Fenomenologia di Bobo Vieri (i miei 5 motivi per amare l’attaccante assoluto)

Non delle partite di footvolley, delle amicizie e delle interminabili giornate in spiaggia, non delle compagne meravigliose, delle magliette disgustose e dei videomessaggi senza costrutto (logico né grammaticale). Non parleremo del Christian Vieri che ha preso possesso del corpo di quell’altro, di quello forte a fine carriera. Chi se ne frega, lui si diverte così, basta decidere se accettare di tenere gli occhi aperti e constatare i danni dell’età o ignorare il terribile incidente sull’altra corsia ed essere felice per lui, perché lui è comunque felice. Non le donne, il lusso e gli amori. Il pallone, l’attrezzo che insieme a una forza di volontà fuori dal comune lo ha trasformato nel calciatore più forte della sua generazione.

Esatto, proprio così. Bobo Vieri ha dominato fisicamente un decennio, portando il suo calcio a un livello di controllo e intimidazione della gara che in Serie A il solo Ibrahimovic ha riprodotto in seguito. Osservare Vieri ci ha dato la percezione dell’esilità di ogni suo avversario, l’epifania della potenza scaricata a terra con una furia agonistica che veniva  da lontano. Prima di lui solo Gigi Riva e pochissimi altri hanno mostrato di godere del contatto, di sapere come usare la forza come leva per aprire le aree di rigore e lasciarsi terra bruciata alle spalle. Ci siamo salutati male con Bobo Vieri, prima contestato dalla tifoseria organizzata per motivi che mai furono chiari a noi osservatori neutrali e poi furibondo per aver scoperto di essere stato pedinato per iniziativa della società. Un passaggio al Milan (espiato spalancando la porta ad Adriano per il gol del 3 a 2 di un derby folle), un buon numero di interviste filo-juventine e solo negli ultimi tempi un riavvicinamento cordiale, in linea con le guasconerie del Vieri che organizza tornei e spopola nei privè.

Quando il mestiere di Christian Vieri era fare il numero 32 dell’Inter, Bobone ha riempito i nostri cassetti di ricordi e fotografie di gol facili, difficili e impossibili. Appartengo allo sparuto gruppo di quelli che identificano in Vieri il più forte attaccante dell’Inter degli ultimi 30 anni, volendo considerare Baggio una divinità di passaggio, Milito un Padre della Patria e non un calciatore e Ronaldo un fenomeno celeste osservato troppo brevemente. Non è riuscito nell’impresa più bella, l’ha mancata per 46 minuti. Vincere lo scudetto 2002 da solo sarebbe stato sublime, ma tra Mondiali giocati sottotono e scudetti mancati per un soffio il palmares di Bobo è quello di un’incompiuta o quasi.

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Amare Christian Vieri mi è riuscito è molto facile per 5 motivi.

  1. 28 agosto 1999, prima giornata di campionato. Vieri arriva a San Siro con le stigmate del Fenomeno in una squadra in cui il Fenomeno c’è già. Quel giorno in panchina siedono Baggio, Ronaldo e Seedorf. Altri tempi. L’avversario è il Verona ma anche il fastidioso brusio che contesta quei 90 miliardi (e il cartellino di Simeone sta in quel valore complessivo), spesi per portare Bob a Milano. Sinistro, sinistro, sinistro. Tre gol è una prestazione sontuosa, implacabile, un display di potenza vista solo raramente dalle nostre parti.
  2. Stessa stagione, stesso sinistro, uno dei gol più belli e perentori della nostra vita. Vieri riceve palla da Sousa spalle alla porta, stop a seguire verso l’interno del campo e poi un tiro a giro violento con Buffon fermo a guardare e l’Inter che prende il largo sul fortissimo Parma di allora.
  3. Vieri è stato sì un trionfo di volontà e muscoli, ma per giocare a quel livello e segnare 271 gol in carriera ci vuole qualcosa di più. Nonostante possa apparire un paradosso, Vieri pensava calcio molto meglio di altri, le sue azioni migliori restano un concentrato di istinto, tecnica e potenza, ma quel che colpisce tuttora è la capacità di prevedere lo sviluppo della manovra, di anticipare la corsa. Una volta davanti al difensore, con quel fisico era impossibile spostarlo. Per tutti quelli che lo hanno sempre pensato e dipinto come rozzo e improvvisato: siete molto fuori strada.
  4. In nerazzurro dal 1999 al 2005, Vieri è stato più interista di tanti, tantissimi altri. Nell’estate del trasferimento di Nesta al Milan (e di Cannavaro in nerazzurro, come scellerato ripiego), Vieri convinse Ronaldo e Recoba a ridursi l’ingaggio pur di portare il miglior difensore del mondo all’Inter. Moratti perse l’occasione (un affare negoziato e praticamente concluso da Bobo), e l’Inter una possibilità irripetibile.
  5. Nel calcio tattico della scherma infinita, Vieri rappresentava un’anomalia felice. Palla sul suo petto e salire, tutti aggrappati agli stop di un centravanti dai movimenti antichi, mandati a memoria in ore di allenamenti. Perché una cosa che chiunque abbia giocato con Vieri non potrà mai smentire è la professionalità del giocatore, del ragazzo che una volta arrivato in cima ha continuato a pedalare per non perdere la posizione acquisita, almeno finché il fisico ha retto e gliel’ha permesso. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andare via, con buona pace di discoteche, amiche e presunti stravizi.

Il 29 agosto cade l’anniversario di quella tripletta al Verona, la maggiore età del Vieri nerazzurro. Chiunque fosse all’Olimpico il 5 maggio 2002 ha un ricordo chiaro, ben più doloroso delle lacrime di Ronaldo in panchina (riproposte alla nausea dalla televisione) e di quelle di Materazzi in campo. La faccia di Bobo Vieri, la delusione terribile di chi aveva quasi compiuto il miracolo e in quel quasi è annegato. Quasi 18 anni di Vieri all’Inter, forse siamo abbastanza maturi da ammettere finalmente che non è stato bello, è stato straordinario.

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