. Magari ci pensa Seedorf da fuori, come contro la Juventus. Ma questa è l’Atalanta. E quella sconfitta ci sarà fatale.

L’acuto del normalizzatore

La partita contro l’Atalanta resta una delle più belle di una stagione dimenticabile (nella mia personalissima classifica, quella contro la Juventus, con de Boer in panchina viene prima). Nel periodo più felice del normalizzatore Pioli ospitiamo l’Atalanta facendola a brandelli anche grazie ad una partita sopra le righe di Joao Mario e di Banega. Praticamente un’epifania. Ricordo, o forse è un’apparizione come Fata Morgana, persino un gol di Gagliardini. La domenica dopo finisce il campionato dell’Inter. Un po’ troppo presto, visto che siamo a marzo.

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