Col derby di poi

La magra consolazione di un derby perso è tutta in quella scena di esultanza finale. I giocatori del Milan che si prendono per mano e si tuffano verso la curva. Vuota. Sì, perché se proprio dobbiamo perdere un derby un derby in casa, con la doppietta di un ex tra l’altro, tanto meglio farlo senza vederli esultare. Si ha il tempo di razionalizzare le cose. E così ho fatto, col senno di poi.

La partita

L’Inter poteva pareggiare, è vero. Lo avrebbe meritato nel finale, quando un po’ per mancanza di mira un po’ per sfortuna, non ha raggiunto il bersaglio. C’era quasi riuscita grazie a quel rigore assegnato e poi tolto per la deviazione / giocata Kjaer (il pallone gli rimbalza addosso, quindi ha ragione il Var), ma questo non avrebbe cambiato l’analisi più di tanto. Perché è altrettanto vero che il Milan avrebbe potuto chiuderla almeno in 3/4 occasioni, con Krunic che ha sbagliato un gol alla Vlaohovic – e non è che si può sperare sempre nella grazia nel momento del bisogno – ma anche con il turco e con il belga che hanno due nomi impronunciabili persino per loro, figuriamoci per noi. È stata una bella partita, aperta, giocata con grande agonismo, ma con molti errori tecnici. Dalle posizioni difensive al tempismo degli interventi – vero Kolarov? -, dagli stop a seguire ai controlli di palla. Per tutti, meno che per uno, a onor del vero. Ha un nome difficile come i due di cui sopra, ma abbiamo imparato a pronunciarlo e pure a scriverlo: Zlatan Ibrahimović.

La fase difensiva

Arrivare ad un derby con un solo difensore di ruolo, più un giocatore che ormai ha preso il ruolo di Berni come mascotte e uomo spogliatoio ma che non gioca nemmeno se mancano tutti i centrali (Ranocchia), non è stato sicuramente un colpo di fortuna. Uno tra Bastoni e Skriniar sarebbe stato utilissimo, ma a quel punto si poteva cambiare modulo e optare per i due centrali. Conte ha preferito giocarsela con i due terzini schierati tra i tre dietro: non è la prima volta e non sarà l’ultima. Perché così, a onor del vero, l’Inter è tremendamente offensiva. Va da sé che si espone al contropiede che può essere pericoloso se dall’altra parte ci sono i Vlahovic e Krunic, fatale se ci sono i Ribery e gli Ibra. Giocatori che hanno superato da parecchio i 35 anni ma che hanno una tecnica tale che gli permette di scherzare contro la difesa a 1. Ieri Ibra lo ha fatto, prendendosi gioco di Kolarov, di D’Ambrosio e pure un po’ della quarantena e ha messo la partita in ghiaccio dopo 25 minuti.

La reazione c’è stata, eccome. Con Hakimi da una parte e Perisic dall’altra, l’Inter ha spinto molto, come doveva. Lautaro ha fatto benissimo nel primo tempo e meno bene quando la partita si è fatta seria, Lukaku ha cantato e portato la croce, su Vidal e Barella parlerò a parte perché a mio parere hanno fatto una grande partita. Brozo è sembrato spaesato, i cambi questa volta hanno fatto la differenza. Perché non hanno inciso. Non c’era la varietà di alternative che l’Inter ha avuto contro la Fiorentina, e in una partita a tratti simile questo è stato decisivo. Perché Conte ha potuto schierare un giocatore intristito e uno infortunato, e poco più. Sbagliando forse a non buttare nella mischia anche Pinamonti. Eriksen, questo Eriksen è un giocatore che ha la faccia del lockdown. Arrivato a gennaio, aveva bisogno di tempo per inserirsi. Poi è arrivato lo stop e tutti lo aspettavamo al rientro con un’altra grinta, un’altra faccia. Niente. Avrà bisogno della preparazione, che non c’è stata. Dopo quasi nove mesi è ancora lì, a farci domandare se davvero è un giocatore decisivo o se sotto sotto ha ragione Conte. Che per molti interisti non ha mai ragione. E allora dico, se sotto sotto aveva ragione Mourinho a lasciarlo partire. E all’improvviso i dubbi aumentano.

Il tempo di rimediare

Sanchez invece è tornato infortunato dalla nazionale. Ed è la terza volta. Niente di personale, sappiamo tutti che Alexis è una sorta di eroe cileno e che è ancora oggi il giocatore più importante della Roja. Però io due domande me le inizierei a porre, se fossi in lui. Con un fisico che non è più quello di dieci anni fa forse, soprattutto in un momento così, non converrebbe rinunciare alla nazionale? Totti e Ibra si sono allungati al carriera di parecchi anni, e fisicamente stavano meglio di lui. In un campionato come questo, l’apporto di Sanchez da subentrato e non solo può essere decisivo. Se sta bene. Ieri non era in grado nemmeno di scendere in campo e nel momento decisivo l’Inter si è trovata a giocare in dieci.

Serata negativa?

Per me no.

Perdere un derby non è mai bello, sopratutto se non ne perdi uno dai tempo di Montolivo e Guarin capitani che piantano un albero. Ma questo campionato si presenta tremendamente diverso dagli altri. A memoria non ricordo un turno pre Champions in cui le quattro squadre impegnate fanno 1 punto (a Crotone). Napoli e Milan sembrano le squadre più forti, ma è evidente che alla lunga ci sono rose più forti e attrezzate. Una è l’Inter, anche quella vista ieri. A patto che le soluzioni siano alternativa e non ripieghi, che Conte non si incaponisca su un modulo solo e che alcuni giocatori crescano ancora di condizione. Ieri Vidal e Barella hanno giocato a mio parere una partita fantastica. Calando nel finale, proprio quando la rimonta era lì ad un passo, a causa delle energie spese in nazionale. Ma alla lunga saranno decisivi. E nessuno ha due centrocampisti così. Ce ne accorgeremo strada facendo.

Che poi magari il prossimo derby lo giochiamo e lo festeggiamo sotto una curva piena. Non sarebbe male dai.

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